Oggi 24 ottobre 2023 le donne islandesi hanno deciso di incrociare le braccia e hanno proclamato uno sciopero generale. Si asterranno dai lavori di cura, da quelli casalinghi e dalle attività retribuite: un fermo a tutto tondo che, nell’ambiente dell’Islanda, vuole mettere in luce un gender pay gap ancora presente in lavori come quelli sanitari o dell’istruzione. Equilibrare il “peso” degli stipendi significherebbe anche riconoscere l’impegno delle donne in quegli ambiti e non confinarle a lavori che alcuni pensano siano per loro “naturali“.

La puntata di oggi 24 ottobre di “AAA – Stabilità Cercasi“, in onda su Radio Cusano Campus e condotta da Livia Ventimiglia e Simone Lijoi, ha raccontato la testimonianza di un cittadino italiano residente in Islanda, Roberto Luigi Pagani. L’uomo parla dello sciopero che si è svolto oggi sull’isola e che ha coinvolto tutte le donne, compresa la Prima Ministra Katrin Jakobsdóttir: “Il mondo del lavoro islandese è compatto, alcuni datori di lavoro hanno incoraggiato le dipendenti a partecipare“.

Roberto Luigi Pagani, cittadino italiano sullo sciopero delle donne in Islanda: “Importante che tutti capiscano il lavoro che fanno ogni giorno le donne”

Roberto Luigi Pagani si è trasferito per lavoro in Islanda e convive con una donna del posto e, nel corso degli anni, ha potuto capire parte della mentalità della società islandese. Sui social parla spesso dell’Islanda e dei suoi abitanti, quindi Livia Ventimiglia e Simone Lijoi lo hanno intervistato per capire quali fossero le sensazioni e le opinioni che un uomo (per di più straniero) provasse nel giorno dello sciopero delle donne islandesi.

I due conduttori partono col chiedere come Pagani si sia adattato ad una giornata senza l’aiuto o l’assistenza della propria compagna nel mandare avanti la vita casalinga e nell’espletare le faccende quotidiane:

“Io ci provo con tutta la mia buona volontà a fare tutte queste cose nella vita di tutti i giorni, ma ammetto serenamente che non tanto ci riesco bene, quindi è una lezione per me dover fare la spesa, lavatrici, polveri, risistemare la stanza, fare ordine in casa, è più che giusto. Fare la mattina il caffè anche per la mia compagna ci sta”.

Una nota di colore che non serve tanto a “scherzare” sul come gli uomini non siano capaci di fare le piccole cose senza l’aiuto delle donne, quanto a far capire che spesso oltre al lavoro retribuito una donna deve anche impiegare tempo ed energie per il lavoro di cura quotidiano. C’è tanto da fare per rendere partecipi tutti di questo assunto, come dice Pagani:

“Beh, effettivamente sono proprio così, ma è uno stato che richiede parecchia manutenzione e lavoro dietro, quindi è giusto che se ne rendano conto tutti“.

Il gender pay gap è una tematica che per Pagani è presente e discussa nella società islandese e ciò è un primo passo per mettere sul tavolo soluzioni da parte della politica. Ventimiglia e Lijoi chiedono cosa è cambiato rispetto al primo sciopero delle donne nel 1975 e Pagani indica che, se gli uomini hanno cominciato a considerare le attività casalinghe come parte del lavoro che possono fare, c’è ancora molto da fare sul pareggiare gli stipendi fra donne e uomini in certi lavori:

