L’Isis oggi è ancora una minaccia? E’ quello che si chiedono in molti, dopo l’attentato a Bruxelles realizzato da un tunisino che ha rivendicato di essere un militante dello Stato Islamico.

L’Isis oggi

L’Isis non rappresenta più una minaccia globale, ma persiste nel compiere attacchi, infiltrandosi in scenari politici instabili e sfruttando disuguaglianze sociali e povertà. Dopo aver perso il sostegno finanziario dai Paesi del Golfo, ora si finanzia attraverso attività criminali e iniziative imprenditoriali, sfruttando le falle e le opportunità del sistema capitalistico transnazionale.

Pur essendo indebolito, il cuore dello Stato Islamico continua a pulsare, rimanendo presente in Siria e in Iraq, dove nel 2014 si era presentato come un progetto estremista che mirava a istituire un Califfato violento e fanatico, con l’obiettivo di imporre la sharia al mondo attraverso il jihad, una guerra santa che coinvolgeva anche i musulmani.

Prima ancora della perdita del suo territorio principale, avvenuta nel 2019 con la caduta dell’ultima fortezza in Siria, l’Isis aveva iniziato a trasformarsi da uno Stato in un’entità ribelle persistente, creando filiali o collaborando con gruppi locali in varie parti del mondo, tra cui il Sud-Est asiatico, l’Asia centrale e l’Africa.

Secondo l’ultimo rapporto del Centcom, il Comando centrale delle Forze armate statunitensi responsabile dell’operazione “Inherent Resolve”, sono stati catturati 347 miliziani e uccisi 700 in 108 operazioni in Siria e 191 in Iraq, in collaborazione con le forze locali, in risposta a 500 attacchi condotti dal gruppo. La strategia mira a eliminare per primi i comandanti e gli esperti di armi ed esplosivi, riducendo così la capacità di reclutamento. Secondo le Nazioni Unite, ci sarebbero tra cinque e settemila affiliati dello Stato Islamico nei due Paesi, di cui la metà sarebbero combattenti attivi.

Marina Calculli, docente presso il dipartimento di studi su Medio Oriente, Asia meridionale e Africa alla Columbia University, spiega che l’organizzazione viene periodicamente indebolita dalle operazioni speciali e che anche i cosiddetti “lupi solitari” sembrano essere meno attratti dal Califfato.

Il leader

Nel 2022, sono stati uccisi due successori del fondatore Abu Bakr al-Baghdadi in Siria, e il quarto califfo è ora l’iracheno Abu al-Hussein al-Husseini al-Qurashi.

La situazione in Medio Oriente

In Iraq si sono ridotti gli attacchi, ma la situazione rimane complessa. La potenza dei gruppi estremisti è data dalle tensioni settarie ed etniche, dalle ambizioni dell’Iran e della Turchia sul Paese, e dalla possibilità di mimetizzarsi in una geografia variegata. Saad Salloum, responsabile del dipartimento di Scienze Politiche presso l’Università al-Mustansiriya di Baghdad, afferma che lo Stato Islamico ha perso terreno, ha conflitti interni e non gode più del supporto delle tribù che lo temevano. Spiega che le minoranze, specialmente cristiane e yazide, lasciano il Paese non a causa dei terroristi, ma a causa di corruzione, povertà e mancanza di prospettive di riconciliazione.

L’ISIS è ancora attivo nelle regioni di al-Anbar, Diyala, Salah al-Din e Kirkuk. Si è cercato di formare un emirato nella provincia di Sulaymaniyah, ma il primo ministro Mohammed Shia Al-Sudani ha ordinato ai comandanti di utilizzare metodi di combattimento non convenzionali. Anche in Afghanistan la situazione è critica, con l’ISIS-Khorasan che è nemico dei talebani e responsabile degli ultimi attacchi più gravi.

In Siria, l’area meno sicura è Deir el-Zor. Ci sono anche cellule operative nel deserto di Badiya che compiono incursioni nel nord-est controllato dalle autonomie curde e a Raqqa, la vecchia capitale dell’ISIS. Spesso, l’obiettivo di queste incursioni sono i curdi che hanno giocato un ruolo importante nella liberazione del territorio e che gli Stati Uniti e la coalizione hanno affidato la gestione delle carceri. Attualmente, ci sono 10.000 combattenti detenuti in Siria e 20.000 in Iraq.

Una delle principali preoccupazioni dell’ISIS è reclutare nuovi membri liberando i prigionieri. Un esempio eclatante di questo è stato l’assalto alla prigione di al-Sinaa ad-al-Hasakah un anno fa, dove sono state utilizzate autobombe e guerriglia, con il risultato di 420 miliziani e 120 soldati uccisi e centinaia di prigionieri fatti scudo dai fuggitivi più giovani.

Il confine turco è sempre stato una fonte di supporto per lo Stato Islamico, che riceve combattenti, merci e denaro attraverso di esso. Recep Tayyip Erdogan, che ha sempre avuto rapporti con i gruppi jihadisti, soprattutto per contrastare la presenza curda, vorrebbe ora ricollocare i milioni di siriani sfollati che ospita lungo questo confine.

Il professor Andrea Calculli afferma che il rafforzamento dello Stato Islamico potrebbe essere favorito dalla normalizzazione del regime siriano, che ha coinvolto anche la Turchia, l’ultimo baluardo esterno dell’opposizione siriana. Questo potrebbe far sentire traditi molti gruppi dell’opposizione islamista, spingendoli ad unirsi all’ISIS.

Per i miliziani dell’ISIS, un’altra preoccupazione è il salvataggio delle mogli e dei figli detenuti nei campi come Al-Hol. Ci vivono circa 60.000 persone, di cui 25.000 sono minori. Secondo l’International Center for the Study of Violent Extremism, l’ISIS continua a utilizzare la Siria come base per attività clandestine, sostenuta da reti russe di crowdfunding, canali Telegram in tedesco per la raccolta di fondi per le famiglie dei jihadisti e varie forme di dovuta corruzione che coinvolgono mercenari dell’esercito nazionale siriano e l’utilizzo di Western Union, Qiwi Wallet, criptovalute. I campi ospitano anche 10.000 affiliati stranieri provenienti da 60 Paesi. La difficoltà nel rimpatriare queste persone, la decisione di privare di cittadinanza e l’assenza di programmi di deradicalizzazione da parte dei loro Paesi d’origine giocano a favore dell’ISIS.

Inoltre, ci sono fondi trasferiti in Sudafrica per sostenere le cellule operative nel continente. Secondo i dati raccolti da Jihad Analytics attraverso al-Naba, il principale organo di stampa dell’organizzazione, nel 2022 l’ISIS ha rivendicato 2.028 attacchi in 24 Paesi. Nel dicembre dello stesso anno, sono state pubblicate 300 foto che mostrano il giuramento di fedeltà al nuovo leader da parte di membri provenienti da 14 province, di cui la metà si trova in Africa. In particolare, vengono attaccate minoranze e comunità cristiane. Nell’Africa centrale, l’Isis recluta giovani tramite offerte di lavoro fasulle.