“John Dillinger è morto”, recitava il titolo di un famoso film di Marco Ferreri, forse il più famoso, tra i tanti dedicati a questa figura. Ma se il criminale più ricercato nell’America degli anni della Grande Depressione ha effettivamente trovato la sua fine in un agguato dell’FBI davanti a un cinema di Chicago la sera del 22 luglio 1934, il suo mito non si è certo fermato in quel momento e anzi, è cresciuto sempre di più nell’immaginario collettivo grazie a libri, film e leggende che circondano la sua figura.

John Dillinger: storia del bandito incubo dell’FBI, che bruciava i registri delle banche

Anche oggi il nome di John Dillinger risuona nell’etere e sul web. Ad evocarlo è Fabrizio Corona, che ha deciso di intitolare a Dillinger il suo nuovo canale di news in cui promette, tanto per cambiare, verità scomode, scoop sensazionali e tutti gli altri effetti speciali che lo fanno arrivare a fine mese.

Ma Corona è solo uno dei tanti affascinati dalla figura di un bandito leggendario che ha saputo catturare l’immaginario collettivo mischiando realtà e forse, calcolata illusione, e riuscendo nell’impresa di diventare una sorta di divo criminale.

La sua vita, come si conviene agli eroi maledetti, è stata breve ma intensa. La sera del 22 luglio del 1934, quando rimase ucciso in una sparatoria con l’FBI mentre usciva da un cinema in compagnia di due prostitute dopo essersi goduto uno di quei bei film della vecchia Hollywood sulla vita spericolata di un gangster, John Dillinger aveva solo 31 anni.

Ma era già molto tempo che metteva a ferro e fuoco l’America sofferente e inquieta di quegli anni, riuscendo a farsi proclamare dal Federal Bureau of Investigation “Nemico Pubblico numero 1” e incubo personale del capo supremo di tutti gli investigatori della nazione: J. Edgar Hoover.

La brillante carriera di rapinatore era infatti iniziata già un decennio prima. Nel 924 esordì rapinando una drogheria sotto casa, nell’Indiana, avviando da lì una delle più brillanti e note carriere criminali della storia statunitense.

Dalla drogheria, che gli costò anche il primo soggiorno in prigione, fece velocemente il salto e, una volta libero, si dedicò soprattutto a ripulire le banche. E fu in quel momento che il mito di John Dillinger nacque. Giovane, di bell’aspetto e sempre elegantemente vestito, quel gangster spietato era in grado di sprigionare carisma e fascino anche sulle sue vittime. Sono stati i rapinati o i testimoni dei suoi atti criminosi infatti, a raccontare per primi quanto quel bandito fosse diverso dagli altri.

John Dillinger: storia criminale e nascita del mito

Ma ciò che lo proiettò nel mito e lo rese addirittura popolare, fu una mossa che diventò un suo marchio e che, nell’America prostrata di quegli anni dopo il crollo di Wall Street, assunse immediatamente un significato simbolico potentissimo. Dillinger svuotava le casse degli istituti di credito e, prima di lasciare il luogo della rapina, non dimenticava di bruciare i registri in cui le banche annotavano debiti ed ipoteche di tante persone finite in miseria. Un gesto che, nell’immaginario collettivo lo fece diventare una sorta di eroe antagonista, contro un sistema che aveva affamato tanti cittadini.

Ma John Dillinger, al netto dei gesti plateali, fu soprattutto un criminale, e le sue gesta furono quelle di un bandito scaltro e spietato, ma anche inafferrabile. Ad alimentare questa immagine fu anche la leggendaria fuga Nemico Pubblico N.1 dal carcere di CrowPoint da cui riuscì a dileguarsi, pare, armato solo di una pistola di legno. Quell’evasione, data la caratura criminale ormai raggiunta da Dillinger scatenò addirittura un caso politico. Intanto il bandito trovò un modo di continuare la sua ascesa nel mondo dei banditi associandosi ad un altro gangster, ferocissimo, Baby Face Nelson con cui unì le forze e mise su una nuova gang.

Ma, più le imprese di Dillinger aumentavano in numero e clamore, più l’FBI lo braccava. A un certo punto pensò anche di cancellarsi le impronte digitali con l’acido per far perdere le sue tracce.

Ci volle un lungo pedinamento e poi, un tradimento, quello di Anna Sage, prontamente ribattezzata dalle cronache “la donna in rosso”, una delle due prostitute con cui il bandito si accompagnava la sera dell’agguato di Chicago, per farla finita con le rapine di Dillinger, ma non con il suo mito che proprio in quel momento iniziava.