Sono passati quasi 20 anni da quando su 4chan, sito web basato sulla condivisione di immagini, apparivano alcuni dei primi meme virali su internet, come Pepe the Frog, i Raga Comics e Rickrolling. La parola meme è stata creata da un biologo, Richard Dawkins, che l’ha inserita, per la prima volta nel suo libro “Il Gene Egoista” del 1976, con il significato di “idee che si diffondono di cervello in cervello”. Il suo scopo era spiegare come le informazioni culturali si trasmettono nel tempo, partendo da un parallelismo con la genetica. Per Dawkins, cosi come i geni sono l’unità alla base dell’evoluzione umana, i meme sono l’unità alla base dell’evoluzione culturale. Il meme è un qualsiasi elemento culturale (un’idea, un’immagine, un comportamento ecc) che si trasmette, per imitazione, da una persona all’altra.
Chi ha fatto il primo meme?
Imitazione, trasmissione e viralità hanno portato alla definizione di meme che conosciamo oggi. Il primo meme della storia, per come lo intendiamo oggi, risale a più di 100 anni fa: una vignetta pubblicata tra il 1919 e il 1920 sulla rivista Winsconsin Octopus assomiglia molto ai meme contemporanei. Oggi i meme sono cosi popolari da essere entrati nel mercato dell’arte digitale: nel 2017 Zoe Roth, la ragazza protagonista del meme Disaster Girl, ha venduto l’Nft della sua foto per 500mila dollari. Nel 2019 Andràs Aratò, il protagonista del meme “Hide the Pain Harold”, ha tenuto un discorso durante un Ted Talk a Kyiv. Aratò, ingegnere ungherese in pensione, ha raccontato il suo rapporto con la sua improvvisa fama e ha detto di volerla usare per diventare il volto di una campagna per la salute mentale.
Il nome Karen è crollato a causa di un meme e la Cina ha censurato Winnie The Pooh
A causa di un meme è crollata la popolarità del nome Karen. Negli USA e nel Regno Unito pochissimi genitori hanno scelto di chiamare cosi le loro figlie negli ultimi anni. Questo dopo che il nome è diventato il soggetto del meme in cui “Karen” indica lo stereotipo di una donna benestante e pretenziosa. La Cina ha censurato Winnie The Pooh per colpa di un meme, nel 2013 molti utenti notarono una somiglianza tra il protagonista del cartone animato e il presidente cinese Xi Jinping, in occasione un suo incontro con l’allora presidente americano Barack Obama. Da allora, le autorità cinesi hanno iniziato a censurare ogni prodotto visivo legato a Winnie The Pooh per difendere l’immagine del leader del Paese.
I meme e la popolarità dei politici
Oggi i meme sono uno strumento di comunicazione imprescindibile per molte persone: grazie a loro si può far sapere a una persona lontana che la si sta pensando oppure possono veicolare in maniera immediata informazioni complesse, aprendo anche dibattiti. I meme oggi hanno anche un valore politico: politici che finiscono protagonisti di questi video o immagini possono vedere aumentata la propria popolarità anche se non sempre in maniera positiva. Per esempio diversi giornalisti fanno risalire l’aumento del consenso di Giorgia Meloni alla diffusione del video che la vedeva protagonista mentre durante un discorso diceva: “lo sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono cristiana”.
Il video virale su Giorgia Meloni
Il filmato era diventato virale nel 2019 anche grazie a diversi remix, e, nonostante fosse spesso condiviso in maniera critica o ironica, ha aumentato la simpatia da parte dell’elettorato verso Meloni, oggi Presidente del Consiglio. I meme sono anche strumento della libertà di parola e per questo non sono amati da tutti i governi. Nel 2021 per esempio Walid Kechida, un attivista algerino di 25 anni, è stato condannato a tre anni di carcere per aver pubblicato diversi meme in cui prendeva in giro l’allora presidente Abdelmadjid Tebboune. Anche in Paesi democratici i meme possono costare caro: nel 2022 uno youtuber è stato arrestato in India perché accusato di avere creato dei meme che criticavano la Chief Minister del Bengala Occidentale, Mamata Banerjee. Nel corso degli anni le fonti dei meme sono cambiate seguendo anche lo spostamento degli utenti da una piattaforma all’altra.