La marcia della Lega sull’autonomia differenziata si inceppa sulle (altre) priorità degli alleati. Stavolta è, di fatto, Fratelli d’Italia a frenare lo sprint che il partito del padre della riforma, il ministro Roberto Calderoli, cerca di imporre al proprio disegno di legge che la commissione Affari costituzionali del Senato sta discutendo da mesi. Seguendo questi ritmi e con quasi un centinaio di emendamenti ancora da votare, l’esame potrebbe chiudersi tra un mese. Ma per un battibecco, scoppiato a sorpresa nella maggioranza, l’iter rallenta e riprenderà la prossima settimana. Complice anche il decreto varato dopo le violenze di Caivano che sta impegnando la stessa commissione e a cui i meloniani tengono particolarmente.

Alta tensione tra Lega e Fratelli d’Italia sugli emendamenti

Ad alimentare la tensione è stata, mercoledì sera, la richiesta dei leghisti di andare avanti con il voto degli emendamenti fino a quelli dell’articolo 7 (il disegno di legge ne ha 10 in tutto). E’ il relatore Paolo Rosato a sostenere la causa. Il Pd si oppone interpretando la mossa come una forzatura sui tempi del voto. E ottiene la sponda del presidente della commissione, Alberto Balboni di Fratelli d’Italia, che contesta la forzatura (“Non le accetto da nessuna parte provengano”, si difende). Quindi dice no alla richiesta della Lega di riunirsi dopo le 20 spigando che contemporaneamente c’è una riunione del suo partito a cui non può mancare. Balboni fa parte della segreteria di FdI e, rammenta agli altri, nella commissione sono 6 i colleghi di partito. Ma Tosato alza la voce e insiste per andare avanti. Tiene il punto pure Balboni, tanto da decidere di sconvocare la seduta di giovedì mattina (dedicandola solo al decreto Caivano) e rinviare il resto di una settimana.