Oltre oceano ben 42 Stati statunitensi si sono uniti in un fronte comune contro Meta, con l’accusa di innescare in bambini e adolescenti dipendenza e patologie connesse alla salute mentale, in particolare in connessione alla percezione del proprio corpo.

Gli Stati che hanno avviato questo procedimento sono California, Colorado, Louisiana, Nebraska, New York, Carolina del Sud, Washington e Wisconsin. L’accusa, nello specifico, è creare algoritmi in piattaforme come Instagram e Facebook che incentivano la pratica dello “scroll infinito”, sviluppando nei giovani una sempre più marcata dipendenza.

USA, 42 Stati accusano Meta di incentivare la dipendenza

Le autorità statali a stelle e strisce accusano Meta di violazione del Children’s Online Privacy Protection Act tramite la raccolta sistematica dei dati degli utenti iscritti con meno di 13 anni: avverrebbe ad ogni accesso sulla piattaforma, senza il preliminare consenso dei genitori.

Inoltre, le critiche a Meta riguardano l’introduzione di alcune funzionalità volte ad aumentare il tempo che i giovani passano sul social: algoritmi, allarmi e notifiche sarebbero la base per la dipendenza di giovani e giovanissimi. Infine, l’accusa è anche di promozione di disformismo corporeo, vale a dire un vero e proprio disturbo legato ad una preoccupazione per difetti corporei.

Il comunicato di Meta: “Abbiamo più di 30 strumenti per il supporto di adolescenti e famiglie”

Non è la prima volta che le autorità USA hanno intentato una causa contro Meta, ma in generale contro i giganti della Silicon Valley. In questa circostanza non si è fatto attendere il comunicato dell’azienda, arrivato tramite una nota di Andy Stone, portavoce di Meta.

“Condividiamo l’impegno dei procuratori generali nel fornire agli adolescenti esperienze online sicure e positive e abbiamo già introdotto oltre 30 strumenti per supportare gli adolescenti e le loro famiglie. Siamo delusi dal fatto che, invece di lavorare in modo produttivo con le aziende di tutto il settore per creare standard chiari e adeguati all’età per le numerose app utilizzate dagli adolescenti, i procuratori generali abbiano scelto questa strada.”