Come è stata uccisa Melania Rea? Perché il marito Salvatore Parolisi le ha tolto la vita? Pur essendo stato condannato in via definitiva, l’uomo si è sempre dichiarato innocente: secondo i giudici, al di là di ogni ragionevole dubbio, è, invece, colpevole. Il 18 aprile del 2011, nel corso di una gita di famiglia, accoltellò la 29enne cogliendola di sorpresa mentre si era appartata per urinare. Dopo averne denunciato la scomparsa cercò (invano) di depistare le indagini.
Come è stata uccisa Melania Rea? La ricostruzione del delitto
Di recente la storia di Melania Rea era stata riportata alla mente dal terribile omicidio di Giulia Tramontano, la 29enne di Sant’Antimo uccisa dal compagno Alessandro Impagnatiello a Senago, in provincia di Milano, mentre era incinta di sette mesi. Molti elementi, infatti, accomunano le due vicende. Quella di Melania iniziò il pomeriggio di un giorno d’aprile del 2011.
La donna, 29 anni, si era recata insieme al marito Salvatore Parolisi e alla figlia di 18 mesi, oggi Vittoria Rea, nel boschetto delle Casermette di Ripe di Civitella del Tronto. Nello stesso posto, qualche giorno più tardi, sarebbe stata ritrovata cadavere da un passante. Il corpo, disteso supino a terra, era ancora intriso di sangue, sfregiato con delle svastiche. Presentava il corpetto leggermente alzato, gli slip calati sulle ginocchia e una siringa infilzata all’altezza del cuore.
Gli inquirenti la stavano cercando da quando, attorno alle 16.30 del pomeriggio della gita di famiglia, Parolisi, visibilmente agitato, si era recato nel bar ristorante “Il Cacciatore”, in località Colle San Marco, ad Ascoli, raccontando ai gestori che la moglie, dopo essersi allontanata per “andare in bagno” era sparita.
Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, l’avrebbe colta di sorpresa mentre si era appartata per fare pipì, accoltellandola ripetutamente all’altezza del collo e in altre parti del corpo. Poi, nel tentativo di depistare le indagini, indirizzandole verso un maniaco o un tossicodipendente, avrebbe manipolato la scena del crimine, cambiandosi d’abito e dando il finto allarme. I sospetti, tuttavia, si concentrarono su di lui fin dai primi momenti.
Perché Salvatore Parolisi ha ucciso la moglie? Il movente
Si scoprì che Parolisi, caporal maggiore dell’esercito ad Ascoli, aveva un’amante, una soldatessa. E che la moglie Melania ne fosse da poco venuta a conoscenza. Aveva deciso di perdonarlo, a patto che lui, in cambio, avesse messo fine alla relazione. Lui gliel’aveva promesso, ma di fatto aveva continuato a sentire e a vedere Ludovica. Nei giorni successivi all’omicidio di Melania avrebbe addirittura dovuto incontrarne i genitori.
In pratica aveva un movente. Per questo, il 21 giugno successivo, fu iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio volontario aggravato. Ad incastrarlo, nonostante continuasse a dichiararsi innocente, furono, alla fine, le tracce di Dna rinvenute nell’arcata dentaria della moglie: dimostrarono che l’uomo era con lei poco prima che morisse.
In primo grado i giudici lo condannarono all’ergastolo, constestandogli tre circostanze aggravanti – la crudeltà, la minorata difesa e il vilipendio di cadavere – e privandolo della potestà genitoriale sulla figlia (che probabilmente, durante il delitto, dormiva in auto). Nel 2015, con l’esclusione dell’aggravante della crudeltà, la pena venne ridotta a 20 anni di carcere, diventando poi definitiva.
Di recente si è tornati a parlarne per un’intervista rilasciata durante un permesso premio alla trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?”. Scatenando non poche polemiche, aveva detto: “Tradivo spesso mia moglie, ma non l’ho uccisa”. Parole che gli sono costate la revoca dei benefici ottenuti per “buona condotta” in carcere. A 12 anni dai fatti non ha ancora ammesso le sue responsabilità e sostiene di essere stato “ingiustamente condannato”.