Sempre meno persone ricorrono alla prevenzione ed alle cure odontoiatriche. Cerchiamo di capire le caratteristiche del fenomeno con il Prof. Maurizio Mancini, in questo nuovo capitolo della rubrica “Non solo trentatré”, curata dai Prof. Claudio Loffreda Mancinelli ed Enrico Ferri.
Laureato in Medicina e Chirurgia e in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università di Roma Tor Vergata. Diploma in odontoiatria Clinica, per aver partecipato al corso “School program and Clinical Periodontology ed Implant Dentistry”, direttore del corso Prof. Jan Wennstrom Università di Göteborg, Svezia. È coautore di quaranta pubblicazioni scientifiche ed ha collaborato alla stesura di due testi. Ha svolto attività di insegnamento presso L’Università di Tor Vergata, ed è stato Professore a Contratto presso l’Università di Camerino. Svolge attività libero professionale presso il proprio studio di Roma.
La sindrome della poltrona vuota
La crisi dell’economia italiana conferma il crollo della spesa sanitaria odontoiatrica, che genera incertezza negli Odontoiatri sia come sanitari sia come imprenditori, creando quel fenomeno noto come “La sindrome della poltrona vuota”. Ad esso sono legate altre realtà come una sempre più accentuata competizione fra medici odontoiatri, nell’offerta di servizi e terapie presentate a volte come capaci di risolvere i problemi più diversi e seri, competizione che si esprime anche con offerte a costi outlet fra studi odontoiatrici che si trovano nel territorio nazionale come pure in paesi vicini, ad esempio la Romania, l’Albania e la Moldavia. Cerchiamo di capire meglio, con il prof. Maurizio Mancini, noto ricercatore e odontoiatra romano, cause e caratteristiche della “sindrome della poltrona vuota”.
D: Professor Mancini, quali sono i dati e le cifre più caratterizzanti il fenomeno che si sta diffondendo negli studi dentistici, definito come “La Sindrome della Poltrona Vuota”?
R: “I dati ISTAT relativi alla spesa delle famiglie italiane, ultima rilevazione 2019, resa disponibile nel 2021, mostrano che solo il 16 % (una su sei), aveva speso denaro per cure odontoiatriche per almeno un componente, con differenze notevoli in base al reddito: il 9% fra quelle meno abbienti ed il 25% fra quelle a più alto reddito. Questi numeri fanno riflettere sulla scarsa considerazione che ha la prevenzione odontoiatrica.
Si arriva sulla poltrona del dentista solo quando si presenta uno stato di necessità e devo purtroppo evidenziare che, ancora oggi, la richiesta di cure odontoiatriche urgenti riguarda un problema estetico, ad esempio la frattura o la perdita di un incisivo, che altera la linea del sorriso, oppure un ascesso che provoca dolore e tumefazione”.
D: Alti costi delle cure odontoiatriche, modesta copertura sociale delle stesse, concorrenza di operatori fuori dai confini, sono elementi presenti già da molti anni nella nostra società. Secondo Lei, esistono altri elementi che hanno provocato questo allontanamento della popolazione dalla poltrona del dentista?
R: “Un altro elemento di rilevante importanza è la percezione che il paziente ha della qualità della prestazione ricevuta. Purtroppo può succedere che, nei momenti di crisi, solo alcuni professionisti siano propensi ad investire in tecnologia e conoscenza. Il miglioramento tecnologico e culturale ha infatti costi elevati. L’ acquisto di un apparecchio radiologico per le ortopanoramiche, ad esempio, può arrivare a costare oltre 25 mila euro.
Frequentare corsi di aggiornamento, svolti da professionisti affermati o presso Università prestigiose, spesso svolti fuori dai nostri confini, ad esempio in Svezia o negli Stati Uniti, è una spesa che può raggiungere costi di oltre 30 mila euro. Non avere la possibilità o la voglia di fare questo tipo di investimenti può far perdere pazienti, perché le persone che investono parte del loro denaro in salute, desiderano ricevere un trattamento d’eccellenza, che si esprime, nel caso specifico dell’odontoiatria, con strumentazione al passo dei tempi e tecniche innovative, perché solo così si garantiscono risultati terapeutici prevedibili e duraturi”.
Perché gli italiani vanno dai dentisti all’estero?
D: Quali sono le cifre di quanti preferiscono recarsi all’estero, attratti da offerte apparentemente assai convenienti per trattamenti presentati come rapidi, risolutivi e, soprattutto, economici?
