Da giorni le frasi e atteggiamenti del giornalista Andrea Giambruno, ormai ex compagno della premier Giorgia Meloni, stanno animando il dibattito dell’opinione pubblica e dei social. “Striscia la notizia” ha mostrato alcuni fuorionda in cui Giambruno dice delle frasi volgari alle colleghe: “Come amore? Sai che io e … abbiamo una tresca? Lo sa tutta Mediaset, adesso lo sai anche tu… Però stiamo cercando una terza partecipante, facciamo le threesome. Anche le foursome“.
La puntata di oggi 20 ottobre di “AAA – Stabilità Cercasi“, in onda su Radio Cusano Campus e condotta da Livia Ventimiglia e Simone Lijoi, ha raccolto il commento di Isabella Ferretti, avvocato del Foro di Torino-Studio Legale di Genere. La dottoressa Ferretti ha commentato le frasi di Giambruno catturate da un fuorionda di “Striscia la notizia“, che potrebbero avere avuto un ruolo nella separazione del giornalista con la premier Meloni.
Molti hanno accusato Giambruno di molestie verso la collega, considerato il tenore delle frasi rivolte alla sua collega. A tal proposito l’avvocato Ferretti dello studio “Le Avvocate” dice: “Non c’entrano le ragioni politiche, la responsabilità è del solo Giambruno: il legislatore deve però intervenire con una legge adatta“.
L’avvocato Ferretti sulle frasi moleste di Giambruno durante il fuorionda: “Le responsabilità è solo sua, ma non c’è una norma per le molestie sul posto di lavoro”
Livia Ventimiglia e Simone Lijoi iniziano la loro intervista dicendo che l’obiettivo è di non scendere nel gossip, ma scoprire il perché un giornalista di fama nazionale abbia deciso di rivolgersi con parole scurrili e volgari ad una sua collega, mentre non era in onda durante la sua trasmissione “Diario del giorno“. Sono molti anni che si parla di quale sia il limite da non oltrepassare quando si è su un luogo di lavoro, specie nel caso in cui è un uomo a rivolgersi ad una donna.
Secondo gli ultimi dati disponibili, sono ancora troppo poche le donne che scelgono di denunciare le molestie verbali e fisiche subite sul posto di lavoro. L’avvocato Ferretti concorda con Ventimiglia e Lijoi e aggiunge:
“Il fatto che il giornalista Giambruno sia ben noto per ragioni politiche a mio avviso è irrilevante. La sua responsabilità è personale, quello che lui ha detto nei fuorionda apparsi su Striscia la Notizia è ascrivibile esclusivamente a lui: ma dobbiamo tutti quanti interrogarci sullo stato della normativa attuale se adeguata o meno“.
Non sarebbero in gioco quindi l’opinione politica del giornalista o la relazione con la premier, quanto il valore vero e proprio delle parole dette nella pausa fra una diretta e l’altra. Se l’opinione pubblica, specie sui social, ha già condannato Giambruno, l’avvocato Ferretti si sposta sul piano legale e indica una grave mancanza legislativa:
“Dobbiamo distinguere due piani: i casi in cui parliamo di violenze sessuali sul luogo di lavoro e le molestie sessuali sul posto di lavoro che non sono disciplinate dal nostro legislatore. Quindi la donna prima di partire con una denuncia ci pensa mille volte: il sommerso in questo fenomeno è elevatissimo, probabilmente perché manca un reato specifico. Questa tematica è oggetto di dibattito in Parlamento da diverso tempo: l’Organizzazione internazionale del lavoro aveva proposto una normativa nel 2019 e ci sono disegni di legge discussi nella precedente legislatura e che ora sono purtroppo un po’ fermi. La volontà è quella di introdurre un reato specifico, che al momento non c’è”.
Esiste quindi una lentezza legislativa che non giova alle donne che subiscono molestie sessuali sul luogo di lavoro e ciò ha importanti ripercussioni anche sul numero di denunce fatte a tal proposito.
