Parte idealmente dalla Festa del Cinema di Roma la carriera da regista di Michele Riondino. E, per la sua prima apparizione dall’altra parte della macchina da presa, il 44enne attore tarantino ha scelto un tema difficile, ma che ben conosce per le battaglie politiche che ha portato avanti nella sua vita. Il titolo del film è “Palazzina Laf“, che ha iniziato a scrivere sette anni fa a quattro mani con Maurizio Braucci, e propone tutti i racconti, il più delle volte assurdi, raccolti intorno all’Ilva di Taranto e alle incredibili pieghe della burocrazia.

Presentato alla Festa del Cinema di Roma “Palazzina Laf”, esordio alla regia di Michele Riondino

Anche ieri, qui a Roma – ha ricordato Riondino rispondendo a Thomas Cardinali di Tag24.it – c’è stata una manifestazione dei metalmeccanici ex Ilva. Il problema è che quell’azienda è stata già chiusa dal mercato, ma il governo e la politica nel suo complesso non lo vogliono capire. Non è il cinema a dover trovare una soluzione. Io, da attivista, ho impiegato tanti anni per prepararmi e arrivare a oggi e dire la mia verità, esprimere la mia opinione con la mia grammatica. Contraddittorio? Magari, lo aspetto. Il problema è che non veniamo mai presi in considerazione.

Riondino sottolinea le tante incertezze su un futuro che, sottolinea, non può prevedere l’acciaio.

Come associazione abbiamo studiato anche un percorso che abbiamo chiamato Piano Taranto, consistente nel reimpiego della forza lavoro per lo smantellamento, ma è stata preferita la cassa integrazione. Lo dicevamo già nel 2012 e siamo stati ignorati. Questo è un film su gente chiusa in una palazzina che viene pagata per non fare nulla. Oggi abbiamo 3.500/4.000 persone a casa senza fare nulla che continuiamo a pagare noi contribuenti. Ci sono tanti settori su cui i sindacati potrebbero concentrarsi e invece continuiamo a essere legati all’industria dell’acciaio e a un futuro che non può prevederlo.

Il film racconta il primo eclatante caso di mobbing in Italia

Oltre allo stesso Riondino, “Palazzina Laf” vede tra i protagonisti anche Elio Germano e Vanessa Scalera e racconta il primo eclatante caso di mobbing in Italia. La palazzina del film è una sorta di spazio punitivo attiguo all’Ilva di Taranto dove i dipendenti, privati totalmente delle proprie mansioni, trascorrono stancamente il tempo fino alle dimissioni, viste a quel punto come una liberazione. Libertà, per il protagonista Caterino La Manna costretto a fare la spia sui colleghi, è invece proprio quel luogo. Quando vi finisce, però, iniziano i veri guai.