A seguito dell’attacco di Hamas a Israele, il processo di normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra l’Arabia Saudita e Israele previsto dagli Accordi di Abramo è stato messo in crisi. Attualmente, questo processo sembra essere congelato, indebolito e ritardato a causa di una guerra i cui confini rimangono ancora imprevedibili. Tuttavia, è ancora troppo presto per escludere la possibilità che sauditi e israeliani stabiliscano rapporti ufficiali nel medio-lungo periodo.

Accordi di Abramo: cosa prevedono e chi li ha stipulati?

Il 2020 è stato un anno di significativi cambiamenti politici in tutto il mondo. In Medio Oriente, gli Accordi di Abramo hanno avuto un impatto notevole, offrendo la possibilità di ridefinire la configurazione geopolitica della regione.

Gli “Accordi di Abramo” sono un insieme di dichiarazioni firmate, in momenti diversi e con la mediazione degli Usa, da Israele con altri Stati:

  • Emirati Arabi Uniti (EAU),
  • Bahrein,
  • Marocco,
  • Sudan.

Gli artefici principali di questa iniziativa sono stati Abu Dhabi, Manama e Tel Aviv, che hanno firmato la prima dichiarazione congiunta il 13 agosto 2020, riuniti dalla diplomazia statunitense. In seguito, Rabat e Khartoum si sono uniti all’accordo. Ciascun paese coinvolto, ad eccezione del Sudan, ha anche firmato un memorandum di intesa bilaterale con Israele per approfondire la cooperazione su diversi fronti. Tuttavia, tutti questi documenti condividono una linea politica comune, espressa nella dichiarazione congiunta, che riconosce l’importanza di mantenere e rafforzare la pace in Medio Oriente e nel mondo attraverso la comprensione reciproca e la coesistenza.

Di conseguenza, ogni paese coinvolto ha ristabilito o stabilito relazioni diplomatiche con Israele, segnando un cambiamento rispetto alla tradizionale ostilità del mondo arabo e islamico nei confronti di Israele, che perdurava dalla prima volta che l’Egitto (1979) e la Giordania (1994) avevano riconosciuto lo Stato ebraico. Tuttavia, a differenza dei paesi firmatari degli Accordi di Abramo, l’Egitto e la Giordania avevano già siglato trattati di pace con Israele e condividevano i confini con lo Stato ebraico.

Come e perché sono nati gli accordi di Abramo?

Gli Accordi di Abramo del 2020 hanno gettato le basi per un dialogo continuo tra Israele e i paesi coinvolti. Tuttavia, l’attuazione pratica di queste dichiarazioni di intenti è stata varia, influenzata sia dalla rilevanza geopolitica di ciascun paese che dai motivi che li hanno spinti a normalizzare i rapporti con Israele.

Il coinvolgimento degli Stati Uniti è stato fondamentale in molte di queste normalizzazioni. Ad esempio, il Marocco ha aderito agli Accordi di Abramo grazie all’intermediazione degli Stati Uniti, che hanno offerto in cambio il riconoscimento della sua sovranità sul Sahara Occidentale. Nel caso del Sudan, la motivazione principale per aderire è stata quella di essere rimosso dalla lista statunitense degli Stati che sponsorizzano il terrorismo. Pertanto, per alcuni firmatari, l’adesione all’iniziativa diplomatica è stata guidata dalla possibilità di ottenere specifici benefici che esulano dalla normalizzazione delle relazioni diplomatiche.

Tuttavia, le monarchie del Golfo, in particolare gli Emirati Arabi Uniti (EAU), hanno avuto motivazioni differenti. Nonostante gli Accordi di Abramo abbiano rappresentato una svolta diplomatica e mediatica, non hanno rappresentato un cambiamento radicale nella politica estera di questi paesi. In effetti, incontri segreti e dialoghi, specialmente tra servizi segreti, erano già in corso da anni, ma erano mantenuti segreti a causa della sensibilità dell’opinione pubblica interna riguardo alla questione palestinese. Gli Accordi hanno dato legittimità pubblica a queste relazioni già esistenti e hanno aperto la strada a nuovi accordi commerciali, finanziari, tecnologici e militari che prima non erano possibili a causa della mancanza di relazioni formali.

