Il 23 ottobre 2002, uno degli episodi più oscuri e controversi nella storia recente di Mosca si svolse al Teatro Dubrovka. Un gruppo di separatisti ceceni prese in ostaggio quasi 850 spettatori, culminando in un disastro, 3 giorni dopo, il 26 ottobre, che fece eco nel mondo. Andiamo a ripercorrere come fu la fine della crisi del teatro Dubrovka 21 anni fa e facciamo il punto sulla Cecenia oggi.

Crisi del teatro Dubrovka: l’orrore a Mosca, 21 anni fa

Mosca, conosciuta per i suoi prestigiosi teatri come il Bol’šoj e il Teatro d’arte di Mosca, ha visto una delle sue sale trasformarsi in una scena di terrore. Il Teatro Dubrovka, purtroppo, entrò nell’immaginario globale non per le sue performance artistiche, ma per tragico sequestro che fu effettuato da un gruppo di terroristi.

Quella sera, 40 militanti ceceni armati irruppero nel teatro durante una rappresentazione, interrompendo lo spettacolo e prendendo in ostaggio tutti i presenti. La loro richiesta? Il ritiro delle truppe russe dalla Cecenia, una regione dilaniata dalla guerra. Mentre il mondo guardava con ansia, l’ostilità si sviluppava rapidamente, con la tensione che cresceva ad ogni ora.

La risposta russa e l’escalation della crisi

Nelle ore successive al sequestro, fu chiaro che la risposta russa sarebbe stata decisa. Gli ostaggi stranieri furono rilasciati, ma la situazione rimase tesa. Nonostante tentativi di negoziazione, le richieste dei militanti erano viste come irrealizzabili da parte delle autorità russe. Avrebbe significato creare un precedente, dal punto di vista del Cremlino, e questo non era possibile.

La fine della crisi del teatro Dubrovka: come avvenne

Il 26 ottobre, le forze speciali russe decisero di intervenire, utilizzando un agente chimico nel sistema di ventilazione del teatro. Questa decisione portò alla morte di numerosi ostaggi e di tutti i militanti. Il bilancio finale fu devastante: oltre 170 morti, con centinaia di feriti.

L’attacco al Teatro Dubrovka avvenne in un contesto globale già sensibilizzato dal terrorismo, con l’attacco alle Torri Gemelle appena un anno prima. La scelta di un teatro come bersaglio sottolineò la fusione tra terrorismo e spettacolarità, un luogo dove le persone sono naturalmente spettatori.

Chi erano i militanti ceceni che presero in ostaggio un intero teatro

Guidati da Movsar Barayev, un giovane militante di un’organizzazione radicale cecena, i sequestratori erano determinati e pronti a morire per la loro causa. Con legami familiari al terrorismo e una storia di sequestri, questa non era la prima volta che la Cecenia era al centro dell’attenzione internazionale.

Gli assalitori ceceni avevano uno scopo ben definito: riflettere il dolore e la sofferenza che il loro popolo subiva nella loro terra. Era un tentativo di creare un ponte di empatia, un “transfert”, per costringere la società russa a confrontarsi con le atrocità a cui erano stati sottoposti i ceceni.

Crisi del teatro Dubrovka: l’appello degli ostaggi

Gli ostaggi, probabilmente sotto costrizione, inviavano richieste al presidente russo, Vladimir Putin, implorando la fine delle ostilità in Cecenia.

La società russa non rimase in silenzio. Manifestazioni pubbliche emersero nelle strade di Mosca, con famiglie in ansia che chiedevano il rilascio dei propri cari e uno stop alle ostilità in Cecenia.

Con il passare dei giorni, la situazione all’interno del teatro divenne sempre più tesa. Momenti drammatici come la morte di Olga Romanova, una coraggiosa donna che aveva cercato di intervenire, evidenziavano la gravità della situazione e contribuirono a ispessire la tentazione. Nonostante ci fossero tentativi di negoziazione, la situazione rimase stagnante, culminando in un assalto da parte delle autorità russe.

Il ruolo di Anna Politkovskaja

Anna Politkovskaja, giornalista coraggiosa e da sempre voce critica del governo russo, ha giocato un ruolo chiave durante la crisi. Nota per la sua posizione audace sulla questione cecena, Politkovskaja ha tentato di mediare la liberazione degli ostaggi, in particolare dei bambini.

Nel suo pezzo giornalistico di allora, sollecitò la società a riconoscere l’importanza del dialogo e della comprensione reciproca, affermando che la spirale di violenza e vendetta non fa altro che creare ulteriore dolore.

L’intervento delle forze speciali russe e l’uso del gas

Il 26 ottobre iniziò l’operazione di salvataggio. Forze speciali e servizi segreti russi circondarono il teatro, usando un gas anestetico per neutralizzare sia gli assalitori che gli ostaggi. Questa decisione, sebbene fosse intesa a salvare vite, portò a tragiche conseguenze. Oltre agli assalitori, anche molti ostaggi persero la vita, principalmente a causa degli effetti del gas.

L’uso del gas durante l’operazione divenne rapidamente un punto focale di dibattito e critica. Mentre il governo russo dichiarava che il gas era un derivato del fentanil, molti dubitavano delle sue affermazioni. Le famiglie delle vittime hanno continuato a cercare risposte e trasparenza nelle azioni del governo, senza però averne mai nella loro totale integrità.

Il giudizio della Corte Europea

Nel 2011, la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha dato una sentenza storica, condannando la Russia per la sua gestione dell’incidente. Sebbene la Corte abbia riconosciuto che l’uso del gas non fosse sproporzionato alle circostanze, ritenne che le successive azioni e cure mediche fossero insufficienti.

La crisi del teatro Dubrovka e la sua “eredità”

Oggi, un monumento sorge nel luogo della tragedia, commemorando le vite perse. Nel cuore di Mosca, un monumento austero si erge come simbolo tangibile di un passato turbolento. Scolpita nel granito robusto, una frase ci ricorda semplicemente delle “vittime del terrorismo”, senza però dare una connotazione o una matrice a questo terrorismo. Il monumento è avaro di dettagli, ma ogni anno, centinaia di persone si riuniscono qui per ricordare coloro che hanno perso la vita.

La situazione in Cecenia oggi

La Cecenia, situata nel Caucaso del nord, divenne centro d’attenzione nel 1994, anno di inizio di una guerra per l’indipendenza dalla Russia. Tale conflitto, persistente e non risolto, è periodicamente ritornato all’attenzione mondiale a causa di tragici episodi come l’attentato al teatro Dubrovka di Mosca nel 2002 e la presa di ostaggi a Beslan nel 2004.

La giornalista russa Anna Politkovskaja, assassinata a Mosca, aveva evidenziato il silenzio mediatico riguardo la sofferenza cecena. Esplorare le origini di questo conflitto porta alla comprensione delle politiche sovietiche verso le etnie non russe: i ceceni, ad esempio, furono deportati nel 1944 e rientrarono solo nel 1957. Con la fine dell’URSS, tensioni accumulate per decenni sfociarono in movimenti nazionalisti e conflitti, con la Cecenia protagonista di un tentativo di secessione estremo.

Dopo l’11 settembre 2001, il conflitto ceceno si trasformò in una lotta antiterrorismo, con emergere di movimenti islamici fondamentalisti. Attualmente, la guerra si è “cecenizzata“, con un potere filo-russo che cerca di “normalizzare” la regione, ma dove violazioni dei diritti umani e repressione persistono.