Nano è stato una delle prime Altcoin in assoluto ad affacciarsi sul mercato crypto. Era infatti il 2014 quando si presentò con il nome di RaiBlocks, proponendo in particolare transazioni più rapide e convenienti. Ovvero di risolvere due problematiche le quali stavano zavorrando Bitcoin, sacrificando le sue potenzialità come strumento di pagamento.

Un piano estremamente ambizioso che, però, Nano cercò di condurre in porto con alcune innovazioni di non poco conto. La più importante delle quali è rappresentata dalla presenza di un algoritmo di consenso diverso da quel Proof-of-Work che si è rivelato con il trascorrere del tempo non solo energivoro, ma anche problematico in termini di velocità e convenienza.

Cos’è Nano e in cosa si distingue

Nano è una criptovaluta basata su blockchain, che si propone come fulcro di un sistema di pagamenti decentralizzati. I token sono già stati tutti minati e sono 133.248.290, cui non se aggiungeranno altri. Si tratta quindi di una criptovaluta di natura deflazionistica, come BTC.

Se sin qui non ha nulla di diverso da Bitcoin, il discorso muta per quanto concerne il meccanismo di consenso, che è l’Open Representative Voting, e per la struttura dei dati, la quale è denominata block-lattice.

Proprio quest’ultima rappresenta il componente essenziale nella tecnologia di Nano. La blockchain, infatti, viene associata all’account di ogni utente in modo da essere gestita autonomamente ed aggiornata ogni volta che si verifica una transazione. Di conseguenza, la rete non deve essere sincronizzata per poterne accettare di nuove. In tale contesto, ogni wallet rappresenta una blockchain in miniatura indipendente e ognuna di esse è rappresentata dallo storico delle transazioni eseguite. Ne consegue, inoltre, che ogni transazione è un blocco.

L’Open Representative Voting, a sua volta, consente la scelta dei nodi che saranno chiamati a fungere da validatori. A questi spetta il compito di mantenere in sicurezza la blockchain e di convalidare le operazioni, garantendone integrità e coerenza.

A fondare Nano è stato Colin Le Mathieu, uno sviluppatore britannico, che dopo aver lanciato RaiBlocks nel 2014, ha optato per un’offerta pubblica la quale consentiva l’acquisto di token XRB con il semplice completamento di codici Captcha.

Il rebranding del progetto si è avuto quattro anni dopo, quando il sistema si è trasformato in una piattaforma di pagamento peer-to-peer, grazie alla quale è possibile effettuare operazioni utilizzando il token XNO. Operazioni caratterizzate in particolare dalla straordinaria velocità: basta infatti meno di un secondo per la convalida della transazione.

Altra caratteristica che distingue questa rete da tutte le altre è poi la completa gratuità. I rappresentati scelti come validatori, infatti, non ricevono alcun genere di ricompensa per il lavoro prestato. Proprio la mancanza di costi rende Nano una piattaforma ideale per i micropagamenti.

I vantaggi e gli svantaggi di Nano

Ogni blockchain si presenta come un miglioramento rispetto ad altre. Occorre quindi cercare di comprenderne bene il funzionamento e, soprattutto, i vantaggi che può garantire. Nel caso di nano, sono i seguenti: la totale assenza di commissioni, una scalabilità pressoché infinita, transazioni quasi istantanee, l’effettiva decentralizzazione e la sostenibilità derivante da consumi elettrici nulli.

Sull’altro piatto della bilancia, occorre invece mettere la permeabilità teorica in termini di sicurezza e l’esposizione a possibili attacchi che potrebbero congestionare la rete sino a bloccarla del tutto.

Alla luce di quanto detto, siamo quindi di fronte non ad un progetto speculativo, ma ad una risposta a problemi della vita reale. In particolare quelli relativi ai pagamenti elettronici, che possono essere lenti e molto costosi. Nel sistema approntato da Nano la velocità è effettivamente straordinaria, mentre i costi di transazione praticamente non esistono. Ecco perché sembra avere le basi giuste per affermarsi, pur in un contesto concorrenziale come quello crrypto.