Sul rinvio dell’acconto delle partite Iva da novembre 2023 a gennaio 2024, il decreto legge 145 di qualche giorno fa (cosiddetto decreto “Anticipi”) fissa le regole alle quali devono attenersi i lavoratori autonomi e i professionisti. In primis sul tetto di ricavi e di compensi nell’anno per poter accedere alla misura che rimarrà in vigore per il solo 2024. Il limite è fissato a 170mila euro, tetto nel quale rientrano la maggior parte dei professionisti iscritti agli Ordini e alle Casse previdenziali private. 

Ma anche le partite Iva a regime forfettario necessariamente potranno rientrare tra coloro che potranno rimandare e rateizzare (in cinque pagamenti) il secondo acconto del 2023 per effetto del limite di flat tax al 15 per cento fissato a 85mila euro. 

Rinvio acconto partite Iva da novembre 2023 a gennaio 2024: cosi il pagamento del 50% o 60%

Partite Iva, lavoratori autonomi e professionisti potranno rimandare il pagamento del secondo acconto del 30 novembre 2023 se hanno raggiunto un volume di redditi e di compensi non eccedenti il tetto di 170mila euro. La novità arriva dal decreto 145 del 2023 (cosiddetto “decreto Anticipi”) che consente anche di rateizzare l’importo dell’acconto in cinque pagamenti mensili a partire dal 16 gennaio 2024. 

Per effetto delle regole fissate dal provvedimento varato dal Consiglio dei ministri qualche giorno fa, i liberi professionisti dovrebbero rientrare in massa nella chance di rinvio. Infatti, secondo i dati della Cassa forense riferiti ai redditi del 2021, gli avvocati che hanno un reddito al di sotto di 170mila euro sono 208mila, il 94 per cento del totale. Percentuali leggermente più basse per i commercialisti (91 per cento) che, comunque, nella stragrande maggioranza dei casi, rientrano nei limiti del decreto 145/2023. 

In linea generale, tutte le partite Iva a regime forfettario dovrebbero rientrare nella possibilità di rimandare l’acconto a gennaio. Infatti, per mantenere il regime forfettario è necessario avere un volume di compensi e ricavi non eccedente gli 85mila euro. Considerando oltre due milioni di partite Iva forfettarie, dovrebbero essere circa un terzo (700mila) gli autonomi che dovrebbero avvalersi dello slittamento dell’acconto. 

Rinvio acconto novembre 2023, chi può farlo? 

Dai dati dell’Agenzia delle entrate, le partite Iva a regime ordinario che dovrebbero rientrare nella possibilità di rimandare l’acconto a gennaio 2024 sono stimate in 467mila su 520.458, pari al 90 per cento. Si tratta di lavoratori autonomi che hanno inoltrato la dichiarazione Iva, con valori al di sotto del tetto stabilito dal decreto “Anticipi”. 

Lo slittamento a gennaio del secondo acconto in scadenza al 30 novembre 2023 consente alle partite Iva di poter rimandare tutte le imposte della dichiarazione dei redditi. Si tratta sia dell’Irpef (o dell’imposta sostitutiva per le partite Iva a regime forfettario) che delle addizionali, ma anche della cedolare secca. In questo caso, chi possiede una seconda abitazione data in locazione, può rimandare l’acconto sulla cedolare secca. 

Non si possono rimandare, invece, i contributi previdenziali e i premi dell’assicurazione obbligatoria, così come tutte le imposte al di fuori della dichiarazione dei redditi, tra le quali l’Iva e il bollo. 

Come effettuare il calcolo di quanto pagare al 30 novembre 2023/16 gennaio 2024? 

L’acconto da versare da parte delle partite Iva differisce a seconda del regime di appartenenza. Per i forfettari, infatti, è pari al 50 per cento dell’intero acconto da pagare per il 2023. Gli altri autonomi pagano, invece, il 60 per cento. Ciò significa che, per un acconto 2023 di mille euro, la quota che si può rimandare a gennaio è di 500 o di 600 euro. 

Le giornate di pagamento sono fissate al 16 gennaio (prima rata o pagamento in un’unica soluzione), 16 febbraio, 18 marzo, 16 aprile e 16 maggio. Dalla rata di febbraio è previsto il calcolo del tasso di interesse del 4%.