Olio al peperoncino e botulino, ecco come minimizzare il rischio. Senza dubbio, l’olio piccante rappresenta un autentico classico della cucina italiana, diffusissimo soprattutto nelle regioni meridionali del paese, dove è sempre presente in tavola.
Olio al peperoncino e botulino
Ancora oggi, molte giovani generazioni ricevono lezioni dai propri genitori e nonni su come preparare questo condimento, e ogni “mentore” ha i propri segreti tramandati di generazione in generazione che rendono il proprio olio “il migliore del mondo”.
Tuttavia, tra il pubblico in generale, c’è spesso l’erronea convinzione che la preparazione dell’olio piccante sia una questione di semplice unione tra olio e peperoncino, una percezione che, in realtà, rappresenta solo una parte della verità.
Come per tutte le preparazioni che coinvolgono frutta e verdura conservate in olio o acqua, anche l’olio piccante potrebbe fornire un ambiente ideale per lo sviluppo della tossina botulinica, che è considerata la più pericolosa per gli esseri umani. E’ sorprendente pensare che un solo grammo di tossina botulinica possa potenzialmente causare la morte di 14.000 persone.
Come riconoscerlo?
In generale, è consigliabile evitare il consumo di conserve che presentino cattivo odore o contenitori anormalmente rigonfi dopo l’apertura, non tanto a causa della presenza del botulino, poiché spesso esso non modifica l’aspetto del cibo, ma perché tali alterazioni sono indicative di cibi fermentati e deteriorati.
La creazione dell’olio piccante offre due opzioni: l’uso di peperoncini freschi o peperoncini secchi. Senza dubbio, l’utilizzo dei peperoncini essiccati rappresenta un approccio più agevole ed è anche il metodo più sicuro per prevenire la proliferazione del botulino.
E’ fondamentale osservare alcune misure di precauzione, soprattutto nella produzione di conserve casalinghe, seguendo scrupolosamente le norme igieniche al fine di evitare la contaminazione da parte del batterio e, in particolare, delle sue spore, in tutte le fasi di preparazione e conservazione. Per prevenire la formazione della pericolosa tossina, è necessario acidificare le conserve mediante l’aggiunta di aceto (pH 4.5), in modo da inibire la sua produzione.
E’ importante notare che la tossina botulinica viene distrutta dal calore, ma le spore rimangono resistenti all’ebollizione. Pertanto, solo un ambiente acido o un trattamento industriale in autoclave garantiscono una vera sterilizzazione.
Quali sono i rischi?
Il botulismo è una malattia che provoca la paralisi, ed è causata da una tossina prodotta dal batterio denominato Clostridium botulinum. Questo microrganismo sopravvive in ambienti privi di ossigeno e forma spore che rimangono resistenti sia al calore che al freddo per lungo tempo. Il batterio può essere rinvenuto in cibi in scatola o conservati, principalmente quelli preparati in modo casalingo ma, in alcuni casi, anche in quelli di produzione industriale. Le conserve fatte in casa, come ad esempio la verdura sott’olio, rappresentano uno dei prodotti in cui è più probabile trovare la tossina botulinica.
Per quanto riguarda i sintomi del botulismo, le persone che ingeriscono la tossina sperimentano una forma di paralisi neurale chiamata “discendente” poiché inizia col coinvolgimento dei nervi cranici e si estende successivamente ai nervi respiratori. I primi segni comprendono visione offuscata e sdoppiata, rallentamento e difficoltà nell’esprimersi, difficoltà nell’atto di deglutire con conseguente secchezza della bocca e indebolimento muscolare. Nei casi più gravi, la paralisi colpisce i muscoli coinvolti nella respirazione, richiedendo l’uso di un supporto per la ventilazione meccanica.
La tossina botulinica può essere affrontata solo attraverso la somministrazione precoce di un antidoto, nei primi stadi della manifestazione dei sintomi, ma il recupero è spesso un processo lento. La maggior parte dei pazienti necessita di settimane o mesi di terapia di supporto per guarire.