C’è una svolta nella battaglia di Laura Santi, la 48enne affetta da una forma progressiva di sclerosi multipla che chiede di essere ammessa alle procedure per il suicidio assistito. Il Tribunale di Perugia si è infatti pronunciato ieri, 13 ottobre 2023, accogliendo parzialmente il ricorso dei legali della donna e costringendo, di fatto, la Usl a pronunciarsi sulla richiesta.

Laura Santi, storia della donna che combatte per ottenere il suicidio assistito

Laura Santi, nata e cresciuta a Perugia dove svolgeva la professione di giornalista e addetta stampa è stata colpita da sclerosi multipla e le sue condizioni si sono progressivamente aggravate fino a impedirle i movimenti, a rubarle l’autonomia e a renderla bisognosa di assistenza per 24 ore al giorno.

Quando la malattia l’ha colpita tanto severamente ha continuato, finchè ha potuto a utilizzare la sua professione per divulgare i temi dei diritti dei disabili ed è diventata attivista, avvicinandosi anche alla tematica del fine vita che ora ha messo al centro di una battaglia personale ma di grande rilevanza pubblica.

Lo scorso aprile Laura Santi, aveva presentato all’Usl Umbria 1 la richiesta per la verifica delle proprie condizioni per accedere alla procedura di suicidio assistito. Stante il perdurare del silenzio dell’Unità Sanitaria Locale perugina, che non ha ancora provveduto a rispondere all’istanza della donna, Laura Santi, tramite i propri legali, guidati dall’avvocata Filomena Gallo dell’Associazione Luca Coscioni, si è rivolta al Tribunale di Perugia presentando un reclamo. Già nel mese di luglio scorso infatti, un’ordinanza del giudice aveva riconosciuto il diritto della donna ad avere risposta alla sua richiesta da parte della Usl, ma non si era andati oltre il riconoscimento e l’invito a provvedere entro il termine di 30 giorni.

 Ora il Tribunale si esprime in modo decisamente più più perentorio e con la nuova ordinanza obbliga di fatto la Usl Umbria 1 ad agire in tempi stretti per dare risposta all’istanza presentata da Laura Santi e verificare l’esistenza delle condizioni per l’accesso al suicidio assistito nel caso della donna. Il tutto entro 30 giorni dal pronunciamento del giudice avvenuto nella giornata del 13 ottobre.

Fine vita, eutanasia e suicidio assistito: cosa prevede la norma in Italia

Ma, una volta che la Usl 1 abbia verificato le condizioni di accesso alla procedura di suicidio assistito, cosa succede? E quali sono le condizioni al vaglio dell’unità sanitaria locale? Cosa prevede la normativa vigente in Italia sui temi legati al fine vita, come suicidio assistito ed eutanasia?

In Italia una cosa fondamentale per l’esistenza di ogni cittadino, ovvero il fine vita, non è ancora regolata dalla legge.

Nonostante l’ampio dibattito pubblico che da anni si trascina in materia, non esiste ancora una normativa dettagliata sul tema. L’eutanasia è considerata reato, ma per quanto riguarda l’accesso al suicidio assistito, in attesa di una legge, ci si attiene a una pronuncia della Corte Costituzionale. Si tratta della sentenza 242/2019 con la quale la Consulta si pronunciò sulle accuse di istigazione al suicidio nei confronti di Marco Cappato che aveva accompagnato in Svizzera Fabio Antoniani.

In quella pronuncia la Corte Costituzionale di fatto ammette il suicidio assistito, che si distingue dall’eutanasia perché nel primo caso è il paziente ad ingerire autonomamente il farmaco che quindi non gli viene somministrato da un medico. La Corte ha ammesso questa possibilità nel caso sussistano quattro condizioni precise: che il malato sia affetto da malattia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, e che il paziente sia capace di prendere decisioni libere e consapevoli. La quarta condizione, secondo questa sentenza è che il malato sia dipendente da un trattamento di sostegno vitale per alimentazione, respirazione e idratazione. Ma nel luglio scorso, il secondo caso in Italia di accesso al suicidio medicalmente assistito ha visto accedere alla procedura una donna affetta da tumore e sottoposta al trattamento di chemioterapia, segnando un precedente che quindi allarga ad altri contesti la quarta condizione prevista per accedere al suicidio assistito in Italia.