Carmela Fabozzi fu uccisa con un vaso all’interno della sua abitazione di Malnate, nel Varesotto, il 22 luglio 2022. Il suo caso è ora approdato in aula, dove oggi, 18 ottobre, è stato sentito uno dei numerosissimi teste (43, in totale).

Mi hai rovinato la vita,

avrebbe urlato il figlio della vittima contro l’imputato, il 67enne Sergio Domenichini, accusato di omicidio volontario a scopo di rapina pluriaggravato, nel corso dell’udienza odierna. Ecco la ricostruzione dell’accaduto e le ultime notizie.

Omicidio di Carmela Fabozzi a Malnate, le ultime notizie: in corso il processo a Sergio Domenichini

L’omicidio si è consumato il 22 luglio dell’anno scorso. Rincasando a Malnate, in provincia di Varese, il figlio di Carmela Fabozzi aveva trovato il corpo della madre, 73 anni, riverso a terra, in una pozza di sangue: scioccato e addolorato, aveva iniziato a scuoterla, come se volesse svegliarla, urlando e attirando l’attenzione dei vicini di casa, che erano subito accorsi in suo aiuto.

Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini preliminari, la madre sarebbe stata colpita per ben 9 volte e uccisa con un vaso portaoggetti al culmine di una rapina. A processo è finito un certo Sergio Domenichini, 67 anni. Ex guardia giurata, l’uomo, accusato di omicidio volontario aggravato dai motivi abietti e futili, dalla crudeltà e dalla minorata difesa, era da qualche tempo volontario di un’associazione impegnata nell’assistenza degli anziani.

Avrebbe aggredito la vittima dopo averla privata dei suoi beni. Oggi in aula il figlio si è riversato contro lui, facendogli sapere che gli ha rovinato la vita. Un attimo prima il pm, nel ricostruire le dinamiche del delitto, aveva mostrato ai presenti le foto del cadavere della 73enne.

La ricostruzione dell’omicidio in aula: la testimonianza di un vicino

Ho sentito un lamento arrivare dall’appartamento al secondo piano. Sono salito, sono entrato in casa e ho visto il corpo della signora a terra nel corridoio, con il figlio in ginocchio che piangeva e urlava. Ricordo gli schizzi di sangue sulla parete e una pozza di sangue dietro la nuca della donna,

ha raccontato in aula uno dei vicini di casa della vittima, chiamato a testimoniare. A riportare le sue parole è il quotidiano locale La Prealpina. Sarebbe stato lui, negli attimi successivi all’omicidio, a tentare di rianimarla, mentre era al telefono con i soccorritori.

Ho chiamato il 118 e l’operatrice mi ha guidato al telefono – ha spiegato -, così ho praticato il massaggio cardiaco per qualche minuto, poi mio fratello mi ha dato il cambio e ha continuato fino all’arrivo dei soccorsi.

Purtroppo per l’anziana allora non c’era già più niente da fare. Il suo assassino era stato fermato solo un mese dopo, di ritorno da una vacanza a Lignano Sabbiadoro.

I rapporti tra vittima e carnefice

Da chiarire è in che rapporti fossero la vittima e il carnefice: più volte, da quando è iniziato il processo a carico di Domenichini, ci si è chiesto se i due si conoscessero e, nel caso, come fossero entrati in contatto. Potrebbe essere l’imputato l’uomo di cui Fabozzi aveva parlato a un amico di vecchia data, raccontandogli che era solito riportarla a casa in auto in cambio di qualche moneta?

Forse sì. E spiegherebbe anche l’incontro tra i due, visto che Domenichini era appunto volontario di un’associazione. Si tratta di uno dei tanti punti da chiarire. Da qui alla fine dell’anno si terranno altre cinque udienze, per fare luce sul caso. Sarebbero 43, in totale, i testimoni da ascoltare: persone che, per un motivo o per un altro, sarebbero entrate in contatto con la vittima e quindi potenzialmente informate dei fatti.

Finora quelli ascoltati, in gran parte vicini di casa della 73enne, avrebbero solo confermato le responsabilità dell’imputato, sostenendo di averlo visto aggirarsi nei pressi dell’abitazione di via San Vito, a Malnate, proprio il giorno dell’omicidio, in cerca di Fabozzi. A suo carico ci sarebbero gravi indizi di colpevolezza. In passato, del resto, era già stato accusato di aver sciolto delle benzodiazepine nella bevanda di un amico che lo ospitava in casa per rubargli anelli e altri oggetti da collezione.

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