In Italia la salute mentale è una tematica ancora fortemente sottovalutata, e negli ultimi anni (in seguito anche alla pandemia di covid) si verificato un aumento della depressione giovanile, in un’età compresa tra i 15 e i 29 anni. Si è passati dal 17,4% nel 2019, al 24,2% nel 2021.

Un giovane su quattro soffre di malessere nei fase della vita in cui potrebbe essere aiutato precocemente, non sviluppando simili invasivi. Negli ultimi anni alcuni giovani hanno subito un aumento anziché una diminuzione dei loro disturbi.

A questo proposito abbiamo sentito lo psichiatra Antonio Picano, che ha recentemente elaborato un progetto per la video consulenza e televisita per i pazienti psichiatrici affetti da Covid.

Salute mentale in Italia, intervista al professor Antonio Picano

Aumento depressione

D. Dottore è stato riscontrato un aumento della depressione in Italia dopo il covid, ce lo conferma?

R. “Parliamo di dati accertati, le statistiche riportano un aumento del 30% della depressione. Il problema della salute mentale in Italia dipende dal budget assolutamente limitato dopo che la legge 180 del 1978 tagliò a metà il budget della psichiatria in Italia non si è mai recuperato questo gap e noi ci troviamo a dover assistere al 3% del bilancio della salute pubblica, quando il bilancio dovrebbe essere almeno del 6,7%

La psichiatria pubblica è diventata assolutamente approssimativa se tende ad erogare meno servizi possibili, in particolare non sono erogati quelli per adolescenti ed integrati con quelli degli adulti, c’è un grande problema nella transizione e c’è un problema nella psicoterapia per prendere il paziente in carico, è necessaria una revisione dell’impianto strutturale ed economico, con questi soldi questo si può fare.

Suicidi

Secondo uno studio dell’Università degli Studi di Torino i suicidi post covid sono aumentati del 10% rispetto al 2019.

D. In Italia c’è stato un aumento dei suicidi negli ultimi anni o la situazione è stabile al momento?

R. Il tasso di suicidi è 5 x 100.000 nella media, noi non abbiamo un tasso più alto e né c’è una modificazione nel post-covid, il tasso di suicidi dipende da altri fenomeni e non hanno un significato reattivo, generalmente sono più l’estensione di un malfunzionamento strutturale della persona che ha una variabilità determinata da eventi stressanti. Il suicidio appare come un tasso più alto perché dei suicidi se ne parla di più, ma i dati sono gli stessi sopracitati e non sono cambiati.

La situazione all’estero

D. Quali nazioni secondo lei hanno trattato la situazione nel modo opportuno?

R. Non c’è una cattiva volontà da parte delle amministrazioni o dei medici, il vero gap è un finanziamento assolutamente ridicolo. E poi vanno creati dei sistemi di controllo e di gestione per cui sappiamo esattamente dove vengono spesi i soldi e molte risorse vengono utilizzati per pochi pochissimi pazienti senza che ci sia una vera distribuzione in funzione delle necessità.

In Inghilterra ad esempio hanno sistemi più efficaci, è un sistema basato sulle necessità e non su una programmazione. Detto questo chi vedrà vantaggi è il privato che diventa estremamente importante e determinante, sono stati fatti dei tentativi per integrare gli psicologi nei trattamenti dei medici di famiglia ma anche lì il problema è mettere a disposizione le persone per fare un discorso di rete per una gestione simultanea con le varie figure professionali che interagiscono tra loro.