Sono passati 35 anni dal giorno in cui i due fidanzati Luca Orioli e Marirosa Andreotta furono trovati morti a Policoro, in provincia di Matera, nell’abitazione di lei. Era il 1988. Le indagini sul caso sono state archiviate nel 2012. Ma sui risultati a cui si è arrivati c’è chi ancora, come la madre del ragazzo, nutre dei dubbi. La donna, oggi 82enne, è tornata a lanciare un appello, rivolgendosi direttamente al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: la sua speranza è che si possa finalmente fare luce sull’accaduto.
La storia dei due fidanzati morti a Policoro e l’appello della madre di lui
Al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che mi ha ricevuta due anni fa, e si è commosso per la mia storia, chiedo un impegno affinché si proceda ad una revisione del caso di Luca, alla luce anche delle evidenze emerse dall’ultima perizia. Non è possibile che lo Stato stia ancora a guardare e rimanga indifferente.
Con queste parole, rilasciate ai microfoni dell’Agi, la madre di Luca Orioli ha rivolto un nuovo appello alle autorità per riaprire il caso del figlio e della fidanzata Marirosa Andreotta, trovati morti il 23 marzo 1988 a Policoro. Un caso dai contorni misteriosi, archiviato nel 2012 come “incidente”: una versione dei fatti che non convince molti.
Entrambi originari della Basilicata, i due ragazzi studiavano fuori, all’università: lei a Napoli, lui a Milano. Da poco erano tornati a Policoro quando, rincasando, la madre di lei li aveva trovati senza vita all’interno del bagno dell’abitazione di famiglia. Il corpo di Luca era riverso a terra, quello della figlia nella vasca da bagno. Entrambi presentavano segni di colluttazione.
Secondo chi indagò, sarebbero morti dopo aver inalato il monossido di carbonio fuoriuscito da uno scaldabagno malfunzionante. Eppure degli elementi non tornerebbero.
Lo stesso medico legale che nel 2012 decretò la morte per monossido di carbonio facendo chiudere il caso, il 5 aprile di quest’anno a Pomeriggio Norba – spiega la signora – ha affermato, smentendosi, che ‘quel quantitativo di monossido non poteva fare morire due persone’,
facendo intendere che dietro al delitto potrebbe celarsi altro.
Le indagini, fino all’archiviazione del caso
Negli anni si è ipotizzato di tutto. I cadaveri dei due giovani furono addirittura riesumati, per svolgere nuovi accertamenti. Non si arrivò a nulla. Si parlò di una scarica elettrica, poi di festini o “giochi” finiti male. Fu avanzata anche la pista dell’omicidio, non ritenuta credibile per la mancanza di elementi. Ma si mise anche in evidenza che forse il luogo del ritrovamento dei corpi fosse stato artefatto, che le eventuali tracce di sangue fossero state cancellate.
Per sciogliere almeno alcuni dei nodi della questione si dovrebbe tornare ad indagare, come i familiari delle vittime hanno più volte ribadito. Olimpia, che ormai ha perso anche il marito, non si dà pace.
Dopo anni di perizie e di autopsie false e denaro speso per i legali mi ritrovo che nessuna Procura si sia resa conto del danno arrecato al giusto diritto, ormai chiaramente leso. Io credo che una Procura seria non possa ignorare un dato così sconcertante. Imploro il presidente della Repubblica affinché possa richiedere una seria revisione del caso e non certo alla Procura di Matera,
ha proseguito, facendo intendere che le mancano i mezzi per andare avanti in questa battaglia.
In 35 anni mi hanno dissanguata – ha concluso -. Credo fermamente che si possa sempre riparare. Sono pronta a perdonare, l’importante è che il caso venga riaperto.
E che suo figlio e la sua compagna ottengano, finalmente, la giustizia che meritano.
Le ultime notizie riguardanti il cold case di Chiavari
Si sono chiuse, a 27 anni dai fatti, le indagini riguardanti l’omicidio di Nada Cella, la 24enne trovata morta nello studio in cui lavorava come segretaria il 6 maggio 1996. Dopo anni di accertamenti e false piste, una donna è stata iscritta nel registro degli indagati ed è ora accusata di omicidio volontario aggravato: Annalucia Cerere.
Sarebbe stata lei ad uccidere la giovane, per motivi passionali: si era invaghita del capo, che a sua volta era attratto dalla vittima. Anch’egli è indagato per la vicenda: insieme alla madre anziana deve rispondere di “false dichiarazioni” e “favoreggiamento”. Negli attimi immediatamente successivi al ritrovamento del corpo della 24enne chiamarono i soccorsi parlando di una “brutta caduta” e cancellando le tracce lasciate dall’assassina sulle scale del condominio e l’androne del palazzo.
Il cold case potrebbe essere vicino ad una svolta. Mancano i rinvii a giudizio e le condanne. Poi la storia, che ricorda a molti quella di via Poma, a Roma, potrà considerarsi chiusa. In questo articolo abbiamo parlato degli ultimi sviluppi con l’avvocato della famiglia, Sabrina Franzone: Chiuse le indagini. “Passo importante, tante domande hanno finalmente trovato una risposta”.