Gli EAU, in particolare, sono emersi come uno dei principali partner di Israele in queste nuove collaborazioni. Il commercio bilaterale è cresciuto rapidamente e nel 2021 ha raggiunto oltre 300 milioni di dollari. Nel dicembre del 2022, i due paesi hanno ratificato un trattato di libero scambio che elimina o riduce le tariffe su una vasta gamma di beni. Inoltre, la cooperazione si estende a settori come l’alta tecnologia, l’industria delle telecomunicazioni, l’ambiente e l’energia. Gli EAU stanno cercando di diversificare la propria economia, riducendo la dipendenza dal petrolio, e la cooperazione con Israele è fondamentale per affrontare sfide comuni come il cambiamento climatico e la transizione energetica.

Queste nuove collaborazioni regionali, nate dagli Accordi di Abramo, dimostrano come la cooperazione regionale possa portare a vantaggi condivisi. I paesi coinvolti stanno affrontando le sfide comuni legate alla sicurezza militare e alle emergenze climatiche, come la desertificazione, l’approvvigionamento idrico, la sicurezza alimentare e i prezzi dei cereali. Queste iniziative stanno contribuendo a creare un circolo virtuoso in cui tutti gli attori traggono beneficio dai risultati della cooperazione.

Inoltre, queste normalizzazioni hanno aperto la strada a nuovi forum regionali, come il Forum del Negev e il “Gruppo I2U2”, che riunisce Israele, India, Stati Uniti ed Emirati Arabi Uniti per affrontare sfide globali in settori come l’acqua, l’energia, i trasporti, lo spazio, la salute e la sicurezza alimentare. Questi forum ampliano la cooperazione e il dialogo tra i paesi della regione, contribuendo a consolidare ulteriormente i legami tra di loro.

L’accordo di sicurezza tra Bahrein e Israele

Dopo gli storici Accordi di Abramo del 2020, il Bahrein ha stretto ulteriormente i legami con Israele firmando un accordo di sicurezza nel 2022, diventando così il primo paese del Golfo a sottoscrivere un patto di difesa con gli israeliani. Questo accordo implica una cooperazione in materia di intelligence, industria della difesa e esercitazioni militari congiunte tra le forze armate di entrambi i paesi. Questo legame è fondato sulla condivisione delle preoccupazioni sulla sicurezza, in particolare riguardo all’Iran, che entrambi considerano una minaccia diretta.

Tuttavia, va notato che la popolazione del Bahrein, come quella dell’Arabia Saudita, non è universalmente entusiasta della normalizzazione dei rapporti con Israele. Molti bahreiniti rimangono tiepidi riguardo a questa apertura, e il turismo e gli scambi commerciali con Israele sono ancora limitati. Inoltre, vi sono state proteste, in particolare tra la comunità sciita, contro la normalizzazione.

Questo accordo chiave rappresenta un passo significativo per il Bahrein, che ottiene da Washington le garanzie di sicurezza che l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti hanno cercato di negoziare da tempo. Il Bahrein è un importante attore nella regione, ed è stato particolarmente coinvolto negli sforzi per allontanare la dipendenza dagli idrocarburi attraverso il programma “Vision 2030”.

Tuttavia, nonostante questi passi verso una maggiore sicurezza, il Bahrein mantiene posizioni critiche nei confronti dell’Iran, che è l’unico paese del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) a non avere ambasciatore in Iran. Questa decisione è dovuta alle accuse del Bahrein all’Iran di aver sostenuto le proteste del 2011 e di sostenere gruppi locali ispirati a Hezbollah. Inoltre, il Bahrein deve affrontare sfide interne, come dimostrano i recenti scioperi della fame dei detenuti e gli incidenti al confine saudita-yemenita. Inoltre, queste dinamiche stanno cambiando rapidamente, come dimostra il recente attacco di Hamas ad Israele, che ha contribuito a ridefinire il quadro regionale di sicurezza.

Il prolungarsi del conflitto a Gaza porrà sicuramente una notevole sfida alla stabilità delle relazioni diplomatiche tra Emirati Arabi, Bahrein e Israele, stabilite tramite gli “Accordi di Abramo” del 2020. Nella migliore delle ipotesi, il conflitto potrebbe anche ostacolare ulteriormente il processo di normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele.