Come e perché si è suicidato Pietro Vanacore, detto Pietrino? La sua storia è strettamente legata allo stabile di Via Poma a Roma, dove lavorava come portiere e dove si consumò il delitto di Simonetta Cesaroni, il 7 agosto 1990.

Pietro Vanacore, come e perché si è suicidato?

Pietro Vanacore si è suicidato a Maruggio, vicino a Taranto, nel marzo del 2010. Il suo cadavere è stato ritrovato in mare, legato a un albero su una scogliera, dopo aver ingerito una sostanza tossica. Non sono stati riscontrati segni di violenza sul suo corpo durante una prima ispezione medica.

Pietrino Vanacore si era trasferito nella sua terra d’origine, a Monacizzo, non lontano dal luogo del suicidio. Soffriva profondamente a causa delle continue accuse e sospetti che lo avevano circondato per due decenni, vivendo una vita segnata dalla pressione e dall’isolamento. Lasciò due biglietti con le stesse parole, in cui menziona “venti anni di sofferenze e sospetti” come motivazioni del suo gesto.

Questo tragico evento si è verificato poco prima di un’udienza del processo per l’omicidio di Simonetta, nel quale Raniero Busco, l’ex fidanzato di Simonetta, era l’unico imputato. Pietrino Vanacore avrebbe dovuto deporre come testimone in questo processo.

L’arresto e l’assoluzione per il delitto di Via Poma

Vanacore era stato arrestato il 10 agosto 1990, tre giorni dopo la morte di Simonetta, ma è stato prosciolto nel 1993. Dopo l’assoluzione, aveva deciso di lasciare Roma e condurre una vita tranquilla nella sua terra natale.

Ma perché fu accusato di omicidio? Nella scena del crimine, alcuni degli indumenti di Simonetta sono stati rimossi, mentre la sua borsa è stata evidentemente rovistata e manomessa. Dalle indagini emerge che le chiavi della borsa sono state prelevate e utilizzate per chiudere l’appartamento. Questa mossa sembra suggerire che l’assassino avesse intenzionalmente cercato di far apparire di essere entrato attraverso la porta rimasta aperta da Simonetta, piuttosto che utilizzare le sue chiavi personali.

Questi dettagli rilevanti conducono gli investigatori a concentrare le loro indagini all’interno dell’edificio residenziale di prestigio. Sospettano che il colpevole abbia un legame con il palazzo stesso, considerando l’accesso limitato agli uffici e il fatto che l’omicida sembrava ben orientato all’interno dell’edificio.

Le autorità decidono di confrontare il DNA trovato sul sangue alla porta con quello di alcuni individui ritenuti sospetti. Questo processo di analisi del DNA scagiona ben 29 persone, tra cui Vanacore. Quest’ultimo era stato inizialmente sotto stretta osservazione degli investigatori poiché, nel lasso di tempo in cui l’omicidio è avvenuto (tra le 17:30 e le 18:30), non era stato visto con gli altri portieri nel cortile. Tuttavia, dopo 26 giorni di detenzione, Vanacore fu rilasciato per mancanza di prove concrete a suo carico.