L’italiano Simone Teso, mental coach 49enne di Pordenone, è rientrato da Israele lunedì e in un’intervista a “Tgcom24” racconta quanto vissuto a Gerusalemme il 7 ottobre: il ricordo delle sirene, dei boati dei razzi e della paura è ancora vivo. Teso si trovava in Israele dal 2 ottobre con un gruppo di trenta persone per compiere un pellegrinaggio. Il 7 ottobre il gruppo si stava recando al Santo Sepolcro, quando la guida ha dato la notizia: “è successo qualcosa di importante, hanno cominciato ad attaccare“. Successivamente, durante la visita del Muro del Pianto, hanno iniziato a suonare le sirene e il gruppo si è recato nel bunker più vicino, dove è rimasto per mezz’ora, per poi tornarci una seconda volta per altri quaranta minuti.

Israele, un italiano appena rientrato: “Sirene, razzi e paura”

Quando è rientrato il secondo allarme, il gruppo si è spostato in albergo e lungo la strada ha “notato tafferugli per le strade, visto proprio le scie dei razzi e sentito di nuovo le sirene“. Teso ricorda la sensazione di paura diffusa tra i presenti:

Si sentivano i boati e io non li avevo mai sentiti, così come non avevo mai sentito le sirene anti-razzo. Sono cose che colpiscono. […] Avevamo paura. Devo dire, però, che la guida è stata molto capace e che la nostra agenzia di riferimento ci ha seguito attentamente, trovando rapidamente un volo che ci portasse in Italia: lunedì 9 ottobre, di mattina presto da Amman, in Giordania.

Lunedì 9, dunque, il gruppo si è mobilitato per arrivare ad Amman. Se il giorno prima erano bastati 15 minuti per raggiungere il checkpoint ed entrare a Gerusalemme, la mattina della partenza sono state necessarie due ore. Al checkpoint, i documenti sono stati controllati per due volte da due soldati armati, il secondo dei quali ha urlato: “Chi siete? Cosa volete da noi? Alzate i passaporti“, facendo “capire chiaramente di essere in guerra” e scatenando una comprensibile reazione di paura.

Per raggiungere la Giordania, quindi, siamo entrati a Gerusalemme: la paura si percepiva anche dall’interno del pullman. Strade deserte, scuole chiuse, abitanti obbligati a restare in casa, pronti a ripararsi nei bunker.

Simone Teso: “Noi siamo tornati, però lì c’è tanta gente che vive nel terrore”

Il pullman nel quale viaggiava Teso non aveva il permesso di entrare in Giordania, quindi il gruppo è dovuto scendere per aspettare un autobus giordano, che è arrivato, dopo una lunga attesa, “arrugginito, pitturato con le bombolette, con le gomme lisce e le marce che non entravano“. Dopo i controlli, il bus è partito in direzione Amman, la destinazione di un viaggio di 100 km durato otto ore.

All’arrivo in Italia la sensazione diffusa è di tristezza e di consapevolezza di ciò che sta succedendo a poca distanza da noi, coinvolgendo numerosi civili da entrambe le parti:

Noi siamo tornati, però lì c’è tanta gente che vive nel terrore. Il giorno dell’attacco, ho visto la mia guida preoccupata mentre parlava in videochiamata con la moglie. Ecco, queste persone restano lì, civili nel mezzo di una guerra che non so nemmeno se finirà mai.