Perché mangiando alcuni alimenti aumenta la fame? Sarebbero proprio delle specifiche sostanze contenute nei cibi ad accrescere il desiderio di fame e di conseguenza causare pericoli per la salute e predisposizione ad ingrassare.
Un recente studio di ricerca condotto congiuntamente dall’Università della California, da quella dell’Arizona ed in collaborazione con il Buck Institute for Research on Aging ha infatti dimostrato per la prima volta che mangiare alcuni alimenti stimola maggiormente la fame.
Perché mangiando alcuni alimenti aumenta la fame: le sostanze responsabili
L’appetito vien mangiando. È proprio il caso di dirlo.
Secondo i risultati dello studio, pubblicati sulla rivista scientifica eLife, la tendenza ad ingrassare e lo stato di sovrappeso di alcune persone sarebbero da attribuire al consumo di alcuni specifici alimenti. Infatti questi cibi conterrebbero sostanze in grado di attivare e stimolare la fame e di conseguenza innescare un meccanismo mentale in cui l’organismo continua a chiedere lo stesso prodotto in modo incontrollato.
Era infatti già noto come alcuni cibi saporiti, come i fritti o i dolci, aumentassero il desiderio di continuare ad alimentarsi, invece che saziare la fame. Lo studio di ricerca ha però individuato scientificamente quale meccanismo entri in azione in questo caso.
Le sostanze che stimolano questo fenomeno sono alcuni composti chimici, generati dall’assunzione combinata di zuccheri, proteine e grassi e che vengono identificate con la sigla AGE.
L’organismo umano è infatti progettato per sfruttare un periodo di abbondanza. Irrazionalmente si innesca un processo in cui si cerca di immagazzinare il più possibile di calorie. L’eccesso di alimentazione viene poi accumulato sotto forma di grasso e serve come riserva per possibili periodi di digiuno.
La ricerca di fonti ipercaloriche porta quindi a preferire il consumo di alimenti ricchi di zuccheri semplici e complessi. Sarebbe dunque proprio la predisposizione genetica ad aver un peso specifico in questo meccanismo.
Cosa sono gli AGE
Gli AGE sono prodotti da reazioni chimiche tra amminoacidi e zuccheri. Sono anche chiamati prodotti della “glicazione avanzata” e nascono solo ad alte temperature. Ecco perché fritture o grigliate hanno una notevole quantità di queste sostanze. È infatti la reazione degli AGE a conferire ad esempio la colorazione brunastra nella cottura della carne.
Queste sostanze darebbero quindi al cibo una caratteristica irresistibile. Tuttavia l’abbondante e prolungata assunzione di questi alimenti potrebbe indurre infiammazioni ossidative, irrigidimento dei vasi sanguigni, ipertensione, malattie neurologiche e insufficienze renali. Accumulare una grossa quantità di questi sottoprodotti metabolici potrebbe essere la principale causa di invecchiamento dei vari organi. Infatti una volta immagazzinati, gli AGE non possono essere più espulsi dall’organismo.
Il legame con il desiderio di fame
Il team scientifico ha quindi analizzato un gruppo di vermi nematodi. Solo alcuni esemplari sono stati completamente purificati da sostanze AGE in modo da studiarne gli effetti. L’aumento di fame e desiderio nei confronti di alcuni prodotti è un processo subordinato all’azione della tiramina, un’ammina che innesca la secrezione di dopamina, adrenalina e noradrenalina.
I risultati della ricerca hanno anche mostrato come i vermi che non riuscivano più a metabolizzare gli AGE avevano una riduzione della speranza di vita del 25-30%.
Lo studio ha quindi messo in evidente correlazione lo stimolo biochimico della fame con il consumo di sostanze AGE. Sebbene questi cibi risultino però più allettanti, il rischio sul loro consumo non si limita solo ad una predisposizione all’ingrassamento. Non si conoscono infatti ancora con precisione quali possano essere gli effetti a lungo termine sul nostro organismo.
Investigare al meglio come il processo di segnalazione biochimica in relazione agli alimenti ricchi di AGE può portare ad importanti risultati nella dieta.
Lo studio ha infatti mostrato come assumere una grossa quantità di questi composti chimici possa indurre facilmente obesità, e nei casi più gravi anche malattie neurodegenerative.