Iniziato oggi, 26 ottobre, alla sezione penale del Tribunale di Roma in Piazzale Clodio, il processo d’appello nel caso dell’omicidio di Serena Mollicone. Un giorno importante, secondo lo zio di Serena, Antonio Mollicone, fratello di Guglielmo. È arrivato in aula accompagnato dall’altra nipote e sorella di Serena, Consuelo, nonché dai legali Dario De Santis e Anthony Iafrate.
Parte il processo d’appello nel caso Serena Mollicone: verità dopo 20 anni?
Inizia una nuova fase, piena di speranza.
Così ha detto Antonio Mollicone. Netto poi il suo commento sui Mottola. Ossia gli imputati al processo, l’ex comandante della caserma dei Carabinieri di Arce, il maresciallo Franco Mottola, sua moglie Annamaria e suo figlio Marco, e i suoi colleghi Vincenzo Quatrale, vicecomandante della caserma, e l’appuntato Francesco Suprano.
Per me i Mottola non esistono, non li voglio vedere.
Quella in programma oggi è un’udienza tecnica. Segue la sentenza di primo grado della corte d’Assise del tribunale di Cassino del 15 luglio 2022, che aveva assolto gli imputati per insufficienza di prove e aveva fatto partire il ricorso della procura di Cassino. A rappresentare l’accusa il procuratore generale Andrea Piantoni e il sostituto procuratore Beatrice Siravo.
Per la famiglia del maresciallo dei Carabinieri Mottola accuse di omicidio volontario e occultamento di cadavere
La vicenda risale a più di vent’anni fa, al 1° giugno 2001, quando la studentessa liceale Serena Mollicone sparì da Arce, località in provincia di Frosinone in cui risiedeva. Fu ritrovata due giorni più tardi a Fontana Liri, in località Fonte Cupa, morta asfissiata, con la testa infilata in un sacchetto per la spesa e mani e piedi legati. In vent’anni sono stati a dir poco confusionari tanto le indagini che i passaggi in tribunale, fino appunto al rinvio a giudizio degli imputati citati. Sono serviti sei mesi solo per depositare la sentenza.
Secondo l’accusa, Serena Mollicone sarebbe stata uccisa al culmine di un litigio proprio nella caserma dei Carabinieri di Arce. Accusati di omicidio volontario e occultamento di cadavere il maresciallo, sua moglie e suo figlio. Gli altri due militari avrebbero invece coperto l’accaduto. A giudicare dai precedenti episodi che hanno costellato il caso, nuovi “colpi di scena” non sono affatto improbabili.