Chi ascolta musica triste è depresso? Certi giorni l’unica cosa che vorremmo fare è stare sotto le coperte, nell’intimità della nostra camera, ad ascoltare canzoni tristi. Problemi sul lavoro, cuori infranti, o la perdita di animali ci portano ad autocommiserarci. Sembra paradossale, ma c’è qualcosa di estremamente confortante nel lasciarsi coccolare dalle note di una melodia malinconica quando non vogliamo far altro che crogiolarci nella nostra tristezza.

Chi ascolta musica triste è depresso? Hai mai sentito parlare del paradosso della tragedia?

Ci sono giorni in cui tutto ciò di cui abbiamo bisogno risiede in quella playlist struggente che abbiamo creato ad hoc per sfogare il nostro malessere. Si chiama di un fenomeno chiamato “paradosso della tragedia”. Il primo a riconoscerlo fu Aristotele; già nel 300 avanti Cristo, il filosofo ellenico si era accorto del fascino straordinario che le tragedie greche esercitavano sul pubblico. Cercando di individuarne le ragioni, Aristotele si rese conto che, durante la loro fruizione, gli spettatori sperimentavano una sorta di catarsi, quel processo liberatorio con cui diamo sfogo ai nostri tormenti, riducendo i livelli di frustrazione e stress.

8 benefici delle canzoni tristi, ecco perché gratificano

La stessa cosa accade quando ascoltiamo una canzone struggente e malinconica, il cui apprezzamento trova spiegazioni di natura sia psicologica che biologica. Il filosofo Jerrold Levinson individua otto benefici che contribuiscono a rendere la musica triste cosi gratificante, ad esempio, la catarsi, ovvero la liberazione dalle emozioni negative, la “comprensione del sentimento” ossia la possibilità di comprendere fino in fondo il proprio stato
d’animo
e le sue ragioni d’essere e, la “comunione emotiva” vale a dire la consapevolezza di avere in comune con un artista determinate esperienze dolorose. Da un punto di vista biologico, invece, sembrerebbe che ascoltare canzoni strappalacrime risulti cosi appagante poiché, secondo gli studi di David Huron, professore canadese di arti e discipline umanistiche, questa attività stimola la produzione di prolattina, un ormone che svolge un’azione
analgesica sul malessere psicologico, attenuandone l’impatto emotivo.

Il rilascio di dopamina

Allo stesso modo, in accordo con i risultati emersi da una ricerca della McGill University, guidata dal neuroscienziato Robert Zatorre, si è giunti alla conclusione che la fruizione di questo tipo di musica favorisca il rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore che innesca una sensazione di
immediato piacere. Quest’osservazione è stata riportata anche in un articolo del Wall Street Journal che si proponeva di spiegare le ragioni della popolarità di un pezzo cosi drammatico e, per certi versi angosciante, come Someone Like You di Adele. Con questo singolo, la cantante risveglia in noi quel processo catartico che reca sollievo ai nostri cuori afflitti, e spezzati. In questo senso, canzoni simili, funzionano e vengono ascoltate proprio nei momenti di maggiore tristezza, accolgono la vulnerabilità e sono fonte di ristoro: manifestano empatia, ricordando che non siamo soli nel dolore.