Con il suo smartphone un detenuto – figlio del boss mafioso di Bagnoli – ha tenuto indisturbato una diretta Instagram dal carcere Poggioreale.
La vicenda, portata alla ribalta dal deputato di AVS Francesco Emilio Borrelli è solo l’ultima a essere resa nota. Notizie come queste, infatti, sono piuttosto frequenti: con sempre più facilità i detenuti riescono infatti a procurarsi cellulari di ultima generazione con cui comunicare verso il mondo esterno, mandando messaggi non solo ad amici e parenti ma anche e soprattutto a esponenti della criminalità organizzata.
Diretta Instagram dal carcere di Poggioreale, Capece (Sappe): “Mancano gli strumenti per prevenire. Al Governo chiediamo un segnale”
Ciò che sorprende non è solo la circolazione degli smartphone nelle carceri, ma anche l’uso spudorato che i pregiudicati fanno di questo strumento.
L’esempio più eclatante, denunciato oggi dal deputato Francesco Emilio Borrelli ai microfoni di TAG24, è quello del figlio di un boss mafioso che, ottenuto il telefono nonostante la detenzione nel complesso di Poggioreale, non ha mostrato neanche il minimo timore a iniziare una diretta su Instagram.
La redazione di TAG24 ha così deciso di approfondire il tema portando alla luce anche il punto di vista degli agenti di polizia penitenziaria attraverso le parole di Donato Capece, Segretario Generale del Sappe – Sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria – il quale ha ribadito in questa intervista come gli agenti del comparto della Sicurezza abbiano bisogno di più uomini e tecnologie per contrastare la criminalità organizzata.
Segretario Capece, come commenta la vicenda del detenuto a Poggioreale intento a fare, impunemente, dirette su Instagram?
«Purtroppo, nonostante tutta la buona volontà del corpo di polizia che fa servizio nelle carceri, queste cose sono possibili perché mancano le tecnologie per prevenire.
Questo problema riguarda non solo la circolazione di smartphone nelle carceri, ma anche la prevenzione all’ingresso di droni. Prevenzione che, come dico io, non può essere fatta con le fionde.
Ciò che dobbiamo constatare, seppur con amarezza, è che in tema di forniture tecnologiche la criminalità organizzata è dieci anni più avanti di noi. Le forze di polizia penitenziaria – ma in generale lo Stato – hanno bisogno allora di strumenti avanzati per per fare prevenzione e di mettere in sicurezza le carceri.
Pensiamo solo a quanto servirebbero gli jammer, necessari per intercettare le onde magnetiche e bloccare il passaggio nel perimetro penitenziario dei droni. In assenza di strumenti specifici noi non possiamo fare nessuna azione contro chi tenta di introdurre in carcere ciò che non è consentito della legge.
È proprio attraverso i droni, infatti, che la criminalità riesce a fare entrare i micro telefonini».
Capece: “Polizia penitenziaria al di sotto dell’organico stabilito per legge”
Oltre alla ristrettezza tecnologica, quanto influisce il tema della carenza di personale?
«In Italia gli agenti di polizia penitenziaria sono al di sotto dell’organico stabilito per legge, ovvero 42.132 unità. Bene, noi siamo a circa 37.000 agenti. A fine anno andranno in pensione oltre 2.300 unità e nel giugno 2024 saranno immesse 1.700-1.800 persone. Capisce bene come il saldo del personale rimarrà dunque negativo.
Noi chiediamo al Governo supporti tecnologici, uomini e soprattutto la revisione delle regole d’ingaggio. Vogliamo lavorare serenamente per garantire ai cittadini la sicurezza e ai detenuti quel percorso trattamentale, garantito dalla Costituzione, per rientrare da abilitati nella società.
Per raggiungere questi obiettivi abbiamo bisogno però di una formazione diversa e di tecnologie che permettano di inibire e sequestrare tutti gli oggetti volanti. I droni di ultima generazione che riescono ad attraversare il percorso penitenziario sono silenziosi e senza lucine, difficilissimi da individuare».
Capece (Sappe) “Anche i lavoratori del comparto sicurezza meritano il rinnovo del contratto pubblico”
Il Governo sta lavorando al rinnovo dei contratti per la Pubblica amministrazione. Il SAPPE e altre sigle sindacali hanno però ricordato ironicamente all’esecutivo l’esistenza del comparto Difesa e Soccorso pubblico. Avete ricevuto notizie dal ministero circa una prossima convocazione?
«No. Per ora sappiamo solo che la Presidente Meloni dedicherà una seduta del Consiglio dei ministri all’analisi delle esigenze del comparto Sicurezza, Difesa e Protezione Sociale.
Ad oggi sembrerebbe che le risorse saranno garantite, ma sarà necessario aprire un tavolo di confronto per capire bene quali ricadute ci saranno sugli stipendi degli agenti di Polizia penitenziaria e di tutti gli altri lavoratori del settore.
C’è chi parla di 8 miliardi, chi di 6. Staremo a vedere. L’unica cosa che possiamo dire è che ci hanno anticipato una vacanza contrattuale una tantum per la quale dovrebbero arrivare nelle tasche dei poliziotti, entro dicembre, circa 700 euro lordi. Bisognerà vedere quanto rimarrà per il tavolo contrattuale.
Ciò che voglio sottolineare è che i poliziotti penitenziari fanno un lavoro duro e complesso. Non intendiamo mollare, ma ci aspettiamo un segnale da parte del Governo e dell’amministrazione».