Erano le prime ore dell’alba di quello che doveva essere un normale sabato quando, nel quartiere ebraico della Capitale, all’improvviso, la comunità fu svegliata da sirene, veicoli e militari delle SS: quel giorno passò alla storia con il nome di “rastrellamento di Roma”, era il 16 ottobre 1943. Oggi ricorre l’80esimo anniversario da tale tragico avvenimento che segnò uno dei momenti più tristi per il nostro Paese (e non solo).
Rastrellamento di Roma 16 ottobre 1943, David Di Segni (UGEI): “Dolore che portiamo con noi tutto l’anno”
Sono varie e diverse le iniziative che oggi, in occasione dell’anniversario del rastrellamento di Roma del 16 ottobre 1943, le istituzioni, le organizzazioni e i semplici cittadini stanno promuovendo per non dimenticare quanto accaduto 80 anni fa. Abbiamo ripercorso il tragico avvenimento con David Di Segni, membro UGEI, l’Unione Giovani Ebrei d’Italia, e caporedattore di HaTikwa.
In che modo UGEI ricorda il rastrellamento del ghetto di Roma oggi?
“Ci associamo alle iniziative promosse dalla Comunità Ebraica di Roma, che ieri ha sfilato fra le vie del quartiere ebraico con la marcia silenziosa, durante la quale sono stati letti i nomi dei 1022 deportati il 16 ottobre 1943. Il dramma della deportazione e in generale della Shoah è un dolore che portiamo con noi tutto l’anno, indipendentemente dalle date simboliche. ‘Mai più’ non è uno slogan, ma l’imperativo morale con cui ci alziamo la mattina e ci corichiamo alla sera”
Qual è il messaggio che volete mandare voi giovani in questa giornata?
“Che ci siamo, ora e per sempre nelle generazioni future. Non siamo testimoni diretti, ma i custodi della Memoria col compito di preservala e tenerla viva. Il popolo ebraico fonda la propria essenza e storia millenaria sulla trasmissione della Memoria, che non deve ridursi all’astratto ma essere di pratica e tangibile”.
“Con i viaggi, le conferenze, i documentari, i racconti, le cerimonie collettive. Le preziose testimonianze dei sopravvissuti saranno fondamentali per raccontare la storia e per confutare qualsiasi forma di revisionismo”.
Rastrellamento di Roma 16 ottobre 2023 e Shoah: le iniziative per non dimenticare
Più passa il tempo e più questo tragico avvenimento, così come l’intera Shoah, si allontana e viene percepito come distante, soprattutto per le nuove generazioni. Quanto è importante allora mantenere viva la memoria?
“I testimoni diretti non ci saranno più. Come non ci sono più i testimoni di tanti eventi che il popolo ebraico ha vissuto. Eppure, noi li ricordiamo come fossero accaduti oggi, come fossero accaduti a noi. Quando a Pesach – Pasqua ebraica – ricordiamo l’Esodo dall’Egitto, ogni ebreo si sente personalmente uscito dalla schiavitù del Faraone”.
“A Sukkot – festa delle Capanne – riproduciamo il peregrinare degli ebrei nel deserto vivendo, per quanto possibile, in delle capanne. Perché è come se noi stessi fossimo ancora nel deserto. Questo per dire che la Memoria è un qualcosa di pratico, che si alimenta con una specifica ritualità. L’approccio ebraico alla Memoria è la chiave, per tutti, affinché questa resti sempre viva fra noi”.
Quali sono le iniziative di UGEI e qual è la vostra missione?
“Noi abbiamo tantissime iniziative, sempre nuove e sempre diverse. Guardiamo avanti: abbiamo tanti altri progetti da realizzare”.
“L’ebraismo ha contribuito a plasmare la storia e la cultura di questo Paese e di tanti altri ancora. Siamo stati una voce importante – fatta di scienza, cultura, politica, giornalismo, arte – e vogliamo continuare ad esserla. La nostra missione è rendere l’ebraismo sempre vivo e vibrante, una voce importante nella Società”.
Guerra in Israele oggi, UGEI: “L’odio antisemita c’è ancora”
Veniamo ad oggi. Le motivazioni, le modalità, i contesti sono diversi, ma sempre di guerra si parla. In merito a quello che sta succedendo in Israele, come state vivendo la situazione? Come stanno le vostre famiglie?
“Sono passati 80 anni dalla Shoah, ma quell’odio antisemita è ancora fra noi. È mutato, ha strisciato nell’ombra per poi riapparire di nuovo nella società civile. Credevamo di non dover più vedere persone strappate dalle proprie case e uccise a sangue freddo, eppure è accaduto”.
“Oggi tocca di nuovo al terrorismo palestinese, che non ha mai fatto mistero delle proprie simpatie al nazismo: basti ricordare della stretta di mano fra il Gran Muftì di Gerusalemme, Amin al-Husseini, e Adolf Hitler. Guardiamo con preoccupazione a quanto succede in Israele, ma senza paura”.
“Siamo fieri d’essere ebrei, fieri di sventolare la bandiera di Israele che oggi rappresenta l’unica bandiera della pace contro chiunque professa odio e violenza. Nella storia, tanti sono stati i nemici del popolo ebraico, anche più temibili di Hamas, ma nessuno di questi ha mai vinto”.
“Perché la vita vince sempre sulla morte. Israele rappresenta vita e vitalità, unica democrazia del Medio Oriente, un gigante che si piega, ma che non si spezza. Perché combatte per la vita, mai per la morte. Perché siamo anche i discendenti di Aròn, il fratello di Mosè, che amava e inseguiva la pace”.
Come comunità ebraica vi sentite appoggiati dalle istituzioni italiane?
“Assolutamente sì. Tutto il Governo e gran parte della politica si è schierato dalla parte di Israele. Perché Israele combatte per tutti noi che guardiamo ad un mondo libero, democratico ed in pace. Quarant’anni fa questo appoggio sarebbe stato impensabile”.
“All’epoca quasi tutta la politica, schierata contro Israele, permise l’accrescersi di un clima d’odio contro gli ebrei che culminò il 9 ottobre 1982, quando un commando di terroristi palestinesi colpì la Sinagoga di Roma, ferendo 37 persone e uccidendo il piccolo Stefano Gaj Tachè di soli due anni. Una ferita ancora aperta e dolorosa.. Oggi quel clima politico non si respira più, il mondo istituzionale si mobilita accanto a Israele ed è un interlocutore sincero verso le Comunità ebraiche”.
Le piazze italiane però, proprio in questi giorni, sono nettamente divise in due, tra manifestazioni pro-Israele e manifestazioni pro-Palestina…
“Sì, le piazze si dividono. Da una parte, in quella pro-Israele, si invoca alla pace e al diritto dell’autodifesa. Dall’altra parte, in quella pro-palestinese, si invoca all’intifada, all’aggressione contro gli ebrei. Traete voi le conclusioni. Con un dato: Hamas, nel proprio Statuto, ha come nemico sia gli ebrei sia tutto il mondo di “infedeli”. Ecco perché, di nuovo, Israele combatte per tutti: per tutti noi”.