“Le donne hanno paura di denunciare perché pensano: verrò presa sul serio?”
Ventimiglia e Lijoi spostano poi il discorso sui luoghi di lavoro: fanno l’esempio della propria redazione, molto affiatata e dove si passano tante ore assieme. Quando c’è così tanta confidenza, sorge un dubbio: cosa è e cosa non è molestia, quando i colleghi vogliono scherzare gli uni con gli altri?
“C’è un fil rouge che vedo: la tendenza in questa materia è sempre quella di sminuire anche in casi efferati, “ma si scherzava, insomma…!”. Un conto è lo scherzo e bisogna usare il buon senso: non vogliamo essere bigotti, puritani, scherzare fa parte della vita, trasmigrare in un tono offensivo e denigratorio non fa ridere nessuno. Non è mai un sottoposto che parla, c’è sempre una disparità di posizione“.
“Nel momento in cui dici: “Perché non vieni con noi a fare cose a tre?” è offensivo, non fa ridere”: l’avvocato Ferretti ci tiene a sottolineare questo passaggio, perché indica come la sessualizzazione e l’oggettificazione del corpo della donna partano sempre da chi (generalmente un uomo) ha posizioni di potere nei luoghi di lavoro e considera le battute a sfondo sessuale come un qualcosa che si può usare a prescindere da chi si ha di fronte.
Di fronte alla paura di perdere il proprio lavoro, molte donne quindi esitano a denunciare. Oltre ad uno specifico vuoto legislativo, ci sono all’opera diversi timori, anche più concreti: chi denuncia non riceverà lo stipendio? Verrà presa sul serio? I colleghi ne sparleranno? Di fronte a queste difficoltà, l’avvocato Ferretti però aggiunge:
“Volevo dare un messaggio positivo: in sede penale il reato è quello, forse sarebbe opportuno che il legislatore intervenisse, ma c’è un obbligo molto preciso per il datore di lavoro di garantire l’incolumità fisica e mentale dei lavoratori. Il datore di lavoro che viene a sapere che nel suo luogo di lavoro sono state poste in essere delle molestie deve intervenire: basta esporre il fatto a chi di dovere, ormai ci sono gli uffici preposti o la “consigliera di parità“, una persona preparata sulla materia, con cui il lavoratore può interfacciarsi senza dare commenti. A quel punto deve nascere un meccanismo virtuoso di sanzionare queste condotte e di prevenire queste condotte: tutto quello che si dice in tema di violenza di genere è che bisogna approfondire il tema della prevenzione e dell’educazione, soprattutto nelle aziende di grandi dimensioni, dove ci sono le risorse”.
Dove non arriva però il legislatore, però, ci dovrebbero arrivare le aziende: dare la possibilità di denunciare in sicurezza crea un clima di fiducia che tutti (uomini e donne) possono sfruttare per creare un posto di lavoro rispettoso di tutti i dipendenti. Ferretti aggiunge che esistono anche altre opzioni per chi vuole denunciare molestie sul lavoro, superando l’inevitabile iniziale imbarazzo:
“E’ imbarazzante, non è facile: non bisogna sminuire, se capitasse a me e mi rivolgo all’azienda, penso “mi posso fidare?”. Se l’azienda è competente, si sparge la voce e la lavoratrice si sente tranquilla. Quando non c’è, bisogna rivolgersi al di fuori dell’azienda a persone competenti, sennò rivolgersi alla consigliera di parità del proprio comune o anche al proprio sindacato, che fa molti corsi di formazione”.
Gli ultimi commenti sulla vicenda, infine, non sono utili: “Se mi rivolgo a qualcuno che poi sminuisce è avvilente: la si butta un po’ in caciara“. Il timore è che le frasi moleste di Giambruno non vengano contestualizzate nella giusta luce, nascondendo tutto nel più becero gossip.