Più di due persone su tre in Israele ritengono che il Primo Ministro Benjamin Netanyahu abbia delle colpe in merito ai fatti successi il 7 ottobre scorso. I numeri sono riportati dal quotidiano Maariv, che delinea come sia l’80% degli israeliani a chiedere un’ammissione pubblica delle proprie responsabilità.

Guerra Israele-Gaza: l’80% degli israeliani ritiene che Netanyahu abbia colpe

La presa di posizione del leader israeliano non sarebbe di certo la prima ma, forse, quella più rilevante. Al momento hanno già dichiarato di assumersi le proprie responsabilità il ministro della Difesa e quello delle Finanze, oltre che i capi di IDF e dello Shin Bet, rispettivamente le Forze di difesa israeliane e l’agenzia di intelligence.

Una percentuale quasi altrettanto elevata rappresenta coloro che richiedono le ammissioni di Netanyahu nonostante il voto al suo partito, il Lukud, nelle elezioni dello scorso anno: ben il 69%. Solo l’8% dei cittadini israeliani afferma di non pensare che il premier abbia colpe in merito. Fin dalle prime ore dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso, tuttavia, si è vociferato di falle più o meno gravi nella difesa israeliana, causati probabilmente anche dalla sottovalutazione del nemico.

Guerra Israele-Gaza: Abu Mazen si è rifiutato di sentire Biden

Il presidente degli USA Joe Biden è appena rientrato dal viaggio a Tel Aviv, dove ha incontrato le autorità israeliane e le famiglie degli ostaggi ancora in mano ad Hamas. Il capo della Casa Bianca avrebbe dovuto parlare anche con il Presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen, questi però avrebbe rifiutato una chiamata.

La fonte dell’indiscrezione è rimasta anonima ma non sembrano arrivare smentite e l’ipotesi è ritenuta verosimile. L’equilibrio dell’area è estremamente precario e un incontro tra l’autorità palestinese e Biden, poco dopo l’abbraccio tra il presidente USA e Netanyahu, sarebbe visto come un tradimento dal suo popolo. Oltre al rifiuto alla telefonata, il leader palestinese è stato anche il primo a cancellare la partecipazione alla conferenza ad Amman. In seguito sarebbe però arrivato il passo indietro del re di Giordania Abdullah e del presidente egiziano al-Sisi.