Parla Andrea Girardin Gibin, il caposquadra di Sigifer sopravvissuto alla tragedia di Brandizzo, quella in cui persero la vita 5 operai. L’uomo ha ripercorso quella che era consuetudine in un lavoro del genere:

“Noi che eravamo sui binari facevamo quello che ci dicevano. Il nulla osta, da parte delle Ferrovie, non è mai stata una cosa così fiscale. Quando ci davano il via si cominciava a lavorare. Le carte potevano anche arrivare dopo. Si è sempre fatto così e adesso ci dicono che non si deve. A noi però non lo dicevano.”

Tragedia di Brandizzo, parla il caposquadra sopravvissuto: “Ci danno l’ok e noi iniziamo”

Giardin Gibin è al momento tra gli indagati per quanto accaduto la notte del 30 agosto scorso. Egli però ribadisce a più riprese come loro stessero semplicemente eseguendo gli ordini dei superiori, come era prassi.

“Come semplici operai non abbiamo il controllo della sicurezza nei cantieri. Siamo nelle mani di questi signori. Ci danno l’ok e noi facciamo. Sono loro che ci dicono cosa c’è da fare e quando iniziare. E in questo caso è andata male.”

Tragedia di Brandizzo, Girardin Gibin: “Li vedo ancora lì, su quel binario”

Il caposquadra della Sigifer ha sottolineato come la sua squadra fosse molto affiatata, coesa non solo sul posto di lavoro, in quel caso a Brandizzo, ma anche fuori, spesso impegnati in cene tutti insieme.

“La nostra era una squadra affiatata. Erano i miei ragazzi. Li conoscevo e volevo bene a tutti. Lavoravamo, ma andavamo anche a cena. Li vedo ancora lì, su quel binario. Non riesco a togliere quella scena dalla mente. Oggi non resisto più al suono di un treno che passa. Non riesco più a vederne uno. Nemmeno in tv. Perché la testa mi torna lì. A quel momento. Non sto bene. Vado dallo psicologo una volta a settimana. Non è per niente facile andare avanti.”

Infine, Girardin Gibin si è mostrato critico nei confronti della decisione di RFI di togliere la gestione dei lavori alla Sigifer, evidenziando come la colpa non sia stata degli operari ma di quanti siano sopra di loro, a impartire l’ordine.

“È un accanimento sugli operai che non possono fare niente. Prima si vede come finisce l’inchiesta e poi si prendono i provvedimenti.”