Il Libano, per la sua posizione strategica tra i continenti, ha goduto di notevoli vantaggi economici e politici, ma ha anche sofferto di gravi turbolenze interne. La ricchezza e l’importanza storica del paese non sono sfuggite a nazioni come Singapore, che, negli anni ’60, inviò una delegazione per comprendere il modello di successo libanese, in particolare la coesistenza tra diverse comunità religiose e il boom economico.

Il Libano prima della Guerra Civile

Il Libano comprende un complesso mosaico di comunità religiose, con cristiani maroniti, ortodossi, armeni e altri. I musulmani, divisi tra sciiti e sunniti, e la comunità drusa, rappresentano altre porzioni significative della popolazione. L’indipendenza dal mandato francese nel 1943 portò alla formazione del “Patto nazionale“, che distribuiva potere tra queste comunità.

Il Libano era noto come la “Svizzera del Medio Oriente” negli anni Cinquanta e Sessanta, essendo un centro finanziario dominante nella regione araba. Ma la stabilità interna era fragile, con tensioni crescenti alimentate dalla migrazione palestinese e dalla percezione di minacce alla supremazia cristiana.

Guerra civile in Libano: le origini

Il vero epicentro del conflitto libanese era l’antagonismo tra cristiani e musulmani, complicato ulteriormente dall’ingresso dei palestinesi e dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) nel paese. La sconfitta dei palestinesi nella guerra del 1967 in Giordania li spinse verso il Libano, intensificando le tensioni. Mentre la situazione si deteriorava, milizie come le Falangi cristiane e il partito Amal sciita emersero per proteggere le rispettive comunità.

Il conflitto interno del Libano non rimase isolato. Israele e Siria, tra gli altri, intervennero, complicando ulteriormente la situazione. La Siria, in particolare, ebbe un ruolo cruciale nel sostegno alla FAD per il ripristino della pace.

Il panorama arabo e la crescente tensione

Il contesto arabo è stato fortemente influenzato dagli eventi del 1967, quando Israele ha sconfitto Egitto, Siria e Giordania in pochi giorni. Questa sconfitta ha portato i palestinesi a cercare nuove strategie, rendendo il Libano un punto focale nella resistenza contro Israele. La presenza militare palestinese in Libano ha intensificato le divisioni interne, con i cristiani che temevano una perdita di sovranità e gli attacchi israeliani, e i musulmani che sostenevano la causa palestinese.

13 aprile 1975: la Guerra Civile in Libano ha inizio

La guerra civile libanese, che durò dal 1975 al 1990, ha visto scontri tra diverse milizie libanesi e l’intervento di potenze straniere. Le tensioni raggiunsero il culmine con la legalizzazione della presenza armata palestinese nel 1969 e l’instabilità politica negli anni ’70.

Nel cuore del Medio Oriente, il 13 aprile 1975 si registra un evento che avrebbe cambiato per sempre il volto del Libano. In questa data, Pierre Gemayel, un influente leader delle Falangi, subisce un attacco da parte di un gruppo militante musulmano. Anche se scampa miracolosamente all’attentato, l’evento diviene la miccia per un’escalation di violenza. Un autobus, pieno di civili palestinesi, diventa il bersaglio di un’imboscata delle Falangi, con un tragico bilancio di 27 morti. Da quel momento, il Libano diventa teatro di violenza incontrollata tra le diverse parti in gioco.

L’evoluzione

Il 1976 vede crescere la violenza a Beirut. La baraccopoli di Qarantina, un’enclave musulmana, viene attaccata dalle Falangi causando circa 1.000 vittime. In risposta, le milizie palestinesi compiono una devastante rappresaglia a Damour. La divisione del paese diventa sempre più evidente: Beirut si divide in due, con l’ovest dominato da forze musulmane e palestinesi e l’est in mano ai cristiani.

Nel 1976, il panorama del conflitto cambia. Le Falangi, forti di un nuovo alleato, avanzano rapidamente nel Libano. Tuttavia, la loro ascesa preoccupa la vicina Siria. Preoccupata da un Libano a trazione cristiano-maronita, la Siria decide di intervenire militarmente, portando migliaia di truppe nel Libano settentrionale nel maggio 1976. Questo intervento porta alla creazione di tre zone distinte di controllo nel Libano.

A ottobre, la Lega Araba introduce la Forza Araba di Dissuasione (FAD). Questo contingente, composto principalmente da truppe siriane, arriva in Libano con l’obiettivo di mantenere una certa stabilità. Sebbene porti a un breve periodo di calma, non risolve completamente le tensioni.

Nel 1978, con l’Olp che si sposta sempre più a sud, Israele inizia a guardare con crescente preoccupazione al Libano. L’intervento israeliano inizia con l’operazione Litani, in risposta a un attacco palestinese. Questo intervento porta alla creazione dell’Esercito del Libano del Sud (ELS) e alla nascita della missione Unifil, una forza di interposizione dell’ONU.

Il Libano negli anni Ottanta: un Paese diviso

Gli anni ’80 vedono un Libano ancora più frammentato, con varie zone di influenza: Beirut divisa tra est e ovest, l’influenza siriana a nord e la presenza palestinese e dell’ELS a sud. Il confine israeliano, infine, è presidiato dalla Unifil.

Il 1982 vede una nuova escalation del conflitto. Nonostante gli sforzi internazionali, la tensione tra Israele e l’Olp rimane alta. Ciò culmina in una nuova, ampia operazione militare israeliana nel sud del Libano. Questa operazione, pur ottenendo successi militari per Israele, porta a un alto costo umano per tutte le parti coinvolte.

