C’è una svolta nel caso di Alessandra Ollari, la 53enne di Parma scomparsa lo scorso 29 giugno: la Procura indaga per omicidio volontario. Dopo mesi di ricerche, nel mirino degli inquirenti sarebbe finito, in particolare, il compagno della donna, colui che, negli scorsi mesi, ne aveva denunciato la sparizione: era stata la trasmissione “Chi l’ha visto? a mettere in luce le criticità emerse dalla sua testimonianza. Diverse persone avrebbero puntato il dito contro di lui, sostenendo che sia pericoloso. La famiglia di Alessandra non l’ha mai conosciuto.
Alessandra Ollari scomparsa a Parma: al via le indagini per omicidio volontario
Le indagini si erano subito concentrate sull’ipotesi dell’allontanamento volontario. Da qualche tempo, però, la pista dell’omicidio aveva iniziato a farsi strada nella mente di coloro che si occupano del caso. I sospetti sembrerebbero essersi concentrati, in particolare, sul compagno di Alessandra: non solo l’ultimo ad averla vista, ma anche colui che, il 29 giugno scorso, ne aveva denunciato la sparizione.
Al momento il fascicolo d’inchiesta aperto dalla Procura di Parma è contro ignoti, ma non si esclude che l’uomo, di nome Ermete Piroli, potrebbe presto essere iscritto nel registro degli indagati. Dalla sua testimonianza, come aveva messo in luce anche la trasmissione tv “Chi l’ha visto?” – che più volte è tornata su questa storia -, erano infatti emerse diverse criticità.
Stando al suo racconto, a fine giugno la donna sarebbe uscita di casa per recarsi al supermercato e non avrebbe mai fatto ritorno. Lui avrebbe provato diverse volte a mettersi in contatto con lei, senza mai riuscirci. Da qui la decisione di denunciarne la scomparsa. Se non fosse che, secondo amici e parenti, la donna, già da tempo, viveva come un “fantasma“. Tra chi la conosceva c’è anche chi sostiene di non averla vista neppure nei mesi precedenti. È possibile che fosse già scomparsa, che fosse stata uccisa? È ciò che si chiedono gli investigatori, dopo le segnalazioni di diverse persone.
I sospetti su Ermete Piroli, compagno della 53enne
Ermete è pericoloso, è un predatore di donne affette da patologie psichiatriche,
recitava una lettera indirizzata alla redazione del programma che assiste le famiglie delle persone scomparse. Solo una delle tante arrivate negli ultimi mesi per accendere i riflettori sull’unico uomo coinvolto nella vicenda, che circa 14 anni fa sarebbe stato condannato a tre anni per aver abusato di una ragazza disabile mentre lavorava come autista presso un’associazione di volontariato.
A scriverla sarebbe stata una donna di nome Melania, affetta da dismorfofobia: dopo aver conosciuto Ermete in ospedale, lei stessa sarebbe stata vittima delle sue avances. Avances ripetute e sfacciate, che avevano spinto la sorella a minacciarlo di denunciarlo ai carabinieri.
Lui e Alessandra si conoscevano da molto tempo: la loro relazione sarebbe iniziata oltre quindici anni fa. Da allora la donna si sarebbe sempre più chiusa nella sua riservatezza, scegliendo addirittura di non presentare il suo compagno alla famiglia. Aveva sempre avuto un carattere schivo e da circa un anno soffriva di depressione. Forse a segnarla era stata la malattia dei genitori, di cui fin da piccola si sarebbe presa cura.
La sua storia ricorda, in parte, quella di Anica Panfile, la 31enne scomparsa e poi trovata morta a Treviso. Secondo gli investigatori fu uccisa. Di recente è stato indagato e perquisito un uomo: si tratta di Franco Battaggia, ex datore di lavoro della vittima. Stando a quanto ricostruito finora, sarebbe stato l’ultimo a vederla viva. Alle spalle avrebbe diversi precedenti penali: considerato molto vicino alla Mala del Brenta, nel 2011 è uscito dal carcere dopo aver scontato una condanna a 21 anni per omicidio. Finora ha sempre negato di essere coinvolto nella vicenda.