Tether, una tra le società più note ed emettitore delle criptovalute stablecoin, ha dichiarato di aver congelato 32 portafogli elettronici di utenti ricollegabili a gruppi legati al terrorismo. Sia nell’ambito della guerra tra Israele e Gaza sia per il conflitto in Ucraina con la Russia. I portafogli elettronici si sono visti bloccati un totale di 873118 dollari.
Nello specifico, per quanto riguarda la causa di Hamas, i soldi erano investiti per la propaganda sui social media. Pur essendo riusciti a bloccare i portafogli elettronici, non è immediato risalire alla identità dei proprietari perché tutti sotto pseudonimo.
Criptovalute, congelati 32 portafogli elettronici: indagini in tutto il mondo
Il CEO di Tether, Paolo Ardoino, ha ribadito la piena collaborazione della società per le indagini su scala globale. Fino ad ora sono 19 le giurisdizioni in cui si è indagato, con ben 31 agenzie coinvolte nelle analisi. Ardoino ha ribadito di come la criptovaluta, contrariamente alle credenze, sia tutt’altro che anonima:
“Contrariamente alla credenza popolare, le transazioni di criptovaluta non sono anonime; sono tracciabili. Ogni transazione viene registrata sulla blockchain, consentendo a chiunque di monitorare il movimento dei fondi. Pertanto, i criminali così stupidi da utilizzare le criptovalute per attività illegali verranno inevitabilmente identificati. Tether resta impegnata a promuovere un uso responsabile della tecnologia blockchain e a posizionarsi come una forte difesa contro la criminalità informatica.”
In precedenza, la società aveva già collaborato ad altre indagini e fino a questo momento la stima dei dollari virtuali bloccati è di 835 milioni (dollari USDT). Ovviamente non tutte le analisi delle Forze dell’Ordine riguardano il terrorismo, ci sono casi di attacchi hacker o scambi di criptovalute finiti sotto inchiesta. In molti casi al congelamento preventivo del portafoglio elettronico segue poi una restituzione.
Queste azioni lasciano aprono però le strade a due diverse considerazioni. Le collaborazioni portate avanti da Tether hanno dimostrato che le criptovalute sono rintracciabili e la lotta al finanziamento di associazioni terroristiche è possibile.
Dall’altro lato, però, l’azienda ha dimostrato di poter bloccare i portafogli elettronici anche senza l’autorizzazione dei proprietari, argomento che rimette in discussione una serie di elementi, a partire dalla sovranità delle criptovalute, al di fuori delle normative di enti centrali governativi.
Criptovalute, i casi in cui hanno finanziato guerre e terrorismo
Il fenomeno delle criptovalute è in costante crescita, soprattutto nei paesi in cui l’inflazione è molto elevata come Venezuela, Argentina e Colombia, in cui i valori viaggiano sui binari della doppia cifra. Il bitcoin per molti rappresenta una via di investimento ma non sono pochi i casi in cui questa viene usata per i finanziamenti a guerre e terrorismo. Il gruppo di Hamas non è la prima volta ad essere inserito nelle indagini portate avanti da Washington, così come fatto dalle autorità di Israele.
La richiesta di finanziamenti in molti casi arrivava tramite social, principalmente Facebook e X: all’interno dei post in cui si chiedevano esplicitamente donazioni, erano indicati anche i dati del portafoglio crittografico. Gli Stati Uniti, monitorando i flussi verso le brigate di Al-Qassam, hanno evidenziando come tra il 2020 e il 2023 siano stati guadagnati 41 milioni di dollari. Cifre enormi considerando un solo canale di finanziamento, senza contare le cifre che arrivano da paesi alleati.