Un cagnolino tiene all’orecchio un barattolo di latta da cui sporge un filo. E’ l’immagine della copertina del libro di Ulrike Bartholomaus, “L’arte di dialogare” edito da Feltrinelli. Mi ricorda l’infanzia quando giocavo con questo “telefono” rudimentale che rappresentava un mezzo di comunicazione tra ragazzi distanti pochi metri.

Dal “telefono barattolo” si è arrivati oggi ai telefonini, a Skype e a tante piattaforme digitali che ti consentono di “dialogare” con l’altra parte del mondo. Ma sarà vero dialogo? Il libro prova a darci qualche spiegazione e molti consigli pratici. L’autrice ci dice che “comunicare a livello digitale con tutto il mondo ci fa sentire la mancanza di qualcosa che, secondo alcuni, è andato irrimediabilmente perduto: il dialogo di persona.

“Parlare in modo sincero con una persona in carne ed ossa seduta accanto a noi – scrive l’autrice – ci permette di raccogliere una grande ricchezza di informazioni o impressioni, di capire meglio e di avvertire un maggiore contatto di quanto sia possibile comunicare attraverso un video”.

Parlare attraverso un video o di persona

Prevaricazione, fraintendimento, giudizi e pregiudizi ci portano a non ascoltare e non essere ascoltati. Un vero fallimento viene da dire. “Eppure entrare in dialogo e in relazione con gli altri ci fa bene, ci arricchisce e ci aiuta in ogni contesto di vita – scrive Bartholomaus – .

Per avere successo, però, un dialogo richiede un buon equilibrio di esperienza, sensibilità fisica, apprezzamento ed empatia. Si sa, non è solo questione di che cosa si dice, ma di come lo si dice. E proprio qui sta il problema”. Il valore di una vera comunicazione e come dovremmo comportarci per avere uno scambio efficace e soddisfacente prova a spiegarlo questo libro.

Stefano Bisi