Uno scatto tra la folla dei manifestanti del corteo pro Palestina che ha sfilato sabato pomeriggio lo ha immortalato e subito qualcuno lo ha riconosciuto, ma chi è Francesco Emilio Giordano, l’ex terrorista che ce l’ha con Israele?
Chi è Francesco Emilio Giordano, ex terrorista
Ogni tanto ne spunta uno da qualche parte. Gli ex terroristi liberi dopo aver pagato il loro debito con la giustizia ( questo è il caso di Giordano che la pena l’ha scontata tutta), ormai non fanno quasi più notizia. A meno che non siano sorpresi per strada nel corso di un corteo che prende netta posizione su un conflitto internazionale.
E’ quello che è successo sabato scorso in via Vitruvio, a Milano, dove infilato nel corteo “pro Palestina” e armato di uno striscione che recitava “Non finanziare l’Apartheid israeliana. Boicotta Israele” è stato fotografato Francesco Emilio Giordano, ex terrorista rosso. E questa sì, per qualcuno è diventata una notizia.
Ma chi è Francesco Emilio Giordano? Il suo nome è legato all’ultima coda degli anni di piombo, quella in qualche modo più sanguinaria perché ormai divenuta più che mai senza regole, come testimonia anche la sua storia. La storia di un aderente a un gruppo neonato, di giovani leve di ‘guerriglieri rossi’, che voleva mettersi in luce con i terroristi veterani e, per farlo, cercava di mettere a segno azioni eclatanti, nel senso di più feroci possibili.
Il gruppo a cui aveva aderito Francesco Emilio Giordano, ex terrorista rosso, si faceva chiamare 28 marzo. Un nome ispirato alla data in cui gli uomini agli ordini di Carlo Alberto Dalla Chiesa, grazie alle rivelazioni del primo brigatista pentito, fecero irruzione nel covo delle Brigate Rosse di via Fracchia a Genova. Operazione conclusasi con l’uccisione di quattro brigatisti.
Per mettersi in mostra il gruppo 28 marzo pensò di prendere di mira in particolare i giornalisti. Le due azioni più eclatanti portate avanti da questi giovani terroristi furono infatti quelle contro due firme piuttosto conosciute e seguite all’epoca.
Il primo a cadere vittima della loro ferocia fu il cronista di Repubblica Guido Passalacqua, gambizzato il 7 maggio del 1980 a Milano. Un commendo del gruppo si introdusse in casa di Passalacqua e gli sparò alle gambe per punirlo della colpa di essere “giornalista riformista”.
Francesco Emilio Giordano e l’omicidio di Walter Tobagi
Il collega di Passalacqua, Walter Tobagi non fu altrettanto fortunato. Erano passati solo tre settimane dal ferimento del cronista di Repubblica, quando un altro giornalista si trasformò nel bersaglio della ferocia del Gruppo XXVIII marzo.
Tobagi era un giornalista di punta del Corriere della Sera e ricopriva anche l’incarico di Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia. I terroristi gli tesero un agguato sotto casa in via Salaino, il 28 maggio del 1980 e lo uccisero con cinque colpi di pistola.
Ma quell’omicidio segnò anche la fine dell’attività terroristica di quel gruppo. A ottobre infatti venne arrestato Marco Barbone, ritenuto il capo dell’organizzazione che sparò il colpo mortale per il giornalista e scelse l’immunità garantita dalla collaborazione con l’autorità giudiziaria e permise di smantellare l’intero gruppo.
Il processo per l’omicidio di Walter Tobagi finì con la condanna di Barbone e di Paolo Morandini a otto anni, una pena fortemente scontata proprio in forza del fatto che entrambi avevano deciso di collaborare come pentiti. Condannati gli altri componenti dell’organizzazione: Manfredi De Stefano, Daniele Laus e Francesco Emilio Giordano, che si prese 30 anni ridotti poi a 21 in appello. Era il 1983.
Giordano ha scontato tutta la pena, uscendo dal carcere nel 2004. Da allora ha ripreso a fare politica e si è distinto già prima di sabato pomeriggio per il suo attivismo anti Israele, per esempio in occasioni delle celebrazioni del 25 aprile quando si è reso protagonista della protesta contro la sfilata della Brigata Ebraica.