La guerra tra Israele e Gaza sta massacrando la popolazione e le aree colpite dal conflitto versano in condizioni sanitarie disastrose. Il numero di cadaveri intrappolati da giorni sotto le macerie, abbandonati nelle strade e ammassati negli ospedali è in crescendo e porta con sé un’emergenza sanitaria gravissima.
La diffusione di malattie infettive a causa della mancanza delle basilari condizioni igieniche non è più un timore ma una realtà, come ha confermato il Professore e Ricercatore Matteo Bassetti, Direttore della Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale Policlinico di San Martino, Genova.
Gaza: i cadaveri sono fonte di malattie infettive
Il conflitto tra Israele e Hamas in questi giorni continua a mietere vittime e distruzione senza sosta: la Striscia di Gaza sta diventando un cimitero a cielo aperto. C’è un’emergenza sanitaria legata ai corpi di chi ha perso la vita, ancora intrappolati sotto le macerie, stipati negli ospedali e addirittura nelle celle frigorifere dei camion dei gelati.
L’assenza di condizioni igieniche – soprattutto all’interno delle strutture sanitarie – la mancanza di acqua, di energia e delle altre risorse fondamentali sta mettendo in ginocchio il Paese, andando incontro alla diffusione di malattie infettive e batteri che danno il colpo di grazia alla popolazione già martoriata dalla guerra. Non si tratta più di un eventuale rischio perché l’emergenza sanitaria a Gaza è una realtà: Tag24 ha intervistato Matteo Bassetti, Direttore della Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale Policlinico di San Martino di Genova per approfondire la questione.
D: Le persone a Gaza continuano a morire, non c’è più spazio per seppellire i cadaveri o per tenerli secondo le condizioni igieniche previste di norma. C’è la possibilità che si sviluppino nuove malattie infettive?
R: Purtroppo c’è più di una questione da affrontare. Ho letto di cadaveri messi all’interno delle celle frigorifere dei camion del gelato. Siamo al culmine di una situazione disastrosa. E’ chiaro che tanti corpi non adeguatamente trattati e seppelliti rappresentano un grande problema per quanto riguarda lo sviluppo di potenziali epidemie. Se i cadaveri non vengono rimossi diventano fonti infettive.
Gli ospedali delle zone di guerra stanno collassando
D: Gli ospedali sono diventati un rifugio per la popolazione ma anche una sorta di grande obitorio. Cosa implica questo?
D: Questa è l’altra problematica da non sottovalutare. In quel luogo le zone più sicure al momento sono considerati gli ospedali. Nelle strutture sanitarie c’è gente che dorme per terra, nei corridoi, tra i malati. Questo vuol dire che se in un ospedale si mette insieme la gente più fragile – come anziani, donne, bambini che stanno lì per ripararsi – insieme ai feriti, i malati e i cadaveri delle vittime si verifica all’interno delle stesse mura una diffusione immediata di infezioni potenzialmente contagiose. Basti pensare alle malattie respiratorie, al Covid, alle malattie infettive trasmesse attraverso la via oro – fecale, come ad esempio il colera, malattie esantematiche (morbillo e altre).
I migliori alleati delle patologie infettive sono la povertà e la guerra. E in questo momento in quell’area ci sono entrambe. Le condizioni socio-economiche non sono delle migliori: mancano le medicine, l’acqua, l’elettricità. Manca tutto. E’ uno scenario che non può reggere oltre. Quello che non viene distrutto dalle bombe “vere” sarà fatto da quelle biologiche. Ci sono tutte le condizioni per una catastrofe sanitaria.
“Gli aiuti umanitari sono urgenti, c’è la vita delle persone in ballo”
D: Gli aiuti umanitari promessi dall’Onu e dall’Unione Europea sono urgenti. Potranno salvare la situazione?
R: Io credo che le partigianerie ad oggi non contino niente. Non si può stare da una parte o dall’altra. Qui c’è la vita delle persone in ballo. Parliamo di bambini, donne, anziani, civili innocenti. Una vita è una vita, anche nel peggior regime. Dobbiamo trovare il modo di avere dei corridoi umanitari per far evacuare quell’area. Se continua ad essere teatro di guerra, devono andare via tutti dalla Striscia di Gaza. Il mondo non può girarsi dall’altra parte.
D: Siamo dunque di fronte al rischio di una nuova ondata di epidemie?
R: Io credo che non si tratti più di un rischio, ormai è un dato di realtà. Il conflitto ha le sue logiche politiche, economiche e religiose ma al mondo della sanità non deve importare. Ciò che bisogna tenere presente è che non si può far finta di niente mentre si sta a guardare decine di migliaia di persone innocenti che muoiono. E muoiono sia per le armi sia per tutte quelle che sono le conseguenze della guerra. Senza le minime condizioni igieniche lì si torna indietro di 150 anni. La gente nelle guerre che hanno interessato il secolo scorso sì moriva per le bombe, ma soprattutto per le malattie infettive. Gli ospedali a Gaza sono diventati uno scenario drammatico. L’Organizzazione Mondiale della Sanità e quelle dei diritti umani devono tenere il pugno, è un’emergenza. Ne va del diritto alla salute e alla vita delle persone.