Secondo il pm Letizia Ruggeri, Ivan Perico – accusato dell’omicidio della cugina di secondo grado Stefania Rota a Mapello (Bergamo) – agì per motivi “abietti”. L’uomo, 61 anni, si trova in carcere dallo scorso aprile: stando alle ricostruzioni, a febbraio avrebbe ucciso la donna, 62 anni, con un batticarne e avrebbe poi tentato di depistare le indagini, spostando la sua auto e facendo credere a tutti che si trovasse al mare. Rischia l’ergastolo.
Omicidio di Stefania Rota a Mapello: Ivan Perico rischia l’ergastolo
Era stato lui stesso a confessare il delitto, lo scorso giugno: davanti al pm che l’aveva interrogato aveva ammesso di aver colpito la cugina 62enne, sua vicina di casa, al culmine di una lite scoppiata per degli immobili in comune, ma anche di aver dato fuoco alla vetrata dello studio del geometra che si era occupato della questione. Un atto vandalico che all’inizio non era stato collegato all’omicidio e per cui si aprirà un secondo processo a breve.
Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini – ora chiuse -, da un po’ i rapporti tra vittima e carnefice si erano fatti burrascosi, a causa di un cappanone situato tra la proprietà ricevuta in eredità da Stefania Rota dopo la scomparsa dei genitori e quella del cugino, immediatamente adiacente. A febbraio, durante l’ennesima lite per la vicenda, Perico – pensando di aver subìto un’ingiustizia, come avrebbe riferito dopo – si era scagliato con forza contro la 62enne, lasciandola senza vita all’ingresso della sua abitazione.
Dopo essersi disfatto dei suoi effetti personali, aveva preso le chiavi della sua auto, una Ford Fiesta blu, e l’aveva spostata in un parcheggio pubblico, con lo scopo di depistare le indagini. Ai parenti che si erano preoccupati di non ricevere sue notizie aveva detto che la donna era in viaggio, per assistere un anziano. Dopo mesi dal delitto un’amica aveva però avvisato i carabinieri, sporgendo denuncia. Quando erano arrivati sul posto, sfondando la porta di casa della 62enne, il suo cadavere giaceva a terra da oltre due mesi.
I rapporti tra vittima e carnefice e la ricostruzione del delitto
Perico e Rota si sentivano praticamente tutti i giorni: tra il 16 luglio 2022 e l’11 febbraio 2023, giorno dell’omicidio, si sarebbero telefonati ben 109 volte. Per questo era parso subito strano che l’uomo non avesse notizie più dettagliate sulla donna. E che, dall’11 febbraio, avesse improvvisamente smesso di telefonarle, come se sapesse qualcosa.
All’11 febbraio risalivano anche gli ultimi appunti annotati dalla donna sul suo diario. Appunti che ricostruirebbero con precisione gli istanti precedenti all’omicidio: dopo la sveglia alle 8.40, Stefania si sarebbe recata al bar per fare colazione, a mettere benzina e poi al supermercato (sul tavolo della cucina fu ritrovato uno scontrino delle 9.50).
Una volta rincasata (aveva ancora addosso il cappotto, al momento del ritrovamento, avvenuto il 21 aprile), avrebbe discusso con il cugino, che quindi l’avrebbe colpita con un batticarne. Sul diario ritrovato a casa sua qualche giorno prima aveva scritto: “Attenta, Ste, a Ivano. Ma lo sai già“, come se sospettasse che potesse farle del male.
Ad incastrarlo, oltre agli accertamenti tecnici effettuati sul suo smartphone e sul dispositivo Gps dell’auto della vittima, erano stati anche i filmati di alcune videocamere di sorveglianza comunali, che l’avevano ripreso a bordo della Ford Fiesta della donna. Dopo essere stato fermato, il 61enne aveva subito ammesso le sue responsabilità. Se la Corte d’Assise davanti alla quale si sta svolgendo il processo a suo carico dovesse riconoscergli le circostanze aggravanti chieste dall’accusa potrebbe essere condannato al massimo della pena. A riportarlo è il Corriere della Sera.