Nel contesto turbolento della politica internazionale, pochi temi sono tanto dibattuti quanto le decisioni prese dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) in merito al conflitto tra Israele e Palestina. In particolare, molto dibattuta negli ultimi tempi, è la Risoluzione ONU 242 del 1967, che ovviamente hanno due interpretazioni diverse, da parte pro-israeliana e da parte pro-palestinese.
Cos’è e cosa dice la Risoluzione ONU n. 242 1967
Dopo la Guerra dei Sei Giorni, combattuta nel 1967, il Consiglio di sicurezza dell’ONU si trovò di fronte alla necessità di affrontare le ripercussioni di tale conflitto. Così, il 22 novembre dello stesso anno, fu approvata la Risoluzione n. 242. Questo documento, oltre a evidenziare l’inammissibilità dell’uso della guerra come mezzo per acquisire territori, ha posto delle condizioni chiare:
- Il ritiro delle forze armate israeliane dai territori conquistati durante il conflitto.
- La libertà di navigazione attraverso le vie d’acqua internazionali.
- Una soluzione equa al problema dei rifugiati palestinesi.
- La necessità di garantire l’integrità territoriale e l’indipendenza politica di ogni stato nella regione.
Tuttavia, la risoluzione ha suscitato dibattiti, dovuti alle differenze tra le versioni inglese e francese del documento. Mentre la versione inglese parla del ritiro “da territori”, quella francese sembra suggerire un ritiro dai territori, indicando un ritiro totale. Questa differenza ha causato interpretazioni varie e ha rappresentato un ostacolo nei tentativi di pace successivi.
La Risoluzione ONU n. 273 del 1949
Prima della Risoluzione n. 242, c’era stata la Risoluzione n. 273 del 1949, attraverso la quale Israele era stato ammesso all’ONU. Israele aveva assunto l’impegno di rispettare e seguire le direttive dell’ONU. Questa risoluzione ha quindi stabilito un precedente importante per il rapporto tra l’organizzazione internazionale e lo stato di Israele.
La Risoluzione ONU n. 338 del 1973
Alcuni anni dopo la Risoluzione n. 242, nel 1973, il Consiglio di sicurezza ha adottato la Risoluzione n. 338. Quest’ultima ribadiva la necessità di implementare quanto stabilito dalla Risoluzione n. 242, in modo da garantire una soluzione pacifica e duratura alla situazione. Oltre a chiedere il cessate il fuoco relativamente alla Guerra dello Yom Kippur, si richiedeva esplicitamente di applicare la Risoluzione n. 242.
Il ruolo degli Stati Uniti
Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha sempre avuto un ruolo cruciale nel decidere le risoluzioni riguardanti Israele e la Palestina. Paesi come USA, Russia, Francia, Inghilterra e Cina sono membri permanenti e detengono il diritto di veto. In numerose occasioni, gli Stati Uniti hanno usato il loro potere di veto per bloccare o modificare risoluzioni ritenute sfavorevoli ad Israele. Questo sostegno ha spesso influenzato le dinamiche e le decisioni prese.
La Risoluzione ONU n. 242 del 1967: il contesto storico
La Guerra dei Sei giorni, un importante evento del 1967, ha segnato una tappa cruciale nella storia del Medio Oriente. Tuttavia, i mesi successivi hanno visto un’effervescenza di dibattiti all’ONU, culminati proprio con l’adozione della Risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza il 22 novembre dello stesso anno. Questa intensa attività diplomatica si inseriva in un contesto geopolitico abbastanza complesso, in quanto rifletteva non solo le complessità del conflitto arabo-israeliano ma anche le dinamiche della Guerra Fredda tra USA e URSS.
Una delle peculiarità della Risoluzione 242 è che si basava sul Capitolo VI della Carta dell’ONU, che riguarda le dispute territoriali, e non sul Capitolo VII, legato alle guerre d’aggressione. Questa scelta ha rafforzato la percezione della guerra come un’azione difensiva da parte di Israele, contrariamente a quanto sostenuto da alcune bozze proposte da nazioni alleate dell’Unione Sovietica.
La Risoluzione ONU n. 242 del 1967 e il problema della lingua
La lingua in cui una risoluzione viene redatta e approvata ha un impatto significativo sul suo significato e interpretazione. La Risoluzione 242 è stata originariamente presentata in inglese, e il suo testo è diventato il fulcro del dibattito al Consiglio di Sicurezza. Ma, come anticipato, è stato il suo adattamento in altre lingue, come il francese, a creare ambiguità, dando adito a interpretazioni diverse riguardo alla natura della guerra e all’estensione del ritiro delle truppe da parte di Israele.
L’essenza della Risoluzione 242 è racchiusa nel concetto di “terra in cambio di pace“. Questo significa che, mentre Israele sarebbe stato chiamato a ritirarsi dai territori conquistati, non era implicito che dovesse farlo da tutti. Questo ritiro era condizionato dal riconoscimento di Israele da parte delle nazioni che l’avevano attaccato e dall’istituzione di confini internazionali definiti.
La Risoluzione 242 ha gettato le basi per future iniziative diplomatiche, come la Risoluzione 338 del 1973. Quest’ultima ha ribadito l’approccio “terra in cambio di pace“, definendo ulteriormente il processo di pace in Medio Oriente. Tuttavia, la Risoluzione non è mai stata rispettata. Con l’emergere dell’OLP e i cambiamenti nel panorama geopolitico, la strategia diplomatica della regione ha continuato a evolversi, mostrando la complessità e l’importanza delle decisioni prese in ambito ONU.