Per la strage di Fidene dell’11 dicembre 2022 e il processo a carico di Claudio Campiti, l’uomo che sparò durante una riunione di condominio, il giudice per le indagini preliminari ha ammesso 36 parti civili. Si tratta dei familiari delle vittime, persone vicine e anche il consorzio Valleverde. Vanno a processo anche i responsabili del poligono di Tor di Quinto, da dove Campiti prese l’arma poco prima di recarsi al bar in cui compì la strage, per reati omissivi sul controllo delle armi.

Strage di Fidene, le accuse contro Claudio Campiti (e contro il Poligono di Tor di Quinto)

Al processo che si aprirà per la strage di Fidene, sono molte le accuse da cui dovrà difendersi Claudio Campiti. La procura di Roma infatti chiuso le indagini formalizzando a suo carico le accuse di  omicidi aggravati dalla premeditazione e dai futili motivi, tentato omicidio di altre cinque persone sedute al tavolo del consiglio di amministrazione del consorzio e di lesioni personali derivate dal trauma psicologico subito dai sopravvissuti, concretizzatosi in insonnia, depressione, flashback e sindrome del sopravvissuto.

Dovranno subire un processo anche il presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale di Roma e un dipendente addetto all’armeria del poligono di tiro di Tor di Quinto, accusati di omissioni sul controllo e la vigilanza sulle armi. I due hanno rifiutato l’udienza preliminare e saranno processati direttamente nel corso del 2024.

Ma non solo,  perché, in relazione a questo aspetto della vicenda, e cioè a come Campiti avesse potuto procurarsi l’arma che gli ha permesso di uccidere tre donne e ferirne mortalmente un’altra, i pm chiedono anche di ammettere come responsabili civili il ministero dell’Interno e quello della Difesa a cui spetta la vigilanza sull’attività dei poligoni di tiro.

Strage di Fidene, cosa emerge a chiusura delle indagini della Procura

Secondo quanto ricostruito dalle indagini portate avanti dalla Procura di Roma, l’11 dicembre del 2022 Claudio Campiti si è recato, armato di una pistola Glock calibro 45, che si era proprio procurato poco prima al poligono di Tor di Quinto, alla riunione dei condomini del Consorzio Valleverde, che si stava tenendo nel gazebo del bar “Il posto giusto”,a Fidene, nella periferia nord est di Roma.

Secondo quanto emerso dall’inchiesta, dopo aver fatto ingresso all’interno del gazebo del bar dove era in corso l’assemblea del consorzio, impugnando una pistola  Claudio Campiti si dirigeva direttamente verso i componenti del consiglio di amministrazione e i revisori contabili seduti a un tavolo.

Poi, avrebbe pronunciato la frase ‘vi ammazzo tutti!’ e sarebbero seguiti gli spari che hanno ucciso tre delle aderenti al Consorzio: Sabina Sperandio, Nicoletta Golisano e Fabiana De Angelis colpite in punti vitali. Una quarta donna, Elisabetta Silenzi, rimase ferita dai colpi di pistola e morì qualche giorno dopo. 

Dagli atti la ricostruzione del pomeriggio di terrore è vivida e agghiacciante. La procura scrive che una donna, revisore contabile, era riuscita a evitare i colpi di pistola ‘abbassandosi e nascondendosi sotto al tavolo mentre Campiti, allarmato per la confusione generata e i condomini che si erano alzati dai tavoli si voltato verso di loro dando le spalle al tavolo del consiglio di amministrazione. A quel punto uno dei partecipanti all’assemblea sarebbe riuscito a bloccarlo, mettendo fine alla sparatoria che sarebbe potuta terminare con un ulteriore bagno di sangue.

I futili motivi contestati a Claudio Campiti dai pm sono quelli relativi a un contenzioso che l’uomo aveva con il Consorzio Valleverde e che si trascinava già da anni ma anche, scrivono i magistrati, relativi a ragioni di rancore più volte palesate in passato nei confronti dei membri del Consorzio e dei componenti del Consiglio di Amministrazione”

Campiti è atteso a chiusura dell’udienza preliminare in tribunale il prossimo 16 novembre.