Cos’è il vermocane? Questa specie si sta diffondendo con grande rapidità all’interno del Mar Mediterraneo. Può diventare una seria minaccia per la fauna ittica locale ed essere pericoloso anche per l’uomo. Perché è arrivato nei nostri mari? Quali sono i rischi?
Cos’è il vermocane: caratteristiche generali
Il vermocane, detto anche verme di fuoco, è una specie invertebrata appartenente alla famiglia dei Policheti. La sua conformazione corporea lo classifica all’interno degli anellidi, proprio come i lombrichi. Tuttavia il vermocane è un animale acquatico. È dotato di setole urticanti che se toccate provocano dolore forte. Gli stessi aghi di cui sono composte le setole possono essere lanciati a scopo difensivo causando notevoli irritazioni. Da qui, il soprannome di verme di fuoco.
L’irritazione provocata dal contatto è causata dall’inoculazione all’interno della pelle di una neurotossina molto potente. Il bruciore può essere anche molto acuto, mentre la zona colpita può risultare intorpidita fino a diversi giorni dopo la puntura. Nei casi più gravi, la tossina può indurre nausea e vertigini.
Il vermocane ha uno sviluppo di circa 15 cm, anche se sono stati osservati esemplari eccezionali della lunghezza di 30 cm. Ha un aspetto simile ad un millepiedi, con il corpo però estremamente appiattito. Il colore varia a seconda dell’habitat in cui vive, dal verdastro al rossiccio con varie tonalità di giallo e grigio. Come tutti gli anellidi, la sua struttura si caratterizza di segmenti separati ognuno dei quali dotato di parapodi per lo spostamento.
Vive sui fondali rocciosi marini della fascia tropicale e sub-tropicale dell’Oceano Atlantico, ma come già anticipato è ormai ritenuto originario anche del Mar Mediterraneo. Un notevole numero di questa specie di verme marino è infatti stato osservato nel Canale di Sicilia e nel Mar Ionio, anche a basse profondità.
Si nutre soprattutto di carcasse di pesci morti, ma attacca facilmente anche i ricci dalla parte aggrappata allo scoglio.
Specie sempre più invasiva
Per capire cos’è il vermocane i ricercatori dell’Università di Catania hanno studiato gli effetti provocati da questa specie all’interno dell’ecosistema marino mediterraneo. Non si può però definire questo animale come alieno, bensì nativo. Con questo termine si va ad indicare una specie originaria che nel corso di un lungo periodo si è adattata ad uno specifico ambiente senza azioni dirette o indirette dell’uomo. Le specie native sono pertanto naturalmente presenti in un determinato ecosistema.
La ricerca ha dimostrato come la presenza del vermocane stia profondamente intaccando l’ecosistema mediterraneo, danneggiando soprattutto la piccola pesca costiera.
Il vermocane infatti si sta diffondendo molto più rapidamente rispetto al passato, favorito dal progressivo riscaldamento delle acque. Questa specie è infatti termofila, ovvero predilige gli ambienti caldi, come le acque tropicali. La sua invasività può quindi creare notevoli problemi economici, alterazioni importanti dell’ecosistema e risultare un rischio anche per la salute umana.
Situazione sotto costante monitoraggio
Sebbene lo studio abbia osservato la presenza del vermocane durante tutto l’arco annuale, i maggior danni alle attività ittiche sono stati registrati nei mesi più caldi. Lo scopo dell’indagine è anche quello di sensibilizzare la comunità scientifica sui cambiamenti indotti da questa specie e sul perché essa stia diventando così invasiva.
Il focus quindi viene portato sul cambiamento climatico che è spesso la causa dell’arrivo di nuove specie aliene potenzialmente dannose per l’ecosistema autoctono.
L’Università di Catania ha pertanto iniziato il progetto Worms Out in collaborazione con i ricercatori di Messina, Modena e Reggio Calabria, di Ispra e Area Marina protetta Capo Milazzo. Il progetto mira ad approfondire la diffusione del vermocane, in particolar modo lungo le coste siciliane sia sul Mar Tirreno che sul Mar Ionio.
L’elaborazione dei dati già registrati fa temere un rapido peggioramento. Nei prossimi anni la specie del vermocane sarà osservabile anche in altri luoghi del Sud Italia, come la Campania.