Cos’è la fibrillazione atriale? Si tratta di una variazione nel battito cardiaco che se, non trattata in tempo, può provocare insufficienza cardiaca e ictus. Ecco allora tutto quello che c’è da sapere su questa aritmia e quali sono i soggetti più a rischio.
Cos’è la fibrillazione atriale: caratteristiche generali
La fibrillazione atriale è un’alterazione del ritmo cardiaco di tipologia ectopica sopraventricolare. È una complessa patologia che ha origine negli atri, ovvero le cavità superiori del cuore.
Le stime parlano che siano circa 33 milioni i soggetti che soffrono di questa malattia su scala mondiale. La maggior parte di essi sono di sesso maschile e in età avanzata. In Italia i casi si aggirano intorno a 700mila.
La fibrillazione atriale assume due caratteristiche costanti per ogni soggetto: l’aumento di rischio tromboembolico e l’attivazione elettrica rapida e apparentemente caotica del tessuto atriale.
La malattia causa poi una compromissione della capacità contrattile del miocardio. Ciò accade perché il battito diviene irregolare con la frequenza intorno ai 100 e 175 battiti al minuto e di conseguenza le contrazioni del muscolo cardiaco diventano più veloci. Il cuore non riesce perciò a pompare il sangue e farlo così arrivare alla periferia del sistema circolatorio.
Si distinguono tre tipologie distinte di fibrillazione atriale, in relazione sia alla durata del disturbo ma anche a come esso si manifesta:
- Parossistica. Prevede la manifestazione improvvisa dell’aumento della frequenza cardiaca che può arrivare anche oltre i 140 battiti al minuto. L’attacco generalmente si estingue in qualche ora ma nei casi più gravi può perdurare per giorni.
- Persistente. L’alterazione del ritmo cardiaco non si risolve in tempi breve.
- Permanente. Il disturbo non viene attenuato nemmeno da una specifica cura ed è generalmente indotto da determinate malattie cardiache.
Cause e sintomi
La fibrillazione atriale scaturisce nella quasi totalità dei casi da cardiopatie, come infarti, pericardite, sindrome del muscolo cardiaco ingrossato, ipertensione, valvulopatie, coronopatie o cardiomiopatia ipertrofica e reumatica.
Altrettanto rischiose per l’insorgenza della fibrillazione atriale possono essere l’ipertiroidismo, le apnee ostruttive del sonno, il diabete di tipo 2, l’avvelenamento da monossido di carbonio e alcune patologie polmonari.
La ricerca ha invece appurato che eccesiva sedentarietà, obesità, fumo di sigarette, abuso di alcolici o sostanze stupefacenti contribuiscono ad aumentare il rischio di sviluppare la malattia.
I sintomi sono di facile riconoscimento. Il soggetto viene colto da improvviso e acuto dolore toracico, palpitazioni, disorientamento e sensazione di svenimento, vertigini, stato ansioso, mancanza di forza, difficoltà respiratorie.
Se gli episodi si presentano sempre più di frequente le conseguenze possono diventare anche gravi, come ictus e insufficienza cardiaca.
Trattamento terapeutico
La diagnosi avviene con una visita specialistica attraverso elettrocardiogramma. Il trattamento varia a seconda delle cause che scatenano la patologia e dagli specifici sintomi manifestati dal singolo paziente. La strategia terapeutica viene quindi tarata in funzione dell’età e della speranza di vita del paziente, della sua anamnesi, della tolleranza a farmaci specifici, episodi di recidività e probabilità di nuova insorgenza.
Lo scopo è in ogni caso cercare di ripristinare il regolare ritmo di battito cardiaco. L’anomalia che presenta la fibrillazione atriale può infatti sfociare in formazione di trombi e di conseguenza avere un altissimo rischio di ictus.
La terapia farmacologica si avvale di medicinali di tipo antiaritmici, beta-bloccanti e anticoagulanti. Solo se questi risultano inefficaci si propende per l’impianto di un defibrillatore che permetta di regolare il battito cardiaco ai ritmi normali. L’operazione di cardioversione elettrica è indispensabile nei pazienti con insufficienza cardiaca.
In concomitanza con l’intervento chirurgico, si può eseguire anche all’ablazione transcatetere. La procedura viene effettuata con l’obiettivo di colpire l’area di tessuto cardiaco responsabile della fibrillazione atriale attraverso onde radio ad una specifica frequenza.