La proposta di Legge di Bilancio 2024 potrebbe apportare modifiche significative nel panorama degli affitti brevi in Italia. È infatti previsto un incremento della cedolare secca, che passerebbe così dal 21% al 26%. Questa decisione ha sollevato molte preoccupazioni tra i gestori e proprietari di immobili, preoccupati per le possibili ripercussioni sul settore.

Aumento cedolare secca affitti brevi nel 2024: la novità

Secondo l’Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi, l’innalzamento della cedolare potrebbe comportare un onere aggiuntivo di circa 850 euro annui per 600 mila famiglie italiane. In particolare, l’accento è posto sull’importanza di queste entrate per la classe media, che spesso utilizza gli affitti brevi come fonte integrativa di reddito.

Come funziona la cedolare secca: quando si paga

Attualmente, la cedolare secca sugli affitti brevi è al 21%. Questo regime fiscale, che rappresenta un’alternativa alla tassazione ordinaria Irpef, ha determinate condizioni applicative, come il possesso di non più di quattro appartamenti da parte del locatore. Considerando l’intera filiera di costi associati agli affitti brevi – dalle utenze alle commissioni delle piattaforme online – la rendita netta per un proprietario si attesta intorno al 35% dell’incasso totale.

Il saldo della cedolare secca si versa entro il 30 giugno dell’anno seguente a quello di riferimento. In alternativa, è possibile posticipare il pagamento al mese successivo, quindi entro il 31 luglio, applicando però una maggiorazione dello 0,40%.

Aumento cedolare secca affitti 2024: perché?

Il turismo e la ricettività rappresentano un pilastro fondamentale dell’economia italiana. Gli affitti brevi sono diventati, negli anni, una risorsa significativa, soprattutto in considerazione delle sfide poste dal mercato delle locazioni tradizionali. Tuttavia, il tentativo di fare cassa su questo settore, in particolare attraverso un innalzamento della cedolare secca, è visto da molti come un passo indietro.

Diverse voci del settore si sono levate contro l’aumento proposto. Confedilizia, ad esempio, ha evidenziato come l’aumento potrebbe portare a una crescita del sommerso. Inoltre, l’introduzione della responsabilità delle piattaforme online nella riscossione della cedolare secca è un altro punto di attrito, con piattaforme come Airbnb che stanno ancora valutando le loro mosse in risposta a queste proposte.

Affitti brevi in Italia: una breve panoramica

Il dibattito sulla cedolare secca rappresenta certamente solo una parte di una discussione più ampia sulla tassazione e la gestione del settore immobiliare in Italia.

L’Italia, con le sue bellezze paesaggistiche e storiche, vanta un patrimonio abitativo di 35 milioni di abitazioni residenziali. Interessante notare che 9,5 milioni di queste sono classificate come “seconde case inutilizzate“. A tal proposito, va considerato che un crescente segmento di queste abitazioni ha trovato una nuova vita attraverso la modalità degli affitti brevi.

Attualmente, 632.000 di queste “seconde case inutilizzate” sono infatti annunciate online per affitti brevi. La maggior parte di queste proprietà si trova in località pittoresche come campagne, coste e caratteristici borghi italiani. E non va dimenticato che, nelle metropoli, circa il 15% degli immobili rimane vuoto. La capacità complessiva di posti letto offerta da queste proprietà è di 2,5 milioni, rappresentando quasi la metà del totale nazionale.

La digitalizzazione ha permesso a molti proprietari di annunciare le loro proprietà online. Sorprendentemente, il 96% di questi immobili appartiene a singoli proprietari. Tuttavia, un crescente 25% di questi immobili è gestito da operatori professionali, noti anche come property manager. Benché questa figura professionale non abbia ancora ottenuto un riconoscimento formale in Italia, il suo ruolo e la sua presenza stanno crescendo.

L’impatto economico degli affitti brevi

Gli affitti brevi sono diventati una forza significativa nell’economia italiana, contribuendo con circa 11 miliardi di euro attraverso prenotazioni dirette e generando ulteriori 44 miliardi in attività correlate. Questo totale di 57 miliardi di euro include spese per ristrutturazioni, arredamenti e manutenzioni, dimostrando come questa tendenza influenzi vari settori dell’economia.

Cedolare secca affitti brevi: quanto si paga?

A oggi, gli affitti brevi possono essere tassati tramite la cedolare secca al 21% (che come abbiamo visto potrebbe aumentare al 26% dal prossimo anno) o la tassazione ordinaria al 35%. Ad esempio, il signor Rossi, proprietario di un appartamento a Sabaudia affittato a turisti, guadagna 10 mila euro annui da questo. Optando per la cedolare secca, pagherà il 21% di tasse (il 26% dal 2024). Fino a oggi, con il 21%, il risparmio era notevole rispetto alla tassazione ordinaria.

La scelta tra cedolare secca e tassazione ordinaria viene fatta nella dichiarazione dei redditi. Tuttavia, esistono delle limitazioni, poiché gli affitti brevi non hanno un contratto annuo stabile. Lo Stato, presumendo una continuità di reddito, potrebbe richiedere un anticipo sulle tasse. Gli intermediari svolgono un ruolo chiave, applicando una ritenuta prima di erogare il reddito, evitando quindi acconti e potenziali rimborsi nella dichiarazione successiva.

Cedolare secca affitti brevi: reazioni di Airbnb, Federalberghi e Assohotel

Definendo gli “affitti brevi” come locazioni tra 1 e 30 giorni, si prevedono quindi nuovi cambiamenti nel 2024. Vi è la preoccupazione che un aumento delle tasse possa incoraggiare affitti non dichiarati, compromettendo l’integrità del sistema. Alcuni suggeriscono la creazione di una Banca Dati nazionale per combattere l’evasione.

Mentre alcune associazioni criticano la proposta di aumento dell’aliquota dal 21% al 26%, altre associazioni sostengono l’importanza della regolamentazione fiscale, come evidenziato dalla recente sentenza del Consiglio di Stato riguardante la responsabilità dei portali web nel riscuotere le tasse sugli affitti brevi.

Mentre Federalberghi e Assohotel hanno applaudito alle decisioni che portano a una maggiore equità fiscale nel settore, Airbnb ha sottolineato la sua volontà di collaborare con le autorità fiscali. L’obiettivo comune sembra essere la creazione di un ambiente equilibrato e regolamentato che favorisca sia i proprietari che gli affittuari.