“Dal ’75 effettivamente è la settima volta che c’è stato un evento di questo genere. Il più grande è stato nel 2005, che se non sbaglio è stato l’evento nella storia d’Islanda con la maggior partecipazione pubblica, perché ovviamente non c’è soltanto lo sciopero, ma anche manifestazioni pubbliche in piazza. All’inizio è cambiata un po’ la motivazione di base: all’inizio era soprattutto per il riconoscimento di tutte quelle attività non retribuite che le donne facevano, ovviamente negli anni le cose si sono un pochino riequilibrate anche se siamo lontani dalla parità totale perché i numeri ci dicono che le donne oggi fanno ancora la maggior parte di tutti quei lavori di casa, preparare da mangiare, fare la spesa, ecc. Gli uomini ne fanno un pochino di più rispetto al ’75 ma c’è ancora molto da fare. La cosa che c’è in più questa volta riguarda i salari e non tanto la parità salariale tra uomini e donne perché quella è già sancita obbligatoriamente dalla legge in Islanda e tendenzialmente rispettata: si tratta invece del riconoscimento del valore dei lavori a maggioranza femminile, per cui nonostante ci si sforzi per la parità di genere ci sono delle preferenze naturali, delle inclinazioni che portano uomini e donne a privilegiare certi tipi di professione e tristemente tanti lavori che sono privilegiati dalle donne, penso per esempio agli asili e alla sanità, infermiere, dottoresse e psicologhe, maestre d’asilo, elementari, tutte queste cose qua, sono retribuiti piuttosto male rispetto ad altri ambienti a prevalenza maschile e questo spiega in parte un gap negli stipendi tra uomini e donne che c’è ancora in Islanda per cui si sta parlando di questo”.

“Gli islandesi sono molto coesi come popolo, i datori di lavoro li hanno incoraggiati a partecipare allo sciopero”

La particolarità agli occhi anche di noi italiani è che la Prima Ministra Katrin Jakobsdóttir ha deciso di aderire allo sciopero. Ciò permette di capire quanto la società islandese sia compatta, non solo perché numericamente piccola, ma anche perché c’è un’estesa cultura del prendersi cura gli uni degli altri mettendo sul tavolo soluzioni concrete:

“Gli islandesi in generale tendono ad essere molto coesi come popolo, per cui quando ci sono movimenti sociali tendono a raccogliere sempre tanta partecipazione a meno che non siano cose un pochino strane e fuori dalla norma. Quando si tratta di combattere per i diritti civili gli islandesi sono abbastanza bravi a fare squadra, per cui è una cosa che è molto sentita: moltissimi datori di lavoro addirittura hanno incoraggiato le loro dipendenti a scioperare. Poi ovviamente anche qua ci sono le voci discordanti, per cui è stata stilata la lista nera di quei datori di lavoro che invece hanno detto che non avrebbero pagato le loro lavoratrici in sciopero, perché in Islanda i datori di lavoro non sono tenuti a pagare gli scioperanti, c’è un fondo sindacale che paga uno stipendio pieno quel giorno. Questo non si configura come uno sciopero normale, per cui non dovrebbe essere retribuito, ma alcuni datori di lavoro anche per mostrare vicinanza ai loro dipendenti hanno deciso di muoversi in modo diverso”.

I datori di lavoro, quindi, non vedono i loro dipendenti come persone da sfruttare. Nel caso delle donne molti si sono resi conto che bisogna dare ai lavori in cui sono più presenti un nuovo valore, non soltanto economico. Libertà di scelta nel lavoro significa anche non dover sottostare più a quegli schemi mentali che in passato (spesso anche oggi) ne guidavano la gestione:

“Quando si tratta del pubblico, penso agli ospedali, alle scuole, eccetera, i datori di lavoro sono anche loro parte di questo sistema che privilegia il lavoro che loro svolgono”.

Le differenze con il mondo del lavoro italiano sono forti e anche se non entra nel dettaglio, Pagani si dice “stupito” da ciò che legge o gli viene detto dell’Italia, dove le difficoltà lavorative tendono a bloccare l’ingresso delle donne e, spesso, anche un loro affrancamento pieno:

“Per me è diventata un po’ la normalità, nel senso che mi è cambiata un po’ la mentalità, per cui tante volte quando vedo le cose che succedono in altri paesi, inclusa l’Italia, a volte mi stupisco: per esempio, nel mondo del lavoro io non ho mai lavorato in Italia, ho iniziato a lavorare in Islanda per cui ho la mentalità da lavoro tipica islandese. Quando vedo e leggo cose che succedono nel mondo del lavoro italiano a volte rimango un po’ stupito, ecco”.