R: “Sono migliaia gli italiani che ogni anno volano in Croazia, Romania, Moldavia, Ungheria, per cercare di riabilitare il proprio sorriso attratti da parcelle più basse. Da dati ricavati dell’Associazione Nazionale Dentisti Italiani (ANDI), emerge che gli italiani che vanno all’ estero per curare i denti sono il 4% di tutti quelli che scelgono cure mediche oltre confine. Il 50% di loro non rifarebbe più questa esperienza. I rischi per la salute le probabili truffe sono sempre in agguato per gli ignari cittadini alla continua ricerca all’ estero di un’offerta economica decisamente più vantaggiosa rispetto a quella del territorio italiano. Campagne informative dovrebbero essere ben divulgate per porre a conoscenza dei cittadini, che esistono dei segnali di allarme che vanno presi in considerazione. Tra questi i tempi lavorativi eccessivamente ridotti in cui viene svolta la cura, il prezzo troppo basso, che non può garantire la qualità dei materiali e la possibilità di imbattersi in personale non qualificato. Sempre secondo l’ANDI di Roma: Le offerte del turismo dentale vengono rese appetibili anche dalla possibilità di comprare pacchetti definiti low cost che includono cura, volo e soggiorno, ma che escludono poi ogni forma di assistenza in caso di problemi successivi alla cura. Spesso, i professionisti italiani si ritrovano sulla propria poltrona pazienti che hanno già speso denaro all’ estero e non hanno risolto il proprio problema. L’ atto terapeutico non si esaurisce con il saldo della parcella, ma prevede un follow-up che garantisce al paziente uno stato di benessere duraturo”.
D: Il fenomeno dei viaggi curativi all’estero è anche alimentato da una scarsa informazione che i pazienti hanno delle patologie dei denti e delle metodiche di trattamento delle stesse, per cui sembrano loro plausibili cure e tempi di trattamento che in realtà sono poco praticabili. C’è una responsabilità da parte degli operatori sanitari del settore che alimenta speranze mal riposte in soluzioni miracolistiche e assai economiche?
R: “Le responsabilità degli operatori sanitari del settore, operanti fuori dai nostri confini, vanno ricercate soprattutto nella mancanza di una reale conoscenza della biologia e della fisiologia dell’apparato stomatognatico, e credo anche nella consapevolezza che quel paziente non tornerà mai più dal quel professionista estero. Cito solo, come esempio spero chiarificatore, che il turn-over dell’osso impiega circa sei mesi per stabilizzarsi e quindi, a parte le carie e le devitalizzazioni dei denti, che possono essere fatte in una unica seduta, le altre terapie hanno necessità di tempo per osservare la risposta biologica dei tessuti, che ci consenta di considerare un lavoro ben fatto e stabile nel tempo. C’è però anche una carenza di informazioni e di educazione finalizzata alla conservazione ed alla tutela dei nostri denti, con la necessaria attenzione alla prevenzione ed all’igiene delle nostre bocche. Questa informazione ai fini della prevenzione è assente nelle scuole. Se, per un altro verso, si conoscessero alcune tempistiche del trattamento sanitario dei denti, non si penserebbe di poter risolvere in una settimana problemi anche seri”.
L’importanza della corretta informazione
La divulgazione dell’informazione è fondamentale anche in Odontoiatria. Nella presentazione della nuova rubrica di Tag 24 “Non solo trentatré” è stato evidenziato che “per ottenere risultati apprezzabili sul piano della prevenzione, è necessario innanzitutto avere una corretta informazione”.
Alcune associazioni di categoria hanno tentato di farlo, prendendo contatti soprattutto con presidi ed insegnanti della scuola primaria, ma i risultati sono stati scarsi. A chi dare la colpa di questo? Personalmente ho svolto alcune lezioni in questo ambito e ritengo che l’insufficiente ritorno culturale sia imputabile in prima istanza a noi dentisti, perché non abbiamo saputo dare la giusta enfasi alla prevenzione.
Vedrei inoltre tra le cause l’insufficienza del materiale didattico a disposizione, che non è riuscito a coinvolgere in maniera adeguata i bambini. Infine ma non ultimo, la difficoltà di trovare spazio, per questo argomento, durante lo svolgimento della didattica ministeriale. Sono certo però che c’è ancora molto da fare in questo ambito, e anche questa intervista, oltre ad un mio articolo pubblicato recentemente su “Non solo trentatré”, aiuterà i lettori a capire quanto sia importante una corretta informazione ai fini della prevenzione delle patologie dei denti.