Nove, lunghissimi giorni sono trascorsi da quando due italiani sono stati catturati dai miliziani di Hamas, diventando ostaggi a Gaza. Era il primo giorno dell’attacco contro Israele, sabato 7 ottobre 2023. Eviatar Moshe Kipnis, 65 anni, e Lilach Lea Kipnis, 60 anni, che hanno doppio passaporto italo-israeliano, sono stati prelevati con la forza dalla loro abitazione nel kibbutz Be’eri. I contatti si sono interrotti intorno alle 9:30 del mattino.

Oggi i loro familiari chiedono di mantenere alta l’attenzione sulla vicenda e lanciano un appello affinché vengano liberati al più presto.

Ostaggi italiani nelle mani di Hamas, l’appello dei familiari: “Chiediamo al governo italiano di fare tutto il possibile”

A rivolgersi a TAG24 è il nipote della coppia, Mayaan Smith: anche lui ha la doppia cittadinanza, così come sua madre e i suoi fratelli. “Mio zio ha una malattia autoimmune e necessita di terapie, abbiamo paura che non riesca a sopravvivere alla prigionia” afferma.

Chiediamo che il Governo italiano faccia tutto il possibile per il rilascio dei miei zii: non solo perché sono cittadini italiani, ma ancora di più perché mio zio è malato. Ha bisogno di cure costanti, le sue condizioni possono aggravarsi molto velocemente” sottolinea Mayaan.

Eviatar “Tari” Moshe Kipnis è affetto, infatti, da polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica (CIDP), una malattia che colpisce il sistema nervoso, provocando paralisi e perdita di controllo degli arti. Se non trattata, potrebbe degenerare, causando complicazioni potenzialmente mortali. Eviatar necessita di molti farmaci e di trattamenti ospedalieri ogni 10 giorni, in modo che possa avere una buona qualità di vita. Inoltre è gravemente immunodepresso e una semplice infezione, causata da condizioni igieniche precarie, potrebbe risultare fatale.

Nelle sue attività quotidiane- come fare il bagno, spostarsi su lunghe distanze, ma anche mangiare e altri bisogni primari- era supportato da un caregiver, Paul Vincent Castelvi. Purtroppo in seguito identificato tra le vittime dell’attacco di Hamas.

Vorremmo che tutti gli ostaggi fossero rilasciati, è una tragedia orribile. Sappiamo che le autorità italiane sono già a conoscenza della situazione, che si trovano purtroppo nelle mani di Hamas. Stamattina mia madre e mia sorella sono andate a parlare con il console italiano in Israele, hanno avuto con lui un incontro. Ma il motivo per cui vi abbiamo contattato è che nessuno si dimentichi di loro, soprattutto considerando la malattia di mio zio” afferma il nipote Mayaan.

I familiari dei due ostaggi a Gaza: “Non ci fidiamo del governo israeliano”

Mayaan Smith e i suoi familiari si stanno adoperando affinché i propri cari possano tornare a casa. I figli della coppia, Yotam and Nadav Kipnis, stanno bene e stanno lavorando senza sosta per ottenere il rilascio dei propri genitori.

Vi siete rivolti anche alle autorità israeliane? Cosa vi hanno detto?

Le autorità israeliane non stanno parlando con noi. Ci hanno detto che gli ostaggi sono una delle priorità, che non si dimenticheranno di loro, ci hanno dato la conferma che i miei zii sono tra i prigionieri di Hamas. Ma non li abbiamo sentiti molto. Francamente- e credo di poter parlare anche a nome del resto della mia famiglia- non abbiamo molta fiducia in questo governo. Hanno permesso che tutto questo accadesse. Abbiamo sentito che il nostro ministro delle Finanze ha detto che Gaza dovrebbe essere totalmente invasa: non ha pensato al destino degli ostaggi. La loro priorità è distruggere Hamas, invece noi crediamo che prima di tutto dovrebbero occuparsi di chi si trova nelle loro mani. Stanno organizzando e pianificando gli attacchi, mentre dovrebbero pensare a quelle duecento persone in ostaggio: civili innocenti. Da dieci giorni non abbiamo più notizie” sottolinea Mayaan.

Il kibbutz Be’eri, uno dei più vicini al confine con Gaza, è stato anche tra i primi assaltati dai miliziani, dove le case sono state rase al suolo e decine di persone massacrate. Il bilancio è di oltre cento vittime, anche se continua ad aumentare.

Chi sono Eviatar ‘Tari’ Moshe Kipnis e Lilach Lea Kipnis

Lilach Lea Kipnis è un’assistente sociale e psicoterapeuta, che da molti anni si prende cura dei bambini nelle comunità israeliane vicino al confine di Gaza. Ha pubblicato un libro per bambini due anni e mezzo fa, ha fatto volontariato e fornito consulenza alle donne vittime di stupro. Ha collaborato con le comunità arabe in Israele per aiutare le donne a emanciparsi.

Eviatar Moshe Kipnis da sette anni soffre di questa malattia autoimmune, arrivata senza alcun preavviso. Prima era direttore dei servizi comunitari a Be’eri, Kfar Aza e, per breve tempo, anche a Zikim. Il professore che lo ha in cura ha espresso preoccupazione per la situazione in cui si trova attualmente, dato che non riceve i farmaci e le cure ospedaliere di cui ha bisogno.

Entrambi amano cucinare e trascorrere il loro tempo libero con amici e parenti, organizzando pranzi e cene. La loro casa, prima del brutale attacco da parte di Hamas– raccontano i familiari- era sempre piena di luce e amore.