Chi sono i coloni in Palestina? Gli insediamenti, ritenuti illegali dalla maggioranza delle organizzazioni internazionali, sono spesso delle vere e proprie città, con un numero considerevole di residenti, istituti scolastici, reti stradali ben sviluppate e distretti industriali.

Chi sono i coloni in Palestina?

Le colonie israeliane hanno avuto origine dopo la conclusione della Guerra dei Sei Giorni, che si è svolta nel 1967 tra Israele e una coalizione di stati arabi, alcuni dei quali difendevano gli interessi dei palestinesi. Alla fine del conflitto, Israele ha occupato interamente la Cisgiordania, una regione che si estende approssimativamente da Gerusalemme fino alla sponda occidentale del fiume Giordano, oltre il quale si trova la Giordania. In aggiunta alla Cisgiordania, Israele ha conquistato l’intera città di Gerusalemme. La parte occidentale di Gerusalemme faceva già parte del territorio israeliano, mentre la parte orientale, abitata principalmente da palestinesi, era stata sotto il controllo della Giordania dal 1948 fino a quel momento.

Le acquisizioni territoriali operate da Israele durante la Guerra dei Sei Giorni non sono state mai riconosciute dalla comunità internazionale. Quest’ultima, fin dalla Seconda Guerra Mondiale, ha sostenuto la necessità di creare uno stato palestinese all’interno dei confini proposti dall’ONU nel 1948.

Ancora oggi, questi confini, che seguono il tracciato della cosiddetta ‘Linea Verde’ e includono l’intera Cisgiordania e Gerusalemme Est, sono considerati come la base da cui avviare un negoziato di pace tra israeliani e palestinesi da parte dei paesi occidentali e di quelli a maggioranza araba. Tuttavia, di anno in anno, le prospettive di un negoziato di pace diventano sempre più complesse. Israele continua ad espandere le sue colonie, rendendo sempre più difficile la creazione di uno stato palestinese con un territorio contiguo. A tal punto che la Cisgiordania viene spesso paragonata a un formaggio svizzero, pieno di ‘buchi’, persino nei discorsi dei diplomatici.

Insediamenti israeliani in Cisgiordania

Attualmente, come nel passato, la Cisgiordania è prevalentemente abitata da palestinesi, in gran parte di etnia araba e per la maggior parte seguaci della religione islamica. Tuttavia, per gli ebrei, questa regione è vista come la terra natale dei loro antenati. Molti eventi narrati nella Bibbia hanno come sfondo la Giudea e la Samaria, nomi che alcuni israeliani più nazionalisti utilizzano ancora per riferirsi alla Cisgiordania. In effetti, queste terre furono abitate da antiche tribù ebraiche, sebbene ciò sia avvenuto molto tempo fa, circa tremila anni fa.

A partire dal 1967, molti cittadini israeliani hanno sfruttato il controllo militare di Israele sulla Cisgiordania per costruire case e stabilirsi in comunità a forte prevalenza ebraica, sostenendo un legame profondo con il territorio. Ancora oggi, una parte degli israeliani ritiene che questi territori siano legati al popolo ebraico per ragioni culturali e religiose e che Israele li abbia conquistati durante la Guerra dei Sei Giorni sul campo. Di conseguenza, respingono le accuse di occupazione, soprattutto quando si tratta di terre incolte o precedentemente disabitate, come una parte dei terreni originariamente assegnati alle colonie.

Perché le colonie israeliane in Palestina sono ritenute illegali?

In base alla Quarta Convenzione di Ginevra, l’ultimo dei quattro principali trattati internazionali sul diritto di guerra firmati nel 1949, è vietato a una potenza occupante, come Israele in questo caso, trasferire i propri cittadini su un territorio occupato. Di conseguenza, la maggior parte delle organizzazioni internazionali e degli esperti legali considera le colonie israeliane illegali.

Tuttavia, Israele sostiene che queste colonie siano necessarie per ragioni di sicurezza e controllo del territorio. Inizialmente, la loro fondazione fu giustificata in base a una vecchia legge dell’Impero ottomano, che consentiva l’occupazione di terreni abbandonati e incolti da anni. Negli anni successivi alla Guerra dei Sei Giorni, Israele sostenne che le colonie erano fondamentali per monitorare da vicino una popolazione considerata nemica, dal momento che molti paesi arabi e gruppi militanti palestinesi avevano come obiettivo dichiarato la distruzione di Israele.

A partire dagli anni ’90, con il rafforzamento dell’esercito israeliano e una certa normalizzazione dei rapporti con alcuni paesi arabi, questa minaccia esistenziale si è notevolmente attenuata. Di conseguenza, il mantenimento delle colonie è oggi legato a posizioni politiche e ideologiche della destra nazionalista e religiosa.

Per molti anni, il Likud, il principale partito di destra guidato da Netanyahu, ha dominato la politica israeliana e ha guidato una coalizione composta da vari partiti radicali che sostengono attivamente l’espansione delle colonie. L’obiettivo implicito o esplicito di questi partiti è colonizzare e annettere Gerusalemme Est e l’intera Cisgiordania, basandosi sul legame culturale e religioso del popolo ebraico con questi luoghi.

