Erano le prime ore dell’alba di sabato 16 ottobre 1943 quando le truppe tedesche appartenenti alle SS, sotto indicazione dei funzionari del regime fascista, eseguirono una retata passata alla storia con il nome di “Rastrellamento del ghetto di Roma”. Fu uno dei giorni più bui e più tristi per il nostro Paese. Oggi in molti lo ricordano come il “sabato nero”.

Rastrellamento del ghetto di Roma: cos’è successo

Il rastrellamento del ghetto di Roma avvenne a partire dalle 5.30 del 16 ottobre 1943. Fu una retata che portò all’arresto di 1.259 persone. 689 erano donne, 363 uomini e 207 bambini e bambine. Quasi tutti appartenevano alla comunità ebraica romana.

Le truppe tedesche rilasciarono i cittadini appartenenti a famiglie con sangue misto e gli stranieri. Poi 1.023 persone furono portate via con la forza dalle proprie case e, due giorni dopo, deportate in campi di concentramento. La maggior parte fu deportata ad Auschwitz-Birkenau. Solo 16 riuscirono a sopravvivere.

Il giorno in cui si verificò questo rastrellamento non fu casuale. Le SS scelsero apposta il sabato perché era il giorno di riposo per gli ebrei. Questi inoltre stavano celebrando la loro festa del Sukkot. Insomma, i soldati nazisti erano sicuri di trovarli in casa.

Storia e riassunto in breve

Il 16 ottobre del 1943, il “sabato nero”, iniziò alle prime ore dell’alba il rastrellamento del ghetto di Roma. Non furono risparmiati neanche altri quartieri della città come Trastevere, Testaccio, Salario e Monteverde. Quel giorno gli ebrei romani si sarebbero riposati e avrebbero celebrate insieme la festa del Sukkot.

Alle 5.30 però, tutti i residenti della zona furono svegliati dalle sirene e dall’arrivo di auto, camion e altre vetture delle SS, le milizie speciali tedesche addette alla deportazione degli ebrei in quel periodo storico. Dopo aver rilasciato coloro che provenivano da famiglie miste (e quindi non ebree al 100%), i tedeschi portarono oltre 1.000 persone a Palazzo Salviati.

Qui distribuirono dei bigliettini scritti in italiano con le varie istruzioni da seguire per l’imminente deportazione. Furono caricati, a Roma Tiburtina, su un convoglio con carri bestiame e furono portati nei campi di concentramento. Qui furono divisi. Vi erano anche due donne in dolce attesa e dei bambini piccoli.

Una volta usciti dai vagoni, i deportati furono divisi in due gruppi. Da una parte misero coloro giudicati fisicamente inabili a lavorare e dall’altra gli uomini e le donne fisicamente informa.

Il primo gruppo fu immediatamente condotto nelle camere a gas. Quello stesso giorno i loro cadaveri furono poi bruciati nei forni crematori. Del secondo gruppo pochissimi riuscirono a sopravvivere. Nessun bambino uscì vivo da questa tragedia.

Dopo aver compiuto la retata, le SS mandarono via radio un rapporto sull’operazione al generale. Nella comunicazione si diceva:

Oggi è stata iniziata e conclusa l’azione antigiudaica secondo un piano preparato in ufficio che consentisse di sfruttare maggiori eventualità. Sono state messe in azione tutte le forze a disposizione della Polizia di sicurezza e di ordine. In vista della assoluta sfiducia nella polizia italiana, per una simile azione, non è stato possibile chiamarla a partecipare. Perciò sono stati possibili singoli arresti con 26 azioni di quartiere in immediata successione.

E ancora:

Nel corso dell’azione che durò dalle ore 5.30 alle 14.00 vennero arrestate in abitazioni giudee 1.259 individui, e accompagnati nel centro di raccolta della Scuola Militare. Dopo la liberazione dei meticci e degli stranieri (compreso un cittadino vaticano), delle famiglie di matrimoni misti compreso il coniuge ebreo, del personale di casa ariano e dei subaffittuari, rimasero presi 1.007 Giudei. Il trasporto fissato per lunedì 18 ottobre ore 9.

I militari tedeschi riferirono anche di diversi tentativi di nascondere gli ebrei in abitazioni vicine non appena sono arrivate le forze germaniche.

Testimonianze

Dopo il periodo trascorso nei vari campi di sterminio, solamente 16 persone vittime del rastrellamento del ghetto di Roma del 16 ottobre 1943 riuscirono a ritornare in patria. Si trattava di 15 uomini e di una donna. Nessun bambino sotto i 14 anni sopravvisse.

Il più giovane era Enzo Camerino, nato nel 1928. Il più anziano Cesare Di Segni, classe 1899. I due morirono poi rispettivamente nel dicembre del 2014 e nell’ottobre del 2018. Con la loro dipartita sono scomparsi gli ultimi sopravvissuti a questo terribile evento, ricordato come uno dei più bui della storia italiana.

Nel 2009 Enzo Camerino, Lello Di Segni, Sabatino Finzi, Leone Sabatello, Arminio Wachsberger e l’unica donna sopravvissuta alle torture Settimia Spizzichino misero insieme le loro testimonianze che furono raccolte da Marcello Pezzetti in un volume intitolato “Il libro della Shoah italiana”, pubblicato da Einaudi.

All’interno di questo testo sono riportate le voci dei pochi sopravvissuti al rastrellamento del ghetto di Roma del 1943 e al periodo passato nei campi di concentramento. Ancora oggi i loro racconti e i loro ricordi sono molto importanti per non dimenticare quello che è successo.

Sebbene oggi non siano più in vita gli ebrei protagonisti del rastrellamento del ghetto di Roma, il ricordo di queste persone e dell’inferno che hanno dovuto vivere sopravvive attraverso le loro parole e le loro testimonianze.

Concludiamo infine ricordando che, proprio in occasione dell’80esimo anniversario dell’avvenimento che cade nel 2023, Claudio Bisio ha guidato, in qualità di registra, un film che ricordo proprio tale rastrellamento. La senatrice e sopravvissuta ebrea Liliana Segre si è complimentata con lui.