C’era anche il sindaco Roberto Gualtieri alla cerimonia per ricordare i 1023 ebrei romani finiti nel campo di concentramento nazista di Birkenau dopo il rastrellamento del Ghetto di Roma. Oggi, lunedì 23 ottobre, una delegazione della Capitale ha ricordato l’arrivo di quel treno nel campo nelle vicinanze di Auschwitz.
Gualtieri ha deposto una pietra e una corona sulla judenrampe di Birkenau, proprio sui binari ferroviari in cui i vagoni arrivarono a destinazione. Era il 23 ottobre 1943: esattamente 80 anni fa. Della nutrita rappresentanza capitolina hanno fatto parte anche alcuni assessori e il vice sindaco, rappresentanti della Comunità Ebraica di Roma e della Fondazione della Shoah.
C’erano anche due sopravvissuti agli orrori di Birkenau, Sami Modiano e Tatiana Bucci, oltre ai familiari di quei 16 ebrei romani che riuscirono a tornare a casa. Ma soprattutto c’erano oltre 200 studenti provenienti da otto istituti dell’area metropolitana romana.
Le scuole hanno infatti deciso di prendere parte al Viaggio della Memoria organizzato dal Campidoglio. Un’occasione preziosa per conoscere con i propri occhi e per non dimenticare.
Gualtieri a Birkenau: “Shoah punto più basso dell’umanità”
A margine della commemorazione, il primo cittadino romano ha ribadito l’importanza di ricordare ed elaborare in continuazione “il punto più basso raggiunto dall’umanità”.
Quella di Roma fu una deportazione terribile, quelle 1023 persone furono deportate perché entrate a far parte di questo piano di sterminio di un intero popolo e attuato con lucida follia ma anche burocratica micidiale determinazione. E se nel tempo ci sono stati tanti efferati periodi, nessuno ha però raggiunto quell’abominio, e proprio per questo la Shoah ha purtroppo una sua unicità.
Secondo Gualtieri, la memoria della Shoah deve essere “un pilastro della nostra capacità di andare avanti e far sì che non si ripeta”.
Lo dobbiamo alle vittime, ai familiari di quei 16 che sopravvissero, lo dobbiamo a noi stessi e alle generazioni future per costruire un futuro migliore. E per costruirlo non si può rimuovere il passato, perché solo così possiamo creare gli anticorpi. Bisogna fare tesoro della forza e dell’insegnamento dei sopravvissuti e fondere il nostro senso civico per costruire una società diversa che deve andare avanti e non deve dimenticare l’abominio che c’è stato.
Visibilmente scosso Sami Modiano, che non è riuscito a trattenere la commozione nel rivivere quei momenti nel campo 2 di Auschwitz. Scampato allo sterminio, oggi ha 93 anni. Negli occhi, offuscati dalle lacrime, c’è ancora quella judenrampe dove i treno merci terminavano la loro corsa, con a bordo umani trattati come bestie.
La sopravvissuta Tatiana Bucci: “Oggi ho il cuore gonfio”
Da quel posto, più di un milione di persone non è più tornato, ma Modiano è lì come testimonianza di quanto accaduto. Accanto a lui anche Tatiana Bucci, oggi 86enne, deportata nel 1944 quando era ancora una bambina con la sorellina Andra, la madre, la nonna, la zia e un cugino.
Lei e la sorella si sono salvate grazie ai sovietici, che liberarono il campo nel 1945. I suoi pensieri vanno ai tanti bambini che non hanno avuto la stessa sorte.
Ho in testa i bambini… Non dovrebbero soffrire. Oggi mi sento il cuore particolarmente gonfio. Non ci sono risposte sul perché siamo sopravvissute. E ho in testa i bambini… non dovrebbero soffrire, i bambini.