Tutti i governi israeliani, indipendentemente dall’orientamento politico, hanno storicamente appoggiato le iniziative dei coloni, in quanto costituivano una piccola minoranza della popolazione israeliana. Lo Stato ha sempre fornito ai residenti delle colonie principali i servizi essenziali di cui beneficiano tutti i cittadini israeliani, come acqua, energia e raccolta dei rifiuti, oltre a fornire case popolari e altri incentivi. Nel tempo, trasferirsi nelle colonie è diventato conveniente per molte persone, che hanno scelto di farlo per godere di un ambiente di vita più ameno fuori dalle città, reso ancor più attraente dalla presenza di servizi adeguati.

Resta evidente la spinta religiosa e nazionalista che induce molti ebrei ortodossi e ultraortodossi a insediarsi in queste aree e a contribuire all’aumento della loro popolazione (in media, si stima che una famiglia ultraortodossa israeliana abbia in media sette figli).

Negli anni ’90, all’inizio dell’insediamento delle colonie in Cisgiordania, la popolazione ammontava a poco più di 100.000 persone. Secondo le stime più recenti, oggi si contano circa 450.000 abitanti, ai quali vanno aggiunti i 220.000 che risiedono negli insediamenti di Gerusalemme est. In contrasto, nella parte di Israele situata entro i confini della “Green Line” vivono circa 8,5 milioni di persone.

Da colonie a città

Le parole “colonia” o “insediamento” spesso non rendono giustizia alla realtà di queste località. Molte di esse si presentano come vere e proprie città, con migliaia di abitanti, scuole, strade, distretti industriali e persino università pubbliche. Nel caso di Gerusalemme est, ci sono quartieri interi con migliaia di residenti; uno dei più grandi, Pisgat Ze’ev, conta circa 50.000 abitanti. Ariel, una delle colonie più grandi, è connessa al territorio israeliano attraverso una superstrada riservata ai veicoli con targhe israeliane.

Negli ultimi anni, gruppi di militanti ultraortodossi o di estrema destra hanno istituito numerosi avamposti in Cisgiordania, costituiti principalmente da baracche, nella speranza che il governo israeliano li riconosca come colonie. Sebbene una decisione della Corte Suprema israeliana del 1979 vieti la creazione di nuove colonie in Cisgiordania, spesso sono state fondate in modo irregolare, tollerate dal governo e in seguito riconosciute a causa delle loro dimensioni ormai rilevanti.

Nel 2020, il partito di destra nazionalista Yamina aveva proposto una legge per riconoscere retroattivamente 65 di questi avamposti-colonie, ma il parlamento fu sciolto per elezioni anticipate prima che la proposta potesse essere esaminata.

Tuttavia, alcune tentate fondazioni di nuove colonie sono state così maldestre e palesemente illegali che persino un governo di destra è stato costretto a sgomberarle, spesso per preservare l’immagine e il rispetto internazionale. Ad esempio, a metà gennaio, le autorità israeliane sgomberarono un piccolo avamposto costruito da alcuni nazionalisti vicino a una colonia ben consolidata, chiamata Migdalim, fondata nel 1984. L’operazione di sgombero scatenò una controversia interna al governo tra il Ministro della Difesa, Yoav Galant, che ordinò lo sgombero, e il Ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, che vive in una piccola colonia in Cisgiordania e si oppose all’operazione.

Le colonie, grandi o piccole, presentano alcune caratteristiche comuni, tra cui estese misure di sicurezza per proteggere i propri abitanti e spesso un atteggiamento di prevaricazione nei confronti dei palestinesi residenti nelle vicine aree e comunità. Quasi ogni colonia è circondata da un muro o da una recinzione e l’accesso è consentito solo dopo rigorosi controlli effettuati dall’esercito, dalle guardie di sicurezza o, in alcuni casi, dai residenti delle colonie stesse, spesso armati di mitra e altre armi da fuoco.

I coloni sono a loro volta spesso bersaglio di attacchi da parte dei palestinesi in Cisgiordania, che li considerano invasori, in alcuni casi ricorrendo anche alla violenza. Gli attacchi includono lanci di pietre e oggetti contro le auto dei coloni mentre percorrono le strade israeliane in Cisgiordania.

I coloni stessi talvolta si comportano in modo predatorio, occupando terreni, deviando corsi d’acqua e perpetrando atti di violenza di varia entità contro i loro vicini palestinesi. Recentemente, il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha rilevato che nel 2022 si è verificato il sesto anno consecutivo di aumento degli attacchi dei coloni israeliani contro i palestinesi in Cisgiordania. Uno degli attacchi più noti e discussi è stato l’incendio doloso di una casa palestinese nel villaggio di Duma nel 2015, che ha causato la morte di un bambino di un anno e mezzo. L’avvocato di uno dei sospettati, che risiede in una colonia israeliana vicina, è diventato il Ministro della Pubblica Sicurezza, Itamar Ben-Gvir.

Nel complesso, il governo israeliano non ha ancora fornito dettagli precisi sulla portata della futura espansione delle colonie, ma la costruzione di nuove unità abitative nelle colonie è un trend in costante aumento negli ultimi anni.