L’appuntamento con la pensione di vecchiaia è confermato anche per il 2024. Ci sono modifiche sull’età pensionabile? Non è certamente una domanda da un milione di euro, ma è molto pertinente, visto il momento molto delicato, almeno sotto il profilo previdenziale. Facciamo due conti sulla pensione di vecchiaia, visto l’innesco del meccanismo sulle nuove misure per il 2024. Vediamo insieme come funziona la pensione di vecchiaia 2024.

Pensione di vecchiaia 2024

La congiunzione astrale è perfettamente allineata per la pensione di vecchiaia, che rimarrà immutata fino al 2026. Nella Manovra 2024, gli interventi previdenziali saranno mirati e con poco spazio alla flessibilità. La corsa al ritiro anticipato sarà frenata nel 2024 a causa delle penali e paletti che rallentano l’accesso a diversi trattamenti e scivoli pensionistici. Conterranno poche misure, qualche deroga e la legge Fornero.

Come si andrà in pensione?

La legge Fornero prevede la quiescenza attraverso la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata ordinaria.

La pensione di vecchiaia si ottiene a 67 anni di età con 20 anni di contributi. Tuttavia, c’è chi ha dovuto o deve attendere i 71 anni di età prima di ricevere il primo assegno pensionistico.

Attualmente, fino al 31 dicembre 2023, è possibile andare in pensione con diverse misure, tra cui:

Quota 103: può essere richiesta da chi raggiunge 62 anni di età con 41 anni di contributi e un assegno pari a 5 volte il trattamento minimo. Per il 2024, la misura dovrebbe essere rinnovata con delle penali legati all’uscita.

Quota 41 precoci: può essere richiesta da chi matura 41 anni di contributi senza il vincolo anagrafico. Tuttavia, l’accesso a questa misura prevede almeno 12 mesi di contribuzione prima dei 19 anni di età e l’appartenenza alle categorie meritevoli di tutela. Per il 2024, non sono previste modifiche alla misura.

Opzione donna: viene riconosciuta alle lavoratrici che maturano 60 anni di età e 35 anni di contributi, e si trovano in una delle seguenti condizioni: caregiver, invalidità dal 74% e lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese in crisi. Per il 2024, l’età anagrafica slitta a 61 anni.

Le deroghe per la pensione di vecchiaia valgono nel 2024?

La pensione di vecchiaia permette di ricevere una rendita mensile al raggiungimento di 67 anni di età e 20 anni di contributi. Il cumulo contributivo può essere perfezionato attraverso la totalizzazione, il cumulo o i versamenti volontari. 

Sono attive le deroghe Amato per coloro che non maturano i 20 anni di contributi. In alternativa, resta la pensione a 71 anni con 5 anni di contributi, con una rendita calcolata con il sistema contributivo.

Le deroghe Amato sono 3 e per ognuna occorre perfezionare diverse condizioni.

La prima deroga permette un pensionamento con 15 anni di contributi, a patto che risultino maturati 780 settimane prima del 31 dicembre 1992. Il montante contributivo può essere perfezionato tramite i contributi volontari, obbligatori, figurativi, da riscatto e di ricongiunzione. Se il lavoratore ha lavorato all’estero, in Paesi europei o in Paesi convenzionati con l’Italia, può farli valere ai fini previdenziali.

 La seconda deroga si rivolge a coloro che possiedono l’autorizzazione rilasciata dall’INPS al versamento contributivo volontario, a condizione che tale richiesta sia avvenuta in un periodo precedente al 24 dicembre 1992.

La terza deroga Amato abbraccia i lavoratori discontinui permettendo un pensionamento con 15 anni di contributi, in presenza di diverse condizioni, tra cui:

  • 25 anni di anzianità assicurativa. In questo caso, è importante che il primo contributo risulti versato almeno 25 anni prima del soddisfacimento dei requisiti per l’accesso al trattamento ordinario;
  • 15 anni di contribuzione se maturati da lavoro dipendente accreditati all’AGO o a un fondo sostitutivo o esonerativo;
  • almeno 10 anni lavorati in modo discontinuo.

Infine, a 64 anni di età e 20 anni di contributi è possibile collocarsi in quiescenza, se i contributi sono stati maturati dopo il 1996, ossia vale la regola per i “contributivi puri”. La rendita calcolata dall’INPS non può superare 2,8 volte il trattamento minimo.