Fallito lo storico referendum sui diritti degli aborigeni in Australia: la maggioranza dei cittadini chiamati alle urne ha infatti votato “no” oggi 14 ottobre 2023, scegliendo di non modificare la costituzione e di non concedere maggiori diritti ai nativi. Ad annunciarlo il vice primo ministro Richard Marles.
Questo risultato rischia di avere delle ripercussioni sulla compagine politica del Paese, considerando che la consultazione era una delle promesse del partito laburista, tornato al potere nel 2022 dopo anni di egemonia del partito conservatore.
Fallisce il referendum sugli aborigeni in Australia
Al momento, stando quanto comunicato dalle autorità, i voti scrutinati sono il 45%: i ‘no’ rappresentano il 56,9%, mentre i ‘sì’ il 43,1%. Il referendum era stato indetto per modificare la costituzione- vecchia di 122 anni- e sancire il primo riconoscimento formale degli aborigeni. In caso di vittoria del “sì” era prevista la creazione di un organo consultivo- la cosiddetta “Voce”- per valutare le leggi che riguardano, appunto, le comunità indigene. Qui avrebbero trovato spazio rappresentanti indigeni di ciascuno dei sei stati e dei due territori dell’Australia votati dai loro elettori locali. Era stato sviluppato e approvato dai leader aborigeni e isolani dello Stretto di Torres nel 2017.
Il sostegno alla “Voce” era stato forte nei primi mesi del 2023, dopodiché era iniziato un lento declino, fino al risultato negativo di oggi. I sondaggi davano già il “no” in vantaggio, dopo un’iniziale vittoria del “sì”. Questo voto ha spaccato la nazione, alimentando anche odio e propaganda contro un gruppo di 984mila cittadini- tra aborigeni e insulari dello stretto di Torres- che rappresentano il 3,8% della popolazione australiana.
Il premier Albanese e gli appelli per il “sì”
In quasi 18 milioni sono stati chiamati a votare. Il premier Anthony Albanese, intervenuto dal sito sacro aborigeno di Uluru- il monolite rosso nell’Australia centrale- aveva invitato gli scettici a mostrare “il meglio dell’Australia”. La scorsa settimana, in un incontro con i rappresentanti delle varie confessioni religiose, il premier aveva presentato il progetto mostrandolo come
il tipo di Australia che voglio vedere, un’Australia in cui siamo definiti dalla nostra unità, non dalle nostre divisioni.
Ma, nonostante gli appelli, i cittadini non hanno scelto il cambiamento. Il premier, commentando il risultato, ha sottolineato che rispetta ciò che i cittadini hanno scelto. Ma il governo continuerà a dare ascolto alle persone e alle comunità e a cercare soluzioni migliori per gli indigeni australiani e per i loro figli.
Come vivono le popolazioni indigene
Sono trascorsi oltre duecento anni dalla colonizzazione britannica e i membri delle comunità aborigene hanno un’aspettativa di vita inferiore di otto anni rispetto a quella degli altri australiani. Inoltre sono in media più malati oppure incarcerati, più poveri e con meno accesso all’istruzione.
I sostenitori del progetto affermavano che dare loro voce avrebbe risolto le disuguaglianze; mentre, per i difensori del “no”, la riforma mancava di precisione a avrebbe concesso privilegi ai nativi, ma senza migliorare di fatto la loro condizione.
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