C’è un filo conduttore che lega il Leicester all’Italia, e se prima Ranieri ha rappresentato il connubio indissolubile con le Foxes con la vittoria del primo storico scudetto nella stagione 2015-2016, adesso è Enzo Maresca a rinsaldare questa storia d’amore. Lui, il “Mini Pep” così come viene chiamato in Inghilterra, è protagonista ad oggi di una Championship fantastica con un Leicester che sta lasciando il vuoto dietro di se.
I numeri parlano chiaro: 36 punti e primo posto in classifica, 8 in più dell’Ipswich e 14 in più del Leeds. Tradotto, se l’ex Juventus viene paragonato a Guardiola un motivo ci sarà. Ritmo da vertice ottenuto secondo la legge del Guardiolismo, che Maresca segue come un mantra. La regola principale è una, saper occupare le posizioni. La base dello spettacolo, quello da offrire ai tifosi, che dopo Ranieri stanno coltivando l’emozione di un nuovo sogno, quello di tornare in Premier per essere di nuovo protagonisti.
Leicester, Maresca e l'”Italian Job”
Maresca al Leicester ha trovato la sua dimensione. L’ex centrocampista non ci ha pensato due volte prima di accettare la panchina biancoblù, voleva mostrare a se stesso di valere dopo una finale Champions da vice di Guardiola dove il mister ha imparato tanto. Per un semplice motivo, poter riproporre tutto sotto la sua chiave di lettura.
C’è chi lo chiama “Italian Job“, e il termine calza a pennello. Perchè Maresca si affida a ciò che Pep gli ha insegnato, ma l’ha rimodellato secondo la sua visione di gioco. Dove non può mancare lo spettacolo. Quella qualità che metteva in campo da giocatore la sta trasmettendo ai suoi ragazzi, e il primo posto in Championship parla per lui.
Tutto nel segno degli scacchi. Perchè Maresca si ispira alla famosa tavola a quadrati bianchi e neri, dove il concetto di posizione gioca un ruolo fondamentale. Mentalità “chess“, ovvero prima di tutto saper occupare le posizioni in campo, altrimenti non si va da nessuna parte. Da questo punto di vista Maresca è un martello: provare, provare e provare ancora, fino a che gli schemi non si incastonano nella testa dei suoi ragazzi.
“Un forte e compatto centrocampo, tecnicamente valido, offre dei vantaggi importanti, e ti consente di far passare buona parte del tuo gioco da lì”. Maresca dixit. E provate a dirgli il contrario, lui risponderà con i risultati che ad oggi lo consacrano come lieta novella della Championship: 12 partite per 11 vittorie (una sola sconfitta con l’Hull City), 26 gol segnati, appena 7 subiti e 5 cleansheet.
Gioco posizionale vuole dire che tutti devono fare tutto. Se poi questo avviene con una rosa giovane ancora meglio. Perchè il Leicester abbraccia la linea verde, e parla italiano non solo negli schemi ma anche con gli interpreti, con quel Cesare Casadei che rispecchia il dominio del centrocampo con le sue caratteristiche “box to box” che mettono a soqquadro le difese avversarie. Facile dire che il Leicester è solo Vardy, quasi offensivo.
L’amicizia con Guardiola
Se Maresca sta facendo così bene, molto è dovuto al suo periodo da vice di Pep Guardiola. Non solo lavoro, ma un’amicizia che continua a perdurare. E’ stato l’ex Barcellona a volere Enzo come vice al City, il suo allievo prediletto con cui sapeva di poter lavorare bene e al tempo stesso indottrinare chi gli assomiglia nelle idee e anche nell’aspetto.
Se nel calcio di entrambi il concetto di posizione è il mantra di cui non si può fare a meno, c’è anche un altro elemento che non può mancare: il fattore sorpresa. Parola d’ordine stupire sempre e comunque, perchè l’elemento di disturbo è mostrare quella novità capace di mettere in difficoltà l’avversario. Per pochi minuti, dunque la velocità di esecuzione diventa fondamentale, per evitare che l’effetto sorpresa si consumi.
Pep sapeva che Maresca avrebbe fatto suo il concetto, lo aveva capito quando nell’Under 23 del City il mister italiano sapeva già il fatto suo. La richiesta dunque dell’ex Barcellona di portarlo in prima squadra con lui. Si è fidato da subito, non ha mai avuto dubbi, se la prima Champions dei Citizens è arrivata a Manchester è grazie anche a Maresca, che vuole continuare a diventare grande nel segno degli scacchi. Nel segno del “Mareschismo“. E non suona nemmeno male.