Durante gli anni ’80, il Libano è diventato così un violento teatro di tensioni geopolitiche. Nel 1982, di fronte all’avanzata israeliana verso Beirut, le superpotenze globali, inclusi gli Stati Uniti, hanno provato a cercare una soluzione diplomatica. Un accordo ha portato all’evacuazione delle milizie dell’Olp da Beirut sotto la supervisione di una coalizione internazionale formata da USA, Italia e Francia.

Tuttavia, questo cessate il fuoco non ha garantito una pace duratura. Dopo la partenza delle forze internazionali, i conflitti interni sono riemersi. In particolare, Israele, nella sua ricerca di un governo favorevole a Beirut, ha sostenuto l’elezione di Bachir Gemayel come presidente. Ma la sua prematura morte ha portato a una serie di rappresaglie, culminando nel tragico massacro di Sabra e Shatila, una strage avvenuta nei campi profughi palestinesi compiuta dalle Falangi Libanesi e dall’Esercito del Libano del Sud, con la collaborazione dell’esercito israeliano: il numero delle vittime impressionante fu ingente.

Il massacro di Sabra e Shatila

Uno dei capitoli più dolorosi nella storia del Libano è senza dubbio l’assalto ai campi profughi di Sabra e Shatila. Questa tragedia, risultato della complessa rete di alleanze e rivalità nel paese, ha visto centinaia, se non migliaia, di civili perdere la vita (il numero varia tra 762 e 3.500 vittime civili). Gli attacchi sono stati condotti da miliziani cristiano-maroniti, con la tacita approvazione delle forze israeliane presenti nella zona. La comunità internazionale ha reagito con orrore, condannando l’atto come un genocidio.

Gli sviluppi e il ritiro parziale in Israele

A causa dell’aggravarsi della violenza, le forze internazionali sono ritornate nel settembre 1982, con l’obiettivo di proteggere i civili e mantenere l’ordine. Ma il loro mandato è stato travagliato, culminando nel devastante attacco del 1983 che ha visto perdere la vita a centinaia di militari statunitensi e francesi.

Dopo l’intensa pressione internazionale, Israele ha cominciato a ridurre la sua presenza in Libano, ritirandosi principalmente dalla regione occidentale di Beirut. Tuttavia, hanno mantenuto una presenza nel sud del Libano, stabilendo una “zona di sicurezza“, che è stata mantenuta fino al 2000.

Nel frattempo, le faide tra le diverse milizie libanesi hanno continuato, complicando ulteriormente la situazione. Questo periodo ha visto anche l’assassinio del premier libanese Rashid Karami, un evento che ha accentuato ulteriormente la divisione tra le fazioni.

Guerra Civile in Libano 1975 – 1990: gli accordi di Taif

Il 1988 ha segnato un nuovo basso nella storia politica libanese. La fine del mandato presidenziale di Gemayel ha dato origine a una profonda crisi istituzionale. Due governi rivali, uno guidato dal generale Michel Aoun e l’altro da Selim el Hoss, hanno rivendicato la legittimità, dividendo Beirut e intensificando le tensioni.

Il confronto tra questi due poteri ha coinvolto non solo gli attori interni ma anche le potenze regionali, con Siria e Israele coinvolti in modi diversi.

Nel tentativo di risolvere la crisi, i leader libanesi si sono riuniti a Taif, in Arabia Saudita, nel 1989. L’accordo stipulato ha cercato di stabilire un nuovo equilibrio di potere nel paese, tenendo conto delle diverse comunità e delle loro aspirazioni. Gli accordi hanno anche riconosciuto la presenza siriana nel paese, stabilendo un nuovo capitolo nelle relazioni tra Libano e Siria.

La situazione in Libano oggi

Dagli anni ’40 al ’70, il Libano è stato un simbolo di coesistenza tra diverse identità religiose e culturali. Tuttavia, dopo anni di guerra e decenni di corruzione politica, nel 2020 si ritrova uno Stato fallito. La popolazione, disillusa, si rifugia in enclavi confessionali o sceglie l’emigrazione. La crisi libanese rispecchia la profonda crisi dell’intero mondo arabo, dove prevale una tendenza al ripiegamento verso tradizioni religiose sacralizzate, spesso a scapito del progresso e della modernità.

Il Libano è quindi attualmente in balia di una profonda crisi economica, sociale e politica. Le elezioni del maggio 2022 hanno riflettuto una nazione divisa e frammentata. Le tensioni tra Libano e Israele sono in aumento, con frequenti violazioni lungo la Blue Line. Incidenti significativi includono il lancio di razzi dal Libano verso Israele e rappresaglie israeliane. Quegli stessi episodi che leggiamo oggi sui media, con il nuovo conflitto tra Israele e Hamas. Fino a questo momento, i rapporti più recenti indicavano violazioni dello spazio aereo libanese da parte di Israele e l’abbattimento di droni dal Libano.

Le controversie si estendono anche al confine marittimo, accentuate dalla scoperta dei giacimenti di gas Leviathan e Tamar. Israele e Libano erano in disaccordo sulla demarcazione dei confini marittimi, con tensioni crescenti a seguito dell’invio israeliano di una nave galleggiante per il gas.

Nel contesto socio-economico, il Libano sta affrontando scioperi e manifestazioni popolari. Un accordo preliminare con il FMI è stato raggiunto nel 2022, con un sostegno finanziario condizionato a riforme da parte di Beirut.

Nonostante una relativa calma nel 2022, la protesta popolare persiste, aggravata dalle conseguenze della crisi sanitaria, dalla crisi economica e da incidenti come l’esplosione al porto di Beirut.

Stando al World Happiness Report 2023, il Libano è il secondo Paese più triste al mondo, dopo l’Afghanistan.