Perché il nucleo della Terra perde elio? Un recente studio scientifico ha notato come il nucleo del nostro pianeta stia rilasciando lentamente l’elio in esso racchiuso.

Si tratterebbe di un graduale rilascio che va avanti da milioni di anni. Ma perché accade? E quali sono gli effetti di questa scoperta?

Perché il nucleo della Terra perde elio: da cosa deriva

Una squadra di ricercatori di geochimica del Woods Hole Oceanographic Institution, in collaborazione con i colleghi del California Institute of Technology, ha osservato un’anomala concentrazione di elio all’interno di rocce di 62 milioni di anni.

Più in particolare, si tratta di un isotopo di questo materiale chimico, l’elio-3. È un elemento leggero e non radioattivo, molto difficile da trovare in superficie. Inoltre la presenza di tale isotopo indica una natura antica. Infatti l’elio-3 si è formato in prevalenza durante la formazione del nostro pianeta e per tale motivo è rimasto intrappolato all’interno del nucleo.

Aver rinvenuto una grande concentrazione di questo gas all’interno di alcune rocce non solo fa datare i minerali a milioni di anni fa ma ci fa capire come il nucleo terrestre stia ancora rilasciando elio negli strati superiori.

Quanto elio-3 sia ancora intrappolato all’interno del nucleo è ancora un mistero. Infatti questa parte della Terra non è in alcun modo indagabile. Gli scienziati possono solo carpire informazioni indirette dallo studio degli strati sotto la superficie.

Gli esperti di geochimica ritengono che la maggior parte dell’elio sviluppatosi durante la formazione della Terra si sarebbe quasi del tutto dissipata. Le precedenti stime infatti indicavano che il nucleo dopo 4,6 miliardi di anni avesse già espulso completamente l’elio intrappolato.

Tuttavia, la scoperta di questo elemento all’interno di rocce geologicamente giovani dà una diversa percezione del fenomeno. L’alta concentrazione di elio-3 infatti potrebbe derivare dal lento e progressivo rilascio dal nucleo. Rilascio che appunto non si sarebbe esaurito come si pensava in precedenza.

L’ipotesi alternativa riguarda invece il mantello o sacche a lenta espulsione. L’isotopo di elio potrebbe infatti provenire da queste aree. Ad esempio le lave basaltiche dell’isola di Baffin, in Canada, contengono quantità di elio-3 maggiori al mondo.

Gli effetti della scoperta

Il team di ricerca ha quindi analizzato proprio queste rocce laviche e ha trovato non solo un’eccessiva concentrazione di elio-3, ma il rapporto tra questo isotopo e l’elio-4 più alto mai registrato in una roccia vulcanica. Confrontando i dati con la percentuale di neon, un altro gas nobile, si è potuto capire che l’enorme concentrazione di elio non è dovuta all’interazione con l’atmosfera bensì è riferibile al periodo di formazione del pianeta.

Se l’ipotesi secondo cui l’elio-3 arrivi direttamente dall’espulsione dal nucleo venisse confermata, gli scienziati potrebbero finalmente avere dati aggiuntivi per studiare questa parte della Terra. La scoperta infatti potrebbe essere una chiave di svolta nel processo di conoscenza della formazione del nostro Pianeta.

A supporto di questa teoria ci sono anche i dati raccolti da Forrest Horton, geochimico del Woods Hole Oceanographic Institution, che già diversi anni fa aveva analizzato l’alto livello dei rapporti isotopici dell’elio deducendo che fossero elevati persino per una fuoriuscita dal mantello.

Quella stessa anomala concentrazione fu poi riscontrata anche nella lava fuoriuscita in Islanda. Il team allora si è domandato se i due eventi fossero correlati da una stessa sacca di elio-3 molto più profonda del mantello e che fungesse da serbatoio.

La successiva analisi eseguite su campioni di lava olivina prelevata da diversi punti della Terra ha poi mostrato come la quantità di elio-3 fosse 70 volte superiore a quella presente in atmosfera.

Studiando poi altri componenti chimici, come lo stronzio e il neodimio, il gruppo di ricerca è arrivato a concludere che l’alta concentrazione di elio-3 non è in alcun modo provocata dall’alterazione dovuta all’eruzione.