Prime simulazioni in arrivo sul taglio della nuova pensione a quota 103: su 2.500 euro di assegno mensile al lordo, chi esce da lavoro con questa misura perde circa 100 euro al mese. La penalizzazione si applica sulla quota retributiva dei contributi versati da chi va in pensione con la nuova quota. Pertanto, considerando che si può arrivare a un taglio complessivo di ben oltre il 12 per cento, chi è prossimo alla pensione dovrà verificare qual è la decurtazione finale sulla propria pensione.

In media si arriva a un taglio del 4 per cento sulla nuova quota 103 alla prima età di uscita, cioè i 63 anni. Il che equivarrebbe a dire che le pensioni di importo tra quattro e cinque volte il trattamento minimo, cioè di 2.500 euro mensili al lordo, avrebbero una decurtazione di 100 euro.

Come per la quota 103, che terminerà la sua sperimentazione il 31 dicembre 2023, anche per quota 103 sarà fissato il tetto di mensile pagabile dall’Inps poco più su della cifra presa ad esempio. In attesa dell’adeguamento dell’importo al 2024, nel 2023 chi è uscito con quota 103 non può prendere una pensione più alta di poco più di 2.800 euro mensili al lordo.

Taglio pensione quota 103, su 2.500 euro si perdono 100 euro al mese

Un taglio del 4 per cento sulla pensione a quota 103 che, nel 2024, sostituirà l’attuale quota 103. La nuova misura aumenta l’età di uscita dei lavoratori (a 63 anni di età rispetto ai 62 anni della quota 103), lasciando inalterati i contributi occorrenti, pari a 41 anni.

Tuttavia, la penalizzazione dovrebbe incidere sulla scelta dei futuri pensionati se adottare questo canale di uscita. Infatti, la legge di Bilancio 2024 prevede un taglio della parte retributiva per i lavoratori che provengano dal sistema previdenziale “misto”, utile ai fini della determinazione della pensione mensile.

Pensioni anticipate, quali novità nel 2024?

Se la legge di Bilancio 2024 sarà confermata lasciando inalterata la bozza circolata nella giornata del 24 ottobre, variazioni si avranno nel coefficiente di trasformazione per l’età di uscita rispetto al requisito anagrafico richiesto per la pensione di vecchiaia, prevista a 67 anni di età.

Il coefficiente di trasformazione rappresenta un indice che trasforma il montante dei contributi versati dal lavoratore nella sua vita lavorativa, in pensione finale. Più si esce prima a livello di età, minore è l’indice e, quindi, più bassa è la pensione. Peraltro la revisione di questi indici, che avviene ogni due anni, è sempre al ribasso: tranne nell’ultimo aggiornamento (complice la speranza di vita in calo per il Covid), quasi sempre i numeri vanno riducendosi rispetto all’ultima riclassificazione.

Taglio pensione quota 103: ecco quanto si perde se si esce da 63 a 66 anni

Le età di uscita per la nuova quota 103 dovrebbero avere degli indici nettamente in calo rispetto al coefficiente di trasformazione previsto a 67 anni di età, in concomitanza con la maturazione della pensione di vecchiaia. Tutto questo meccanismo determina il taglio della fetta dei contributi rientranti negli anni del “misto”.

Chi esce a 63 anni di età, il primo anno utile per la quota 103, avrà un taglio del 12,93% che si può riverberare a una decurtazione finale della pensione pari al 4 per cento. Per chi esce a 64 anni, il taglio è del 9,24% che, a conti fatti, determina una riduzione della pensione finale di circa il 2,86%.

I lavoratori in uscita a 65 anni subiscono una decurtazione del 6,37% che, nel calcolo della futura pensione, determina un assegno più basso dell’1,98 per cento. Infine, chi esce a 66 anni di età dovrebbe subire un valore negativo sui contributi del 3,31%. Tale percentuale si riverbera, in negativo, sul calcolo della futura pensione per l’1,24 per cento.