Lo sdegno, il dolore e la rabbia corrono sui social: qualcuno ha ucciso a fucilate Bambotto,  il cervo mascotte cresciuto tra le strade di Pocol e divenuto beniamino di paesani e turisti.

Hanno ucciso Bambotto, il cervo mascotte di Pecol, amato da paesani e turisti

Ti mangiava nelle mani lui. Passeggiava tranquillo per le strade del paese e quando qualcosa lo incuriosiva non esitava a tentare di entrare nelle tane dei suoi amici umani per capirne di più, e a fine giornata spesso si addormentava rannicchiato sugli usci delle case. Tutti lo conoscevano a Pecol, Bambotto, il cervo compaesano, e tutti gli volevano bene. Molti avevano contribuito addirittura a crescerlo e proteggerlo da quando, sette anni fa, la mamma Minerva lo aveva lasciato sullo zerbino di un bravo umano, sicura che non avrebbe mai fatto male a quel cucciolo. Perché anche mamma Minerva frequentava quel paese e aveva capito che era pieno di brave persone e non bisognava avere tanta paura.

Bambotto, la paura della gente di Pocol non l’ha avuta mai. Quelle strade, quelle case, erano la sua casa e quelle facce, quelle persone erano la sua famiglia. Bambotto era il cervo mascotte del paese, rubacuori di residenti e turisti, docile, socievole, sempre in cerca di un buono spuntino e capace di chiedere carezze fino ad addormentarsi.

Pecol piange il cervo Bambotto ucciso a fucilate, ma la legge vigente lo permette

La vita di Bambotto, il cervo di Pecol, viene raccontata così dai suoi tanti amici umani che gli volevano bene, sui social o sulla stampa locale che si è occupata per prima di diffondere la notizia che quella creatura pacifica e mansueta non c’è più. Qualcuno ha ucciso a fucilate il cervo cresciuto a Pacol e l’indignazione corre in queste ore sui social, insieme alle polemiche.

A prevalere sono le frasi piene di tristezza per la perdita di un elemento che, evidentemente, per la piccola comunità montana era importante, se non addirittura distintivo. Quanti paesi possono dire di aver allevato un cervo, di averlo fatto crescere e di condividere con un animale bello e nobile, ma anche simbolo di timidezza, la propria quotidianità. Un’impresa possibile grazie all’affetto reciproco tra il paese e l’animale, affetto che oggi, nel giorno in cui arriva la notizia della sua morte si trasforma in dolore, si dolore.

Bambotto è stato ucciso a colpi di fucile da un ragazzo di 23 anni che ha deciso di mettere fine alla sua tranquilla, mansueta e probabilmente soddisfacente vita.

Insieme al dolore, nelle ore successive alla notizia dell’uccisione del cervo di Bambotto sono arrivate anche le polemiche, non solo da parte degli abitanti di Pecol ma anche in sede istituzionale. A sollevare la questione è stato un consigliere regionale del Pd, Andrea Zanoni, che ha sottolineato polemicamente che il gesto del giovanissimo cacciatore che sta tanto rattristando la comunità di Pacol, è un gesto in realtà che rientra nella regolarità.

La legge sulla caccia e il calendario venatorio della Regione Veneto infatti consentono che un cacciatore uccida in questa stagione un cervo, anche se è un cervo speciale, un cervo che è meno intimorito e più confidente degli altri rispetto agli esseri umani e che quindi molto probabilmente, dopo sette anni di convivenze e avventure con gli umani aveva anche abbassato la guardia, visto che per lui erano soprattutto quelli che lo nutrivano, lo carezzavano, lo coccolavano e lo trattavano da compagno delle loro giornate. E chissà, forse Bambotto si aspettava una carezza anche dal cacciatore che lo ha finito